Siamo tutti d’accordo (speriamo): nell’ambito della musica elettronica, la scena italiana produce progetti originali e rilevanti come non riesce nè nel pop, nè tantomeno nel rock. Da Alexander Robotnik ai We Love, passando per Lory D e Marco Passarani, ovunque nel mondo si scatena interesse per musica di qualità prodotta da musicisti italiani attraverso beats sintetici. L’ultimo esempio? Vaghe Stelle.
L’artista torinese dalle varie identità (Daniele Mana il suo nome, The Pure un altro suo progetto solista, Nice Guys ed Xplosiva le collaborazioni) è stato uno dei più acclamati dell’ultima edizione del festival di musica elettronica Club2Club di Torino, dove il suo atmosferico e melanconico live (eccone un estratto: http://soundcloud.com/vaghe-stelle/live-6-11-2010-extract) ha attratto le lodi di tutti i presenti, James Holden incluso.
Ma già il suo EP Cicli 1 (Margot Records) aveva suscitato critiche positive a livello internazionale, tra cui quelle dei Modeselektor che hanno incluso il brano Emiciclo 1 come digital bonus track in Modeselektion Vol.01, la loro compilation uscita lo scorso autunno.
Ispirate sia dalla scena krautrock degli anni Settanta che dall’IDM anni Novanta, le trame di suoni psichedelici, le sequenze di ritmi ipnotici, le atmosfere rarefatte, hanno la caratteristica di richiamare sia un’ascolto in intimità che una condivisione sul dancefloor. Se c’è una caratteristica che Daniele condivide con i suoi colleghi internazionali, infatti, è l’ispirazione profonda che supera i generi e le mode.
Apparentemente schivo ma in realtà sociale e socievole, abbiamo chiesto a lui di raccontarci qualcosa di più.
Giulia Baldi:Vaghe Stelle, di te si sa ancora poco. Come nasce la tua storia di musicista?
Vaghe Stelle: Ho studiato pianoforte da bambino, costretto dalla mamma, ma ho smesso di suonare presto. Però a quindici anni ho ricominciato, giocando con i samples e qualche semplice software…e da li non ho più smesso.
Giulia Baldi: Poi?
Vaghe Stelle:Poi…poi diversi progetti e collaborazioni. E ora sono concentrato su Vaghe Stelle.
Giulia Baldi:Ok, allora raccontaci come è nato Vaghe Stelle…
Vaghe Stelle: Vaghe Stelle nasce nella mia mente nell’estate del 2009, incrociando la mia malinconia cronica con la passione per gli astri, il cielo e i film di fantascienza. Il nome Vaghe Stelle è una citazione di Giacomo Leopardi da Le Ricordanze, ripreso poi anche da Luchino Visconti in Vaghe Stelle dell’Orsa… uno dei miei film preferiti, oltretutto.
Giulia Baldi: Le tre parole chiave per descriverlo…
Vaghe Stelle: Synths, stars e memories.
Giulia Baldi: Quali sono le tue dinamiche di creazione?
Vaghe Stelle:Sono davvero diverse e molto legate al momento. A volte parto da un suono singolo, altre da un film che ho visto. Altre volte ancora mi siedo di fronte a un synth e lascio uscire ciò che viene….
Giulia Baldi:E da dove nasce la tua ispirazione?
Vaghe Stelle:Da ricordi, immagini che affiorano alla mente e molto spesso dagli strani sogni che mi accompagnano la notte.
Giulia Baldi: Tu appartieni a una generazione che ha dovuto trovare una nuova via tra le molte già esplorate (Daniele e’ del 1984, n.d.r.). Cosa ne pensi della musica elettronica oggi?
Vaghe Stelle: Io credo che la musica elettronica sia in continuo sviluppo. C’è sempre un ribollire di idee interessanti in molte città del mondo. Il bello della musica elettronica è che per ora continua a reinventarsi, seppur attingendo spesso al passato.
Giulia Baldi: Allora facciamo ancora un po’ di storia: i cinque ascolti che ti hanno influenzato di più…
Vaghe Stelle: Ridurre tutte le mie influenze in cinque dischi è davvero difficile. Tra gli ascolti che mi hanno influenzato di più ci sono sicuramente, in ordine sparso: Pink Moon di Nick Drake, Musik Von Harmonia di Harmonia, 1999 di Prince, AnotherGreen World di Brian Eno, Pet Sounds dei Beach Boys
Giulia Baldi: E i tuoi favoriti del momento?
Vaghe Stelle:Nella dance sicuramente Margot, duo di Rimini tra il kraut, la dance e l’italo, incredibili. Poi Space Dimension Controller, da poco uscito con un ep sulla storica R&S, e Autre Ne Vaut, Oneothrix Point Never, Damdike Stare…
Giulia Baldi: Esperienza e fruizione: ascoltare la tua musica. Dal vivo o a casa?
Vaghe Stelle: Dal vivo, con un buon soundsystem sicuramente rende molto bene. Ma ci sono tracce più intime e introspettive che sono ottime per la formula “casa e tisana”.
Giulia Baldi: E come vedi l’interazione con il video? Esempi che ti hanno affascinato?
Vaghe Stelle: Ci sono moltissimi collettivi che lavorano con l’audiovideo. Il primo esempio che mi viene in mente è il percorso portato avanti dalla Raster-Noton, soprattutto per un discorso estetico molto personale che ha fatto scuola. Anche se, secondo me, il migliore esempio di sempre rimane Dreams that money can buy di Hans Richter con, tra gli altri, Marcel Duchamp e musiche, tra le altre, di John Cage.
Giulia Baldi: Quali sono oggi le tue aspirazioni?
Vaghe Stelle: Arrivare al suono più personale, maturo e completo possible. Inventare qualcosa quando sembra ormai impossibile.
Giulia Baldi: Forse però è possible a Torino. Secondo te si tratta di una realtà a parte?
Vaghe Stelle: Come ogni città, credo sia una realtà a se. Sicuramente nel panorama italiano, spicca per la qualità degli eventi proposti e per il fermento della scena della musica elettronica. Lo stesso James Holden dopo essere stato al festival ha annunciato la nascita sul suo Twitter di una ” Italian New Wave”. Incrociamo le dita…