Olaf Bender (Byetone) e Frank Bretschneider (Komet), fondano la loro etichetta nel 1996, la Rastermusic. La strategia adottata è quella di puntare su serie specifiche di lavori piuttosto che spingere per mettere in luce il singolo artista. Nel corso della creazione della serie 20′ to 2000 si unisce a loro Karsten Nicolai già operativo nella sottoetichetta Raster. Nasce così la Raster-Noton. Il nome scelto per l’etichetta fornisce già un indizio significativo per indagare su quelli che saranno gli sviluppi di una delle realtà più importanti nell’ambito della produzione di musica elettronica contemporanea: “Raster” è lo spazio infinitesimale che separa un pixel dall’altro, la maglia della rete che regge anche visivamente la manifestazione dell’ arsenale artistico digitale. La capacità chirurgica di utilizzare scariche elettrostatiche, pulviscolo digitale, microcosmi tonali, derive subatomiche come materia da levigare, smussare, lisciare fino a eliminare completamente qualsiasi informazione superflua, rende tutte le produzioni degli artisti citati imprescindibili al punto di essere diventati portatori di una modalità espressiva copiata in tutto il mondo e diventata un classico:il ritmo stesso, ridotto ai minimi termini, diventa melodia.
Straordinaria è anche la capacità di sviluppare progetti grafici unici, opere d’arte di fortissimo rigore minimale, dalla perfetta algida precisione matematica. La presenza umana viene cancellata. In merito alle scelte minimaliste della grafica adottata e al sound minimale delle proprie produzioni.
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I fondatori dell’etichetta affermano che queste sono basate su un serio confronto con i simboli e la natura simbolica della nostra vita ordinaria (pittogrammi, logo, codici a barre ecc). Vengono investigati e adottati i modi per garantirsi una forma d’espressione individuale che si confronti con la norma, lo standard, la serie. Ecco allora che questi elementi non vengono eliminati, vengono invece deliberatamente usati e vivificati con la propria individualità. Viene evidenziata apertamente una finalità di intenti con la casa giapponese Muji produttrice di arredi per la casa e abbigliamento (a Milano ha aperto recentemente un punto in Corso Buenos Ayres). Si enfatizza la filosofia della “non etichetta”, quasi un tentativo di liberare l’acquirente dalla tirannia del logo.
Comprato nei negozi Muji, l’oggetto mantiene una percepibile unità d’insieme con le altre merci della casa giapponese, ma portato a casa e tolto dalla confezione ecco che l’oggetto merce regala la propria “leggerezza”.
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La trilogia TRANSALL composta da Carsten Nicolai, si compone di tre distinti episodi: tre EP (meno tracce di un normale CD) presentati in una stupefacente veste: è stata utilizzata carta plastificata di alta grammatura, con esterno in grafica vettoriale e interno con testo in inglese che sviluppa il tema dell’opera, traduzione in giapponese, titoli e tempo dei brani.
La confezione presenta un taglio che funge da blocco per il CD dalle estremità trasparenti:
TRANRAPID: il primo episodio della serie sviluppa una riflessione scritta sul tema della velocità a firma del tedesco Ulf Poschardt.
TRANSVISION: il secondo episodio accoglie uno scritto firmato dall’ inglese Kudowo Eshun. Viene affrontato il paradosso della paura di diventare esseri umani realmente liberi.
TRANSSPRAY: tecnologia, industria militare, sopravvivenza.
La struttura dei brani che compongono la trilogia riesce a creare un contrasto coinvolgente: tanto minimi sono gli strumenti messi in gioco quanto assolutamente coinvolgenti sono gli esiti dell’ascolto. Elettronica nella forma più pura, senza compromessi, ed è proprio il coinvolgimento dell’ascoltatore che diventa essenziale per chiudere il senso della trilogia, ognuno, intimamente, diventa cassa di risonanza del sottile lavoro di Nicolai.