Per lungo tempo si è pensato che l’arte fosse semplicemente qualcosa da ammirare, da confinare entro le mura delle gallerie d’arte o che fosse riservata a deliziare gli occhi di ricchi e VIP in abitazioni sfarzose, in poche parole il perseguire qualcosa che altro non è che romantica stravaganza paragonabile a discipline rigide come scienza e ingegneria, in cui è insita la reale prospettiva di un cambiamento e miglioramento degli standard di vita.

E nonostante questo, all’interno del “parco giochi-installazione artistica” di FACT a Liverpool, Group Therapy: Mental Distress in a Digital Age – a cura di Vanessa Bartlett e Mike Stubbs in mostra dallo scorso 5 Marzo fino al prossimo 17 Maggio 2015 – è un esempio perfetto di arte che consente di esplorare le profondità del sé e attuare cambiamenti positivi. Lungo tutta la mostra multimediale, il benessere psicologico e della mente dei visitatori sono esaminati attraverso un’ampia gamma di installazioni e screening basati su cortometraggi che formano lo spazio espositivo. Durante la Group Therapy, una sequenza di diagnosi digitali e una “dose” di cinematerapia mettono alla prova anche gli appassionati d’arte più esperti.

In primo luogo, si viene invitati ad analizzare la stabilità emotiva nell’era dell’informazione grazie al film Consumed (2011), in cui gli odierni abitanti del Primo Mondo sono definiti “narcisisti perversi” che soffrono di una “malattia psicotica” provocata da pubblicitari del giorno d’oggi. La colonna sonora di The financial Crisis (2009) satura lo spazio, una voce ipnotica sollecita in modo garbato a immedesimarsi nella situazione di chi soffre le conseguenze della crisi finanziaria del 2008, a livello personale e materiale. Ciò consente di rispecchiarsi nella sensazione di perdita ineluttabile, sintomo tipico della nostra Società Icariana: perdita sia del tangibile che dell’intangibile, come l’amicizia, le relazioni e la carriera.

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A questo punto si è adeguatamente demoralizzati e depressi, e Group Therapy intensifica ulteriormente questo senso di ansia con progetti che mettono in forte contrasto questo mondo digitalmente connesso/fisicamente disconnesso. Le installazioni multisensoriali allontanano dalla realtà, proprio come i media digitali sono in grado di distruggere e alienare ogni essere umano, allontanandoci dagli amici e dalle persone care, mentre la mente è impegnata e attratta dallo schermo.

L’opera ironicamente chiamata White Matter (2015) giustappone l’escapismo fisico antico con l’escapismo digitale dei nostri giorni. Lo spazio circolare nero ripropone al visitatore un gruppo di pietre ossidiane, un’antica usanza delle civiltà primordiali che credevano, in questo modo, di poter raggiungere altri mondi fisici. Il soffitto ospita un collage di foto digitali che rievocano i videogiochi degli anni ’90. Un invito questo a riflettere sulla modalità con cui i media digitali rapiscono e poi divorano e su come la percezione di sé possa essere migliorata accedendo a questo portale alternativo.

Ci si perde totalmente nel Labyrinth Psycotica (2013), un’installazione completamente immersiva, in cui, seguendo una struttura labirintica, si è completamente disorientati nel processo. Incapaci di trovare una via di fuga, si è costretti a confrontarsi con i limiti del proprio equilibrio mentale, mentre luci al LED provocheranno interferenze visive disturbando la vista come se si fosse in preda a un’emicrania, dando la sensazione di una cecità temporanea. Si arriverà addirittura a dubitare di vedere uno schermo luminoso con la scritta “Puttana”, causando, in questo stato di violenza sensoriale, un misto di divertimento sarcastico combinato a paranoia.

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Fortunatamente, al termine di questo difficile viaggio della e nella mente, la mostra sfocia in uno showcase di progetti comunitari collaborativi che gettano luce sulla tecnologia usata per influire positivamente sul benessere della mente.  Questi progetti comprendono il perfido “Avatar” (Avatar Theraphy for Distressing Voices, 2014), che può essere programmato in modo da riprodurre diabolicamente la voce interiore più oscura che distrugge l’autostima. Affrontando questa nemesi virtuale, i pazienti possono iniziare a ricostruire la fiducia in sé stessi.  

In Hand (2014) è un’applicazione mobile che accresce il processo di sviluppo dei giovani locali a cui viene chiesto di ricercare, etichettare e lanciare sul mercato il prodotto: un aiuto per i giovani che possono sfruttare la gestione delle loro emozioni e degli stati d’animo negativi.

Le emozioni prendono forma visuale e visiva: in The Heart Library Project (2007) viene generata un’immagine del battito cardiaco a colori palpitanti grazie a un sensore indossato sul lobo dell’orecchio, mentre States of Mind (2015) permette di ricreare digitalmente lo stato d’animo di un momento in forme caleidoscopiche che possono essere viste nell’atrio di FACT.

Dopo così tanto tempo trascorso all’interno della mostra per conoscersi meglio, potrebbe esserci il pericolo di prendersi eccessivamente sul serio. In questo caso, è consigliabile registrarsi con il software Psychosis Sensation (2014) che sottopone il visitatore a domande scomode attraverso un iPad, mentre si sta comodamente seduti in una poltrona in pelle che ricorda molto quella di uno studio psichiatrico.

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Questa mostra, altamente stimolante e provocatoria, è possibile generi un desiderio di calma contemplazione dopo un’esperienza in un parco a tema con installazioni entusiasmanti. E, per fortuna, i curatori hanno pensato anche a questo con Madlove: A Designer Asylum, immaginato da The Vacuum Cleaner in collaborazione con Hannah Hull (2015). Ci si può rilassare in una casa di cura, appollaiati sulla tromba delle scale color salmone, scatenarsi nella stanza imbottita o semplicemente riflettere sul soffitto decorato con ombrelli.  

Group Therapy non è semplicemente una mostra d’arte digitale: è un otto volante di esperienze che avvicina al ruolo dell’arte e del design nella promozione dell’introspezione e guida al cambiamento della società. È un invito a dedicare parte delle proprie giornate a pensare alla complessità della vita quotidiana del nostro tempo nell’era della tecnologia dell’informazione, a come il mondo digitale possa incidere, in modo positivo o negativo, sulle nostre relazioni e a come migliorare l’ansia attraverso una combinazione di collaborazione e applicazione tecnologica.


http://www.fact.co.uk/