Corey Timpson, ospite di Meet the Media Guru alla Triennale di Milano il 16 Maggio 2018, ha dato un’intensa lezione su concetti chiave quali innovazione culturale e inclusive design. Nel corso di più di 18 anni di esperienza di impegno professionale nei musei, di cui quasi 8 e mezzo al Canadian Museum for Human Rights (CMHR) di Winnipeg, Timpson ha tracciato un percorso interessante per operatori culturali, direttori, tecnici, curatori e pubblico, con l’obiettivo di trovare le soluzioni migliori in termini di inclusione nel percorso museale e nelle mostre.
La maggior parte degli esempi provengono dal CMHR, il primo museo unicamente dedicato ad evoluzione, celebrazione e futuro dei diritti umani. Come è spiegato sul loro sito, l’obiettivo del museo è quello di attrarre canadesi e visitatori internazionali in un’esperienza coinvolgente e interattiva che offra sia l’ispirazione che gli strumenti per fare la differenza nella vita altrui. Qui i visitatori saranno accolti come partner in un viaggio per eliminare le barriere e creare un cambiamento che sia significativo e duraturo.
Abbiamo chiesto a Corey cosa significa innovazione culturale, in termini molto generali: “Considero innovazione culturale tutto ciò che è capace di attrarre il visitatore. Quindi potrebbe essere qualcosa di tecnologico ma anche una metodologia, non deve trattarsi necessariamente di un mezzo digitale. Qualsiasi applicazione delle consuetudini museali che coinvolga il visitatore in un modo mai visto prima può essere innovativa.”
Timpson, ci ha fornito anche un esempio, in termini di metodologia: “L’approccio all’inclusive design e l’utilizzo di questo metodo non sono basati sulla tecnologia, ma sul modo in cui noi progettiamo qualcosa per coinvolgere qualcuno. Dal mio punto di vista applicare questa metodologia è innovativo dal punto di vista culturale, ma non ha niente a che fare con la tecnologia in sé.”
In Italia abbiamo un gran numero di piccoli musei, con budget molto bassi e con poco staff. L’esperienza di Timpson potrebbe essere utile ad aiutare musei piccoli e tradizionali, in termini di inclusione e interattività. La prima cosa che Corey quindi sottolinea è di “garantire una forte consapevolezza da parte del visitatore prima che questo arrivi al museo. Assicurarsi, ad esempio, che dal sito web il visitatore possa capire quanti piani conta il museo, se ci sono scale o una rampa. Questa sarebbe la prima cosa: far sapere alle persone cosa devono aspettarsi.”
La consapevolezza è inclusione, l’informazione è inclusione. Timpson suggerisce di porsi domande anche riguardo la “leggibilità del testo: come sono fatti i cartellini delle opere? Sono leggibili da qualcuno? Questo non significa che si debba cambiare tutto, o creare da capo tutti i pannelli esplicativi, ma significa che la prossima volta che si realizzerà un cartellino o un frammento di testo per il museo si dovrà fare attenzione che il contrasto cromatico, la dimensione e il carattere siano leggibili da tutti. Tutti questi accorgimenti hanno un costo minimo e non implicano un cambiamento totale, ma semplicemente un miglioramento della situazione in termini di inclusione.”
La conferenza tenuta da Timpson identifica infine un paio di punti centrali, innnanzitutto che “non ci sono barriere se non siamo noi a crearle” – questo statement dovrebbe aiutare coloro che decidono, musei e operatori culturali nella loro ricerca sulle strategie di inclusione migliori – “ma ci sono piuttosto opportunità come un pubblico più vasto, una fedeltà più a lungo termine da parte del pubblico, un pubblico impegnato ad apprendere di più e una fruibilità maggiore per tutti.”
In secondo luogo che, in termini di storytelling “le storie hanno il potere di ispirare. La narrazione ha il potere di coinvolgere. Il mio obiettivo è quello di fornire uno storytelling significativo e inclusivo attraverso un design transmediale, multimediale e multisensoriale.