de Young Museum, San Francisco
22 / 02 / 2020 - 25 / 10 / 2020

Con la vicina Silicon Valley a guidare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, o IA, Uncanny Valley: Being Human in the Age of AI è la prima grande mostra del museo della West Coast ad ampliare il discorso riguardo all’IA attraverso la lente della pratica artistica. Piuttosto che trafficare in fantasie speculative, la mostra mira alle attuali applicazioni dell’IA per ridefinire le coordinate della uncanny valley. Quest’ultima si basa su metafore contemporanee provenienti dall’immaginazione tecnologica (l’alter ego digitale, il modello di intelligenza dello sciame e l’algoritmo di estrazione dei dati) per proporre un nuovo vocabolario visivo volto a descrivere la relazione tra esseri umani e macchine.

Diverse opere della mostra riguardano forme di intelligenza collettiva, sia in natura che in cultura, che informano o definiscono il design e i meccanismi dell’IA.  BOB (Bag of Beliefs) (2018-2019) di Ian Cheng trasferisce questa idea in una forma di vita virtuale, nella figura di un serpente che risponde sia alla sua programmazione interna sia agli input provenienti dal pubblico. Le opere di Agnieska Kurant, presenti nella mostra, incorporano informazioni e un laboratorio di crowdsourcing che, insieme, puntano alla nuova economia del “ghost work” alimentando molte piattaforme di IA e diversi strumenti.

La scultura e le opere assistenziali di Simon Denny criticano i costi umanitari ed ecologici dell’attuale economia dei dati, in particolare le pratiche ambientali distruttive utilizzate per creare agili oggetti basati sull’IA come, per esempio, Amazon Echo. Gli intricati collage di Zairja Collective riguardano anche l’estrazione sia di risorse fisiche che di dati. Sovrapponendo immagini di neuroni liberati con design a cielo aperto provenienti da corporazioni di estrazione, queste opere della mostra invitano i visitatori a considerare la relazione tra i due soggetti.

L’agenzia di ricerca indipendente Forensic Architecture utilizza metodi spaziali e di machine learning per indagare sulle violazioni dei diritti umani nel mondo. In questa mostra il loro lavoro consiste in un gruppo di modelli algoritmici sviluppati per scansionare immagini online alla ricerca di oggetti utilizzati in tali crimini. Investito in cause umanitarie, il gruppo si occupa anche di esporre i modi in cui il machine learning può essere sfruttato e utilizzato in modo improprio, in particolare nei tipi di reati su cui indagano. Trevor Paglen affronta anche il mito della neutralità nel machine learning. Il suo They Took the Faces from the Accused and the Dead… (SD18) (2020) consiste in una grande installazione a griglia di oltre tremila foto segnaletiche provenienti dagli archivi dell’American National Standards Institute. Le raccolte di queste immagini sono state utilizzate per addestrare le prime tecnologie di riconoscimento facciale, senza il consenso delle persone fotografate.

La videoinstallazione di Hito Steyerl si rivolge ad applicazioni dell’IA che rafforzano la disuguaglianza sociale ed economica e la potenziale contro-forza offerta dagli atti di resistenza comunali e artistici. L’opera interattiva di Martine Syms, basata su video, presenta un avatar dell’artista Teeny, con il quale gli spettatori possono comunicare via SMS. L’assertività e l’auto-assorbimento di Teeny la posizionano come un “anti-Siri”, dice Syms, e rovesciano l’aspettativa di un’obbedienza di genere perpetuata dagli assistenti basati sull’IA.

Shadow Stalker (2019) di Lynn Hershman Leeson offre agli spettatori l’opportunità di intravedere il loro alter ego digitale (la scia di dati che hanno creato online) mentre li esorta a prendere il controllo dei loro profili di dati. L’intersezione tra identità, soggettività e tecnologia è anche il soggetto della serie di conversazioni in corso di Stephanie Dinkins con Bina48, un robot creato da Hanson Robotics che manca di qualsiasi comprensione della razza e del genere. Il film di Christopher Kulendran Thomas Being Human (2019), realizzato in collaborazione con Annika Kuhlmann, mette in discussione i fondamenti filosofici dell’umanesimo nell’era delle simulazioni di IA note come deepfakes. Lawrence Lek considera in modo simile i modi in cui la tecnologia dell’IA sta rendendo più permeabile la distinzione tra esseri umani e macchine nel suo film fantascientifico AIDOL (2019).

Infine, l’installazione video di Zach Blas funge da portale, sia letteralmente che metaforicamente, nella cultura aziendale della Silicon Valley, l’altra misteriosa valle dell’IA. Considerando l’uso diffuso dei nootropici, o “droghe intelligenti”, mette in evidenza i modi in cui le aziende tecnologiche invocano idee di controcultura per sostenere gli obiettivi aziendali.


https://deyoung.famsf.org/