TEATRO PALLADIUM UNIVERSITA' ROMA TRE - ROMA
24 FEBBRAIO 2005 - 21.30

Dopo essere passato da Milano la scorsa estate, Richiard Fennesz torna ancora in Italia a presentare il suo progetto audiovisivo Venice.

Visto il progetto sinceramente in molti hanno notato una certa caduta di stile da parte dell’algido artista audiovisivo. Un impianto audio minimale e aggressivo nello stesso tempo, giocato sul dualismo e il contrasto tra l’immobilità dell’artista e dei suoni provenienti dal suo laptop e l’allegra aggressività proveniente dalla sua stessa chitarra elettronica, non si rispecchia in un analoga versatilità da un punto di vista visivo.

Lo scorrere dell’acqua nei canali di venezia, i lunghi primi piani del flusso e della scia creata dalla barca, le immagini oniriche e “immersive” nel vero senso della parola, non comunicano, non trasmettono, non coinvolgono e lasciano lo spettatore affascinato dal rigore estetico ma sostanzailmente deluso nel non essere riuscito a comprendere il messaggio dell’artista. Troppo criptico Fennesz o noisa operazione di esercizio stilistico audiovisivo? Agli spettatori la scelta, esserci vuol dire comprendere e quindi andare allo spettacolo diventa un obbligo per tutti coloro che comunque sono interessati ai nuovi territori esplorati dalla musica elettronica e dai suoi artisti più importanti.

Salito alla ribalta della intensa scena elettronica austriaca alla fine degli anni ’90 con lavori di grande impatto come “Hotel Paral.lel” e “Plus Forty Seven Degrees 56′ 37″ Minus Sixteen Degrees 51′ 08”, Fennesz presenterà a Sensoralia il suo ultimo progetto intitolato “Venice”, uscito per l’etichetta inglese Touch!. Fennesz, come dimostrato anche nella sua performance con Ryuichi Sakamoto all’Auditorium lo scorso Novembre, possiede il dono raro di lavorare con il computer lavorandone gli scarti, gli errori, riuscendo a creare delle melodie e degli scenari sonici di struggente nostalgia e grande coinvolgimento. A cavallo tra sperimentazione, IDM e esplorazione ambientale, il lavoro del musicista [apprezzato collaboratore tra gli altri anche di Jim O’Rourke, Peter Rehberg aka Pita, nonchè dei Polwechsel] disegna un malinconico percorso tra memoria e dubbio, tra elettronico e acustico, tra chitarra e powerbook, un viaggio attraverso i sogni e le piccole increspature che li rendono deliziosamente imperfetti.

Viennese doc, Fennesz è tra i protagonisti della glitch music (“glitch”, ovvero errore, irregolarità, cattivo funzionamento di un meccanismo, discontinuità, scarto). Trasposto in musica, in particolare in ambito elettronico, questo termine indica l’uso di sibili, salti, sussulti, intoppi, crashes, come cifra stilistica di composizioni destrutturate e disomogenee. Ebbene, la musica di Christian Fennesz si è imposta presso critica ed ascoltatori come l’ipotesi pop e “romantica” dell’elettronica glitch, con ciò intendendo una maggiore fruibilità e “melodiosità” della proposta, ma non certo una scrittura elementare. Abrasioni e asperità continuano infatti a costituire la patina superficiale del suono dell’austriaco, ma (a differenza di molti esponenti di questa scena) non sono mai fini a se stesse e nulla tolgono alla comunicatività ultima dell’insieme.

Al contrario, lo rendono ancora più misterioso e immaginifico, costringendo l’ascoltatore a farsi strada tra scarti e dissonanze in cerca di un filo conduttore e di una trama dominante, quasi sempre disegnata da una chitarra calda ed avvolgente. Valgano come biglietto da visita le parole dello stesso Fennesz: “uso ancora la chitarra come sorgente dei miei suoni, ma anche quando uso il computer suona spesso come una chitarra… sono interessato alla combinazione di suoni acustici ed elettronici, cerco sempre di trovare nuove vie per connettere il digitale e l’acustico e di fare in modo che suoni il più naturale possibile…”. “Venice” trova la laptop music a un bivio tra la sua antica natura di sottocultura digitale e il problema della sua sostenibilità – sentire che deve esserci qualcosa di più, una qualità emozionale che emerge dal ronzio dei powerbook e della decostruzione sonora e tende alla melodia e all’entusiasmo.
“Venice” è stato registrato sul luogo nell’estate del 2003 e assemblato agli Amann Studios di Vienna agli inizi del 2004. In “Venice”, la chitara di Fennesz si mette in piena luce e la sua visione degli idiomi pop che interagiscono con strutture compositive più astratte è più evidente che mai.

Tra gli ospiti del disco troviamo David Sylvian, le cui parole su ‘Transit’ sono una trenodia per i nostri tempi, che approfondisce la collaborazione iniziata con il disco di Sylvian “Blemish”. Il chitarrista austriaco Burkhard Stangl accompagna Fennesz in due brani, l’epico ‘Circassian’ e il laconico ma non meno efficace ‘Laguna’. Tre brevi tracce, ‘onsra’, ‘onsay’ and ‘asusu’, collegano i temi principali del disco, il mutare di un’ Europa stretta tra la cultura romantica e l’urgenza di coprirsi gli occhi.

www.fennesz.com