I sei indirizzi URL che vengono riportati qui di seguito, possono essere definiti “arte”. Non nel senso che sono dei link che rimandano a pagine web di net.art, ma nel senso che sono loro stessi delle opere d’arte. La net art, da sempre, deve necessariamente avere un indirizzo che rimandi ad essa, un URL attraverso il quale l’utente può ritrovare l’opera nella rete:
http://www.theurlistheartwork.com/
http://you-talking-to-me.com/
http://lrntrlln.org/p/thisisart/
http://canyoubelievethisdomainwasavailable.com/
http://asdflkjhasdflkjhasdflkjhasdflkjhasdflkjhasdflkjhasdflkjhasdflkj.com/
http://www.thissiteisnotavailableinyourcountry.com/
Questo fatto, ovvio ma imprescindibile, ha fatto riflettere, tra gli altri, l’artista svedese Anders Weberg con la sua opera The Url is the Artwork. Se digitate www.theurlistheartwork.com/, infatti, verrete indirizzati su una pagina web in cui compare la scritta: “The url is The artwork by Anders Weberg, October 2009″. In questo caso è proprio l’indirizzo, l’URL, l’opera d’arte. Niente di più minimalista e sublime per un’opera di net.art.
Il duo artistico Jodi, da sempre foriere di esplorazioni nel mondo dei new media, ha già ovviamente utilizzato questa tecnica per creare net.art. Se provate a digitare http://you-talking-to-me.com/, infatti, vi imbatterete nel seguente monologo, che non fa altro che ripetere incessantemente se stesso nella barra degli indirizzi:
http://you-talking-to-me.com/
http://well-i-am-the-only-one-here.com/
http://who-the-fuck-do-you-think-you-are-talking-to.com/
http://you-talking-to-me-you-talking-to-me-you-talking-to-me.com/
http://then-who-the-hell-else-are-you-talking-to.com/
Il monologo è tratto dal celebre film Taxi Driver (1976) in cui il protagonista Travis Bickle (interpretato da Robert de Niro) parla con se stesso di fronte a uno specchio. Il duo fa ripetere le frasi del monologo all’infinito facendo rimbalzare i visitatori in un loop di diversi URL.
Sumoto.iki, un artista francese di net art, all’indirizzo http://lrntrlln.org/p/thisisart/, ha creato la pagina This is art. L’URL rinvia l’utente a una pagina bianca in cui compare la frase: “This is a page. Just click everywhere”. Il testo non è altro che una citazione di un celebre quadro realizzato dall’artista surrealista francese René Magritte (1898-1967) che amava usare giochi di parole nei titoli delle sue opere. La grande fama del dipinto Questa non è una pipa (1929) è dovuta al fatto che raffigura proprio una pipa.
Quando sumoto.iki scrive “Questa è una pagina”, lo fa a buon diritto, poiché in effetti si tratta di una pagina web, ma l’URL dice anche “Questa è arte” e dal momento che l’autore è un’artista, l’affermazione sembra del tutto legittima. L’URL, e dunque il titolo, fà della tradizionale homepage un’opera d’arte.
L’URL è il cuore pulsante di internet ed è di fondamentale importanza che questo sia facile da ricordare per l’utente. Molto spesso cibernauti poco onesti sfruttano indirizzi URL di domini famosi digitati male per guadagnare soldi, ma gli URL possono essere utilizzati anche per fare arte. Un URL unico e diverso dagli altri, infatti, può catturare l’attenzione del visitatore, farlo riflettere sulla sua natura e sui motivi per cui viene utilizzato.
Per esempio l’opera dell’artista David Kraftsow (http://canyoubelievethisdomainwasavailable.com/) rinvia l’utente ad una pagina web bianca con su scritto: “Can you believe this domain is available???” La risposta naturalmente è sì. Ma chi mai vorrebbe una pagina web con un indirizzo che le persone non sarebbero in grado di ricordare né di scrivere?
Evan Roth ha portato questa domanda all’estremo. Nella sua opera http://asdflkjhasdflkjhasdflkjhasdflkjhasdflkjhasdflkjhasdflkjhasdflkj.com/ è estremamente difficile riuscire a digitare l’URL senza sbagliare, ma quando finalmente si riesce a trovare la pagina web si viene ampiamente ricompensati. Tuttavia si può sempre barare e cliccare direttamente sul link, ma a quel punto si perde una parte fondamentale dell’opera, che consiste proprio nel digitare manualmente l’indirizzo. E’ considerata, infatti, una fase talmente importante nella fruizione dell’opera che Roth ha deciso di creare una performance URL disponibile su Vimeo all’indirizzo http://vimeo.com/11404192 .
Ma torniamo all’artista svedese Anders Weberg, classe 1968, residente a Malmoe in Svezia che per la verità lavora prevalentemente come video artista e regista sperimentale. In breve tempo si è fatto conoscere da un pubblico sempre più ampio utilizzando proprio le tecniche P2P applicate alla sua galleria di opere (un interessantissimo shop online di stampe digitali – http://shop.recycled.se/) e al suo canale di distribuzione video.
Abders Weberg ha iniziato nel 2006 a esplorare i territori della cosidderra Estetica dell’effimero”. Un’estetica che lui stesso definisce: “arte realizzata e disponibile solo e unicamente per i network peer to peer”. L’opera originale è inizialmente condivisa dall’artista, almeno fino a quando un altro utente è riuscito a downloadarla. Dopo di che, l’opera stessa rimarrà disponibile tanto più a lungo quanti più utenti vorranno condividerla. Il file originale e tutti i meteriali utilizzati per realizzarlo, vengono così cancellati dall’artista al punto che “non esista più alcun originale”.
I suoi lavori di P2P-art hanno quindi una data di realizzazione come titolo e per l’appunto, l’ultimo in ordine di tempo si chiama 101010, un escursione audiovisiva di 10 ore, 10 minuti, 10 secondi e 10 frames. I precedenti lavori appartenenti alla stessa serie si chiamano 090909 e 080808: bellissimi lavori audiovisiv della durata di 9 ore, 9 minuti, 9 secondi, 9 frames e 8 ore, 8 minuti, 8 secondi, 8 frames rispettivamente.
Grazie a questi lavori, Weberg è spesso presente in vari film festival ed eventi di new media art in tutto il mondo.Uno dei suoi ultimi film, Sweden for beginners, realizzato in collaborazione con Robert Willim, è un viaggio immaginario nei luoghi, nella vita e nel mondo quotidiano della Svezia di oggi, analizzando gli stereotipi (come le atmosfere Bergmaniane), l’erotismo e il romanticismo della natura.
L’interesse di Weberg per i luoghi è evidente anche nella serie Elsewhereness, i cui video sono realizzati da meteriali trovati in rete, provenienti da luoghi specifici come ad esempio le città di Utrecht, Cape Town, Manchester o Yokohama. “Queste opere audiovisive sono manipolate e organizzate in una sorta di viaggio surreale attraverso paesaggi sconosciuti, basati interamente sui legami culturali e i preconcetti stereotipati che spesso hanno gli artisti su determinati luoghi”, spiega chiaramente lo stesso Weberg.
Nel corso degli ultimi anni, come detto all’inizio, Anders Weberg ha iniziato a produrre lavori maggiormente orientali alla Net Art e alla URL-art. Egli stesso di definisce un grande appassionato di arte minimalista. Digimag è riuscito a intervistarlo a proposito dei suoi progetti artistici e in più in generale dei fenomeni della P2P-Art e della URL-art.
Mathias Jansson: Quando hai cominciato a interessarti di net.art e come è nato il progetto P2P-art.com?
Anders Weberg: Ho iniziato a ideare questo progetto verso la fine degli anni Novanta, quando avevo appena cominciato a usare Internet per pubblicare i miei video. Era il periodo dell’esplosione del fenomeno Napster. Il progetto artistico P2P-art fu lanciato nel 2006 e potrebbe essere descritto così: “Arte realizzata e fruibile solo attraverso le reti peer-to-peer. L’opera d’arte originale viene messa in condivisione dall’artista in rete fino a che un utente non la scarica. A quel punto l’opera sarà disponibile fino a quando altri utenti continueranno a condividerla. L’artista così elimina definitivamente sia il file originale sia tutto il materiale che ha utilizzato per la sua realizzazione. L’originale non esiste”.
In sostanza prima realizzo video che vengono caricati e messi in condivisione sulle reti P2P, e poi elimino definitivamente i file originali. In questo modo, le opere condivise dagli utenti cominciano una nuova esistenza nella rete, indipendente e senza alcun tipo di controllo, sotto forma di video compressi in una versione a bassa risoluzione. Nel momento in cui la condivisione del video si interrompe, questo svanisce per sempre. Da un lato è un modo per apprezzare la bellezza di un’opera dalla vita effimera, secondo un’idea che già più volte è stata sperimentata nella storia dell’arte, sebbene con metodi e media differenti. Dall’altra rappresenta una sorta di rimessa in discussione del prezioso valore dell’originale.
Inoltre, viviamo in un’epoca in cui anche se basta una tastiera per ottenere tutto, o quasi, desideriamo sempre cose estremamente difficili da ottenere. Fa parte della natura umana. Quindi, in un certo modo, il progetto cerca di creare un senso di carenza avvalendosi della stessa tecnologia che serve a rendere le informazioni più facilmente accessibili e riproducibili.
Ad oggi, ben sei film sono stati lanciati sulla rete, e poi eliminati. Il più breve durava 45 minuti mentre il più lungo era un video di 9 ore, 9 minuti, 9 secondi in 9 fotogrammi, che ho caricato il 9/9/2009 alle 9.09. Il successivo è stato 101010, uscito il 10/10/2010.
Mathias Jansson: Nel 2009 hai realizzato invece l’opera di net.art The URL is the Artwork. Da dove è nata l’idea?
Anders Weberg: In quel periodo avevo realizzato alcuni progetti di net.art insieme a Robert Willim, artista e analista culturale, in cui avevamo utilizzato dispositivi GPS, Google Earth e video digitali. Da quel momento ho iniziato a pensare a un progetto di net.art intesa in senso più puro, cercando di essere il più minimalista possibile. Personalmente, sono un appassionato di arte minimalista e sono sempre alla ricerca di nuovi modi di semplificare sia i processi che i risultati.
Mathias Jansson: Da artista, che significato ha per te l’URL?
Anders Weberg: L’URL significa molto per me. Forse identità. Forse perché oggi è più importante avere un URL che una galleria. Forse un URL può essere anche una galleria. In fondo, che bisogno c’è di una galleria se per esporre la tua opera basta un URL? Sono tempi interessanti e stimolanti questi per essere un’artista, tempi in cui il confine tra online e offline non è affatto netto e mi incuriosisce sempre molto sia sapere in che modo il pubblico usa le nuove tecnologie, sia riflettere su come poterle trasformare in arte.
Devo aggiungere che ho perso il mio lavoro di maggior valore un mese fa, quando la mia pagina personale www.andersweberg.com è stata cancellata perchè non ne avevo rinnovato la registrazione: così qualcun altro deve averne acquistato i diritti. Da allora, ogni giorno ho catturato screenshot del nuovo sito pieno di annunci che pubblicizzavano pillole blu e strumenti vari per migliorare le prestazioni sessuali maschili. Forse utilizzerò questo materiale per un altro progetto.
Mathias Jansson: C’è qualche punto di contatto tra le tue opere di URL-art e quelle di P2P-art? Che tipo di idee o concetti ti piacerebbe trattare o approfondire attraverso la tua attività artistica?
Anders Weberg: – Credo che il denominatore comune della maggior parte delle mie opere concettuali sia quello di porre l’attenzione su questioni relative a autorialità, fair use, copyright, attribuzione, citazione, accreditamento, proprietà intellettuale, censura e consumismo.
Mathias Jansson: Nella tua ultima opera http://www.thissiteisnotavailableinyourcountry.com/, viene visualizzata la stessa dicitura che compare sui video trasmessi da YouTube quando sono presenti restrizioni di copyright e il materiale non può essere visualizzato in un determinato paese.
Anders Weberg: Si. Con quel progetto ho voluto soffermarmi sulla questione della cosiddetta “libertà” della rete, che io dò per scontata ma che tale non è in tutti i paesi.
Mathias Jansson: E, da artista, cosa pensi del copyright? Per esempio, hai iniziato diffondendo le tue opere gratuitamente sulle reti peer-to-peer…
Anders Weberg: Nell’ambito del progetto artistico P2P non ho caricato altro che una copia in rete, eliminando il tanto “prezioso” originale. Non c’è alcun dubbio che il “prezioso” originale avrà sempre un posto privilegiato nel cuore dei fruitori, ma oggi il rapporto che lega la maggior parte di noi ai media è decisamente effimero e la perdita del “prezioso” originale non ci sconvolge poi tanto quando tutto è disponibile e gratuito online. In fondo, la replica esatta, sotto forma di copia digitale, non ha nulla in meno dell’originale.
Anche se è stato scritto molto a proposito, il mio interesse per queste cose nacque quando cominciai a lavorare con i computer e mi iniziai a rendere conto che digitando CTRL/CMD + C e CTRL/CMD + V, riuscivo ad avere una copia perfettamente identica al file originale. Nell’epoca della condivisione dei contenuti sulla rete, infatti, ci troviamo sempre più in una condizione di ubiquità di risorse, sempre disponibili in milioni di versioni indistinguibili l’una dall’altra: un esercito di molteplicità senza originale.
Da artista, e considerato il tipo di lavoro che svolgo, penso che sia abbastanza chiaro come la pensi sul copyright delle mie opere. Tutti i diritti riservati. Tutti i doveri cancellati.