Da alcuni mesi, nel pieno del fermento per le mobilitazioni in vista del COP15 di Copenaghen, è online una interessante piattaforma di coordinamento per i movimenti per che prende il nome di Beyond Talk (letteralmente “Oltre le chiacchiere”).
La piattaforma, che nella homepage titola così: “Tired of just hearing about climate change? Then do something. Now” (“Stanco di sentir parlare di cambiamento climatico? Allora fai qualcosa. Adesso.”), è una semplice base dati per la promozione di interventi di disobbedienza civile.
Gli autori di beyondtalk.net sono Andy Bilchbaun e Mike Bonanno, i componenti del noto gruppo di culture jamming The Yes Men, che da più di dieci anni imperversa sulla scena con agguati ed imboscate mediatiche e che nell’ultimo anno ha focalizzato le proprie azioni sui temi legati al climate change.
Senza entrare nel dettaglio delle singole azioni compiute dagli Yes Men di cui tante altre testate hanno già parlato abbondantemente, trovo invece più interessante soffermarmi su quella nota di pragmaticità espressa dalla formula “Beyond Talk”.
Ad osservare infatti ciò che accade oltreoceano dalla vecchia Europa, il culture jamming degli Yes Men colpisce non solo per la grande eco mediatica e per la incisività comunicativa, ma anche e soprattutto per l’approccio che privilegia la pratica ed il risultato a dispetto di ogni questione astrattamente teorica. Considero questo uno dei fattori principali di distinzione tra artivismo europeo ed oltroceano in questo momento: laddove in Europa è principalmente l’impianto politico-concettuale che influisce sulle modalità di messa in pratica, in America è il risultato finale e la sua efficacia che sembra venir tenuto maggiormente in considerazione.
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Così, essendomi trovato recentemente a collaborare attivamente ad alcune delle ultime azioni degli Yes Men, e spinto dalla curiosità di comprendere meglio alcune dinamiche, ho voluto rivolgere loro alcune domande.
Domande semplici, che ho voluto limare per cercare le giuste sfumature di significato. A nemmeno ventiquattro ore dalla consegna delle domande ricevevo – con un certo disappunto, lo ammetto – le loro risposte che, come vedrete, non lasciano spazio a particolari riflessioni, o divagazioni teoriche.
Oltre le solite chiacchiere, gli Yes Men hanno risposto con poche parole, semplici ma coincise. Beyond Talk, appunto. Insomma, un’altra lezione di pragmaticità anglosassone.
Clemente Pestelli: A differenza di altre vostre correzioni di identità, sembra che azioni come quella del NY Times special editions (un milione di copie fasule del NYTimes distribuita per le strade di New York in cui si annunciava la fine della guerra in Iraq), del NY Post (analoga a quella del New York Times, con un milione di copie del NY Post distribuite per strada) e
la recente beffa alla Camera di Commercio (una falsa conferenza stampa in cui si annunciava che l’unico modo “per fare affari” fosse quello di approvare il prima possibile il climate bill così che a dicembre il presidente Obama si potesse presentare a Copenaghen e negoziare partendo da una posizione forte), non siano delle sole correzioni di identità. Sembra piuttosto vogliate sfruttare i media per diffondere un sentimento di speranza. Come vi aspettate reagiscano le persone a queste storie? E come reagiscono veramente?
Mike Bonanno: Le persone normali in genere sogghignano di fronte a queste storie: per la faccenda del NY Times, le persone hanno visibilmente reagito con ilarità. Lo puoi vedere chiaramente nel nostro film! Anche con le azioni del NY Post e della Camera di Commercio, abbiamo ricevuto tantissimi complimenti. Al contempo, abbiamo ricevuto la reazione della Camera di Commercio: ci hanno colpito con una vertenza e hanno seriamente minacciato la nostra libertà di espressione.
Clemente Pestelli: Dietro gli Yes Men c’è una vasta rete di attivisti, artisti e culture jammers. Qual’è il ruolo di questo network nelle vostre azioni?
Mike Bonanno: Noi ci basiamo tantissimo sui nostri amici, gli Yes Men che non si vedono mai, per tutto e per qualsiasi cosa. Ogni progetti è different, ma chiunque può registrarsi sul nostro sito e divenire un volontario (www.theyesmen.org/join). In questo modo, è possibile rimanere in contatto per qualsiasi azione futura.
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Clemente Pestelli: Penso che la storia degli Yes Men sia strettamente collegata alla storia e alle pratiche del world wide web dei primi anni del 2000. Come valutate la situazione di Internet oggi? E’ ancora viva l’utopia della rete degli anni Novanta e Duemila? E nel caso, cosa è cambiato?
Mike Bonanno: L’utopia della Rete non è mai esistuita, come tutte le utopie è sempre stata solo uno spazio dell’immaginazione. Alcuni aspetti di questo immaginario stanno ancora resistendo e crescendo, tanti altri sono finiti. Leggi come la DMCA-Digital Millennium Copyright Act (la legge Americana sul copyright che criminalizza la produzione e distribuzione di tecnologie e servizi che aggirano le misure di protezione dei diritti d’autore delle opere digitali) hanno reso più facile per le corporate limitare la libertà di espressione, ma al contempo il proliferare di connettività ha reso più facile il dialogo tra un numero sempre maggiore di persone. Quindi, la cosa importante è evitare che il capitalismo trasformi tutta la connettività in qualcosa che sia solo ricchezza.
Clemente Pestelli: Parlando sempre di Internet, al di là della eco mediatica delle vostre azioni, avete sempre lavorato a piattaforme web-based alternative – penso all’esperienza degli RTMark da cui proviene Yes Men o la sopracitata beyondtalk.net e ancora il recente online game Fix World Challenge. Potete spiegare meglio questo vostro interesse per i media legati al web?
Mike Bonanno: Il nostro interesse è abbastanza chiaro e linerare direi: cercare i modi più economici per connettere il numero maggiore di persone. Se fossimo vissuti negli anni Settanta, avremmo probabilmente usato telefoni, flyers, giornali stampati, etc…
Clemente Pestelli: Sono curioso riguardo la sostenibilità economica dei vostri progetti. Chi supporta le vostre azioni? Voglio dire, è un sostegno che proviene unicamente dal vostro network o avete l’aiuto di qualche organizzazione particolare?
Mike Bonanno: Abbiamo ricevuto dei finanziamenti da fondi per l’arte, e inoltre realizzando i films abbiamo guadagnato dei soldi dalla televisione (anche se non a sufficienza per coprire i costi). Ma è soprattutto l’aiuto delle persone tramite la nostra mailing list che costituisce il principale supporto, e a loro questo non costa tantissimo.
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Clemente Pestelli: Nel Giugno 2009, nell’operazione del fake dell’International Herald Tribune (http://iht.greenpeace.org) si leggeva di un “punto di svolta per il pianeta”, il Summit di Copenaghen in programma dal 7 al 18 Dicembre prossimi. Secondo le ultime notizie, nulla di tutto questo sta per accadere. Dopo più di dieci anni di attivismo, possiamo continuare a sperare che è possibile cambiare il mondo con una burla?
Mike Bonanno: Beh, non si cambia il mondo con una burla, ma lo si cambia con i movimenti e le azioni. E con tutto ciò che conflusice in un movimento, come le proteste di strada, i cambiamenti delle leggi, l’organizzazione del vicinato. Questo è il motivo per cui abbiamo bisogno di essere in stada ora. Per questo motivo, partendo dal progetto Beyond Talk, il prossimo 30 Novembre, una settimana prima dei negoziati di Copenhagen e in occasione del decimo anniversario delle proteste di Seattle contro il World Trade Organization (WTO) del 1999, una serie di azioni di disobbedienza civile e di dimostrazioni avranno luogo in molte città degli Stati Uniti.