Sembrano fotogrammi di vecchi film lascivi su cui un provocatore, o forse semplicemente un nostalgico, si è divertito con degli smile. E invece sono le ambigue ed intriganti immagini che rappresentano il Sonar del 2007.
Come poi si scopre dal sito del festival, si tratta di opere di inizio XX secolo dell’artista/fotografo Lejaren A’ Hiller che, con una espressionista volontà di chiaroscuri e un estetizzante gusto per l’erotismo, raccontano la storia della chirurgia attraverso le epoche e i continenti. In ogni foto, però, il Sonar ha sovrapposto uno smile al volto di uno dei personaggi. Perché? Innazitutto, per lasciare lo spettatore con più domande che risposte. E naturalmente l’operazione è perfettamente riuscita. E poi, come loro stessi scrivono, per sottolineare l’assurdità di tutti i ritorni, quindi le dissonanze che questi provocano tra il soggetto/oggetto in primo piano e lo sfondo (per continuare con il parallelo visivo).
Paradossalmente, però, il Sonar è un festival che con i ritorni gioca ormai da tempo, e sempre più: (a memoria) nel 2000 Marc Almond, nel 2002 i Pet Shop Boys, nel 2006 sono comparsi perfino gli Chic, e per questo 2007 aspettiamo con trepidazione i Devo e i Beastie Boys. A chi è rivolta perciò l’esplicita ironia della grafica? Ipotesi più immediata, anche se non per forza indovinata: alla nuova generazione di musicisti – elettronici o no, non fa differenza – che dal potenziale mix di tutte le epoche e/o di tutti gli stili trae la più profonda ispirazione. E’ l’arte del passato proiettata nel futuro, infatti, che più spesso rappresenta il presente in questi primi scorci di nuovo secolo. Meglio dei troppo spesso ripetuti, e perciò ormai vuoti, tentativi di assoluto.
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Per noi questo dilemma dell’incontro/scontro tra le epoche e gli stili è uno degli aspetti più appassionanti di questa edizione del festival. Prendiamo ad esempio il nu rave, o rock’n’rave, a cui evidentemente la grafica del Sonar fa riferimento diretto. Oltre 15 anni di cultura musicale acid-electro-techno oggi si possono sintetizzare in qualche settimana di ascolti (che non sono neppure paragonabili all’esperienza originale, ma che comunque riproducono parte di quel percorso).
Avere ereditato così tanto e poterlo vivere in così poco è certamente eccitante. E cosa accade? Che alcuni tra più giovani, quelli che nella prima metà degli anni ‘ 90, in pieno fenomeno rave, tutt’al più ascoltavano le sigle dei cartoni animati seduti accanto alla mamma, improvvisamente riescono a rilanciare, creando qualcosa di chiaramente ispirato ma in realtà nuovo. Perché a tutto ciò aggiungono una voglia di melodie e chitarre da cui la scena rave, in quanto reazione radicale alla disco e al rock, era davvero molto lontana, e che invece rende le nuove musiche da party tanto più potenti e divertenti. Perfino entusiasmanti.
Alcuni fanno fatica ad ammetterlo, altri la prendono con ironia, ma, in sintesi, è semplicemente così: nei fenomeni di ritorno c’è anche del nuovo. Fosse anche solo la visione, come quella di poter fondere disco-rock-acid-electro-techno secondo l’etica hip hop dell”harder-faster-better’. Mentre la cerebrale e celebrata- elettronica minimale di inizio millenio si ripiega troppo spesso in sempre più in noiosi purismi e manierismi.
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Ok, Daft Punk e Chemical Brothers sono stati, e rimangono, i maestri. Poi sono arrivati i 2manydjs e gli LCD Soundsystem a completare il percorso Ma la miscela è definitivamente esplosa in queste ultime 2 stagioni, con Simian Mobile Disco, Justice, Klaxons, Mstrkrft, Uffie, Digitalism, Para One, Dj Mehdi, New Young Pony Club, e tutti gli altri che ad un ascolto superficiale possono sembrare a loro volta un semplice esercizio di maniera, ma a menti aperte e curiose svelano la capacità di sucitare un entusiasmo immediato, inarrestabile e globale che tanto ci ricorda il 1992, cioè esattamente 15 anni fa.