Il cinema è stato definito sin dalle sue origini una luccicante fabbrica dei sogni. Ma cosa succede se si apre gli occhi e lo si fa attraverso lo sguardo di una donna che sta vivendo una realtà concreta, con tutte le sue difficoltà, paure, piaceri e innumerevoli salite e discese?

La risposta è la trilogia dei film Sue, Fiona e Bridget realizzati dal regista Amos Kollek (Gerusalemme, 1947) e presentati alla 48°, 49° e 52° Berlinale, in cui l’attrice protagonista è Anna Thomson, diventata ormai una sorta di alter-ego del regista. La new media agency berlinese Monitorpop ci introduce, dopo il successo del DVD Berlin super 80, nel regno dell’arte cinematografica e ci presenta il regista e l’attrice durante la mostra-evento The Movies of Amos Kollek, con foto di Osnat Shalev-Kollek, tenutasi a Berlino nella scorsa estate in occasione dell’uscita dei tre film in DVD.

Nella trilogia Sue , Fiona e Bridget , vediamo le storie di una donna che si confronta con una vita quotidiana ai limiti, con problemi come solitudine, violenza, amore, droga, prostituzione, debiti, successo e decadenza. Anche se vite estreme, in realtà quelle di Sue, Bridget o Fiona, sono esistenze in cui viene immediato identificarsi, perchè parlano di problemi reali che ogni donna deve affrontare, soprattutto se in cerca della propria libertà e indipendenza. Una miscela di arte e vita, in parte autobiografica dato che l’attrice, come Fiona, è stata trovata abbandonata dopo pochi giorni di vita a New York, vivendo poi fra l’America e la Francia con la sua famiglia adottiva.

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Danzatrice e costumista, è entrata nel teatro all’età di 18 anni e nel cinema con ruoli minori in film come Unforgiven di Clint Eastwood e Wall Street di Oliver Stone. I film di Amos Kollek, spesso paragonati per il realismo a quelli di Eric Rohmer, investigano criticamente e emozionalmente la quotidianità del presente, portando alla luce storie di donne single che vivono in una ostile New York, senza necessariamente andare in cerca del lieto fine. Film di grande impatto realizzati in un tempo breve e con poco budget, che danno speranza a tutti coloro che lavorano con passione sui contenuti e non possiedono grosse fonti di finanziamento e danno forza a tutte le donne che, come le protagoniste dei film, vivono una vita difficile seguendo le proprie passioni e lottando per la propria indipendenza.

Tatiana Bazzichelli: Nella trilogia Sue, Fiona e Bridget è centrale la lotta per la vita e per la libertà. Le protagoniste dei film riflettono le tue esperienze di vita, oppure sono parte del tuo essere artistico?

Anna Thomson: Per me arte e vita sono state sempre necessariamente collegate. Ho conosciuto incidentalmente Amos Kollek ed è stato un incontro incredibilmente positivo. Nella nostra vita tutti gli incontri avvengono incidentalmente e molto spesso possono portare grandi novità. Amos stava cercando delle persone con una vita estrema e particolare ed è ciò che è stata la mia. Aspetti della mia esistenza ritornano infatti in quella delle protagoniste dei film Sue , Fiona e Bridget ; nella mia vita si ritrova la solitudine di Sue dopo la perdita di mio marito e in lei ho rivissuto l’importanza di lottare e sopravvivere quando l’esistenza si blocca tragicamente per qualche motivo; allo stesso tempo in Fiona esprimo il mio lato più estremo e più selvaggio e in Bridget l’ambivalenza del vero e del falso, anch’essi aspetti centrali di ogni esistenza, al limite come quella della protagonista o più regolare come quella di tanti altri.

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Tatiana Bazzichelli: Il soffrire, la violenza e il dolore ritornano in ciascuno dei film della trilogia come elementi centrali dell’esistenza femminile. Credete che sia possibile per una donna con una vita “non regolare” raggiungere la propria indipendenza senza soffrire?

Anna Thomson: Credo di non aver mai conosciuto una donna, o una persona in generale, che abbia raggiunto i suoi scopi senza dolore. Il soffrire appartiene a tutte le nostre esistenze. Per essere realmente libero, bisogna sempre pagare un prezzo.

Amos Kollek: Soffrire è un aspetto importantissimo nel cinema, oltre che nella vita in generale. Il “soffrire” è elemento vitale di quei film non hollywoodiani che meglio si avvicinano alla vita vera. Possiamo assistere a tanti incredibili film e voler andare a rilassarci e divertirci di fronte a una commedia, ma tutto quello è un’astrazione che non ha a che vedere con la vita quotidiana, in cui le persone lottano per la vita, per la sopravvivenza e per il successo. Questo succede invece nella trilogia Sue , Fiona e Bridget , dove tre persone con una vita al limite si misurano quotidianamente con difficoltà e ostacoli. In un certo senso, nei tre film c’è sempre la stessa persona, che vive diverse esistenze e si relaziona con le contraddizioni del vivere.

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Tatiana Bazzichelli: Hai iniziato a lavorare come una danzatrice e assistente costumista e precedentemente hai frequentato la famosa Joffrey Ballet School di New York. In che modo l’uso artistico e performativo del tuo corpo ritorna nei film di cui sei protagonista?

Anna Thomson: Io uso il mio corpo per dare informazioni all’audience, per me anch’esso è parte fondamentale della sceneggiatura. In inglese si usa un’espessione come women intuition . Questo è in realtà un grosso “potere” delle donne, una qualità subliminale che si esprime parallelamente al “potere” maschile, che agisce per lo più in forma spesso diretta, diffusa e di superficie. Le donne hanno imparato a saper guardare, essere pronte a cogliere dei segni che parlano di quello che accadrà, proprio perchè hanno meno potere materiale e di conseguenza devono saper difendersi, leggere oltre le righe, andare oltre. E in questo linguaggio simbolico, il corpo gioca un ruolo fondamentale.

Tatiana Bazzichelli: Qual è l’importanza del corpo nei film da te diretti in cui recitano molti attori non professionisti e con una reale “vita di strada”?

Amos Kollek: La scelta degli attori è stata motivata dal fatto di rendere ancor più realistico il film. Non sono andato a scegliere persone provenienti dalla classe media, ma gente che conduce normalmente una vita al limite, ed è quindi in grado di trasmetterla al meglio. Molti di loro comunicano direttamente con il corpo, perchè è più facile e immediato, e lo fanno in maniera non prevedibile, più intima, più vera. In ogni caso per me il corpo non è più importante delle parole. Nei film sono ugualmente centrali i dialoghi. Tutti noi comunichiamo attraverso i due canali, corpo e parole, linguaggi che possono essere ambedue intimi allo stesso modo.

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Tatiana Bazzichelli: I ruoli di Anna Thomson nei film Sue , Fiona e Bridget sono molto sensuali, una commistione di tenerezza e ironica distanza, un esempio dei più intimi lati dell’esistenza di ogni donna. In questa esperienza, in che modo si inseriscono concetti come pornografia e femminismo?

Anna Thomson: Ci sono tanti diversi aspetti della pornografia. Ci può essere una forma di pornografia violenta e eterodiretta o qualcosa di diverso, più indipendente e con altri fini, come quello di realizzare un film sulla storia di una donna. Se la pornografia è quindi funzionale allo sviluppo del film e il film ha uno scopo che io giudico positivo, non credo che ci debbano essere restrizioni. Non sono comunque d’accordo con tutte quelle persone che dicono che la pornografia è sempre violenta, può anche non esserlo. Se una persona realmente vuole essere un’attrice di film pornografici, perchè no? L’importante è che le cose vengano scelte liberamente e si creda in ciò che si fa. Dipende sempre da cosa si vuole fare della propria vita, se si riesce a gestirla in maniera indipendente e infine se si è fortunati o no.

Amos Kollek: Ho scelto di realizzare i film Sue , Fiona e Bridget perchè come regista mi trovo molto bene a lavorare con le donne, mi sento a mio agio e attratto dal loro modo di esprimere le emozioni. Personalmente trovo noiosa la pornografia, soprattutto quella trash, con mancanza di reali significati e spesso violenta, non credo che renda le persone più felici.

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Tatiana Bazzichelli: Il fatto che film come Sue e Fiona sono stati girati in una decina di giorni, dà qualche speranza ai registi che vogliono realizzare un film senza un budget elevato?

Amos Kollek: Ci sono sia vantaggi che svantaggi nel girare un film in poco tempo. Naturalmente si deve partire sempre da una buona sceneggiatura, ma se si hanno attori bravi e capaci è possibile fare qualcosa di valido. Anzi, il fatto di lavorare direttamente sul campo e nell’immediatezza delle situazioni, rende il film più naturale e imprevedibile, perchè si possono verificare spontaneamente delle circostanze che non si riuscirebbero mai a realizzare in uno studio, anche se iperattrezzato. La scelta degli attori, dei luoghi in cui girare le scene, l’attenzione ai contenuti e la cura nei particolari di una sceneggiatura diventano elementi fondamentali per la buona riuscita del film, proprio perchè girato in pochi giorni.

Tatiana Bazzichelli: Che consigli dareste a delle donne che vorrebbero iniziare una carriera nel cinema?

Amos Kollek: Semplicemente essere se stesse.

Anna Thomson: Andare avanti anche se le persone criticano il tuo lavoro, consiglio che darei sia alle donne che agli uomini.


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