Locus Sonus è una rete di ricercatori con sede in Francia che si occupa principalmente della relazione tra spazio e suono. La creazione e i primi progetti del Centro risalgono al 2005, e durante questi dieci anni di attività Locus Sonus ha collaborato con numerosi laboratori di ricerca internazionali, come il laboratorio di sociologia CNRS, il LAMES di Aix en Provence, il CRESSON, il laboratorio di architettura CNRS di Grenoble, la School of the Art Institute in Chicago (SAIC) e altri partners in giro per il mondo.

Il nucleo di Locus Sonus è caratterizzato da un forte interesse per natura multidisciplinare delle forme di arte radiofonica all’interno di spazi sonori interconnessi e multi-utente. Peter Sinclair – insieme a Jérôme Joy, è direttore di Locus Sonus per la ricerca. Peter è un artista che si occupa di media digitali e suono, professore e mentore al dipartimento di studi sonori presso l’École Supérieure d’Art di Aix en Provence, e membro del comitato scientifico per la ricerca del Ministero Francese per la Cultura presso il Dipartimento di Belle Arti.

Elena Biserna è una ricercatrice Italiana – e parte del team di autori di Digicult http://www.digicult.it/authors/elena-biserna/, i cui interessi di focalizzano principalmente sulle aree interdisciplinari della ricerca estetica, concentrando particolare attenzione su suoni espansi, pratiche contestuali, urbane, effimere e partecipative. Recentemente Elena è entrata a far parte del team di laboratorio di Locus Sonus ed ha lavorato a un progetto sulla costruzione di una cronologia e di un catalogo di progetti artistici che prevedono l’utilizzo di mezzi portatili (walkman, lettori MP3, radio portatili, computer basati sui sensori, telefoni mobili, applicazioni, media di localizzazione e GPS) dagli anni ’80 ad oggi.

Inoltre Elena ha recentemente preso parte all’evento Radiofonica http://radiofonica.org/ (Milano, 6 – 9 Novembre), una tre giorni organizzata da O’, curata da Alessandro Bosetti e Anna Raimondo in collaborazione con il Goethe-Institut Mailand. Per chi fosse interessato all’evento, è online su Digicult l’articolo di Marco Mancuso e un’intervista ai curatori http://www.digicult.it/news/italiano-radiofonica-la-radio-arte-milano-per-3-giorni-di-incontri-e-ascolto/.

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Quello che segue è il risultato di uno scambio d’idee con Peter ed Elena, che apre nuove prospettive sul meraviglioso mondo dello streaming audio, sulle pratiche sonore mobili e sui networks umani.

Donata Marletta – Ci puoi parlare della genesi e dei progetti principali di Locus Sonus?

Peter Sinclair – Locus Sonus è stato fondato nel 2005 in risposta ad una call per progetti di ricerca delle scuole d’arte, lanciata dal Ministero Francese della Cultura. Per Jérôme Joy, a quel tempo di base presso la Scuola d’Arte di Nizza (Villa Arson) e me (École Supérieure d’Art d’Aix- en-Provence), entrambi a capo di sound studios nei nostri rispettivi istituti, la call ha fornito la possibilità di creare un ambiente di sperimentazione all’interno del quale è stato possibile studiare il nascente settore della sound art da un punto di vista diverso da quello inteso dai corsi di arte visiva di stampo accademico. Jean Paul Ponthot, direttore di ESAAix, è stato molto disponibile nei confronti di questa iniziativa e così, fin dall’inizio, fu concepito come un’unità di ricerca o un laboratorio atto ad accogliere ricercatori post-laurea e artisti.

L’asse principale del laboratorio è il suono e il suo rapporto con lo spazio. In questo contesto siamo particolarmente interessati al modo in cui le tecnologie di trasmissione audio, diffusione e generazione possono modificare questa relazione e le potenzialità artistiche presenti in esso. Abbiamo trovato utile definire i due poli di quest’asse. Il primo è auditoriums (inteso da Locus Sonus come il modo in cui il pubblico condivide collettivamente un’esperienza di ascolto, ad esempio lo streaming, il file-sharing etc.). La seconda, sulla quale stiamo lavorando intensamente dallo scorso anno, è l’audio mobility, che considera gli spostamenti di un ascoltatore come un fattore che può generare o modificare la sua esperienza audio.

Donata Marletta – Quali sono le metodologie e le tecnologie applicate per il funzionamento del Centro?

Peter Sinclair – Locus Sonus pone al centro della sua ricerca la pratica artistica e la sperimentazione. Questa è accompagnata e supportata dalla ricerca teorica multidisciplinare che coinvolge filosofi, sociologi e teorici dell’arte come pure i ricercatori dei settori dell’acustica, psicologia percettiva e audio digitale. Locus Sonus organizza regolarmente convegni che hanno la peculiarità di essere molto specifici, in quanto la tematica di ogni edizione è definita dalle esigenze della sperimentazione pratica e multidisciplinare del laboratorio in continua evoluzione, in quanto invitiamo ricercatori provenienti da diversi settori e artisti che utilizzano tecniche differenti ad offrire la loro visione su una tematica specifica.

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Donata Marletta – In senso generale, qual è il focus principale delle mostre curate dal Centro? Ci puoi fare un paio di esempi delle mostre più significative prodotte da Locus Sonus?

Peter Sinclair – Le più significative opere presentate fino a ora si sono concentrate sull’uso dell’audio di rete e, più specificamente, il Locus Sonus Stream Project, che è una rete di microfoni aperti che trasmettono dal vivo al nostro server suoni ambientali catturati da diverse postazioni sparse in tutto il mondo. Noi forniamo la tecnologia e il supporto per questo progetto e i microfoni sono gestiti da una rete di artisti sonori e musicisti (o semplicemente da persone che sono interessate al progetto) che noi chiamiamo “streamers”. C’è sempre un accesso aperto al pubblico ai microfoni Locustream attraverso la mappa Locustream, una mappa online di Google in cui l’utente può fare clic su qualsiasi posizione corrispondente a un microfono e ascoltare in tempo reale il “paesaggio sonoro” catturato.

I flussi audio sono stati utilizzati per una varietà di progetti artistici, alcuni dei quali, come Locustream Promenade, vengono sviluppati in laboratorio. Locustream Promenade è un’installazione artistica composta da sonic beams (dischi parabolici dotati di altoparlanti e piccoli computer). Le parabole sono sospese nella sala di modo che il visitatore sente esclusivamente il suono del fascio quando lui o lei è posizionato direttamente sotto di esso. Ogni fascio esegue un flusso diverso proveniente dal Locustream Project. I suoni diffusi dal vivo sono composizioni provenienti da postazioni remote tramite Internet. Lo spazio in cui le parabole sono appese è collegato virtualmente a spazi geo-distanti. Muovendosi da un fascio all’altro il pubblico cammina attraverso finestre audio che si aprono su un paesaggio sonoro. Invitato a partecipare a questa esperienza l’ascoltatore diventa cosciente del mondo circostante in un modo nuovo, la percezione dell’ambiente audio locale risulta modificata.

Altri progetti sono prodotti da artisti associati. Un esempio recente è Reveil di Grant Smith, un live radiofonico 24 ore su 24 che trasmette i suoni dell’alba, trasmessa da una rete di audio streamers in tutto il mondo. Il primo soundCamp/REVEIL ha avuto luogo nel weekend del 3 – 4 Maggio 2014 presso lo Stave Hill Ecological Park a Rotherhithe. (http://self-noise.net/soundcamp/)

Un altro progetto importante, ma che ha avuto meno esposizione pubblica, è la creazione di un mondo virtuale o ambiente di gioco online e multi-utente, chiamato New Atlantis (basato su un romanzo del filosofo Francis Bacon e ambientato nel XVII secolo). L’ambiente virtuale, che è stato sviluppato in partnership con SAIC (School of the Arts Institute Chicago) ed ENSCI (École Nationale Supérieure de Création Industrielle), pone l’audio come il suo obiettivo principale – gli oggetti sono audio (prima di essere visuali), l’architettura virtuale risuona e interazione è auditiva. E’ il posto ideale per creare passeggiate sonore virtuali, per organizzare performance online e, soprattutto, per gli studenti di media in modo da sperimentare possibili relazioni tra animazione 3D e suono. Vi sono anche numerose presentazioni pubbliche dei progetti sviluppati da singoli membri del laboratorio.

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Donata MarlettaIn quanto centro di ricerca, quali sono i campi di ricerca e quali artisti vi interessano di più?

Peter Sinclair –Credo di aver risposto alla prima parte della domanda. Per quanto riguarda il tipo di artisti ai quali siamo interessati, non c’è nessun profilo specifico; infatti quando assumiamo artisti residenti o ricercatori tendiamo a ricercare una varietà di approcci. D’altro canto, abbiamo la tendenza a scegliere artisti/ricercatori i cui progetti riguardano specificamente lo stato attuale della nostra ricerca, e con i quali, a nostro avviso, possiamo progredire nelle nostre investigazioni.

Donata Marletta – Quale percorso formativo e professionale ti ha condotta a lavorare con Locus Sonus?

Elena Biserna – Il mio percorso, da alcuni punti di vista, non è stato lineare. Ho studiato lettere moderne e poi storia dell’arte contemporanea all’Università di Bologna ma, già dalla tesi di laurea, i miei interessi si sono rivolti al suono e all’ascolto. La mia tesi cercava di far dialogare la pratica e la teoria architettonica, quella artistica e quella musicale per tentare di esplorare la fenomenologia del rapporto fra suono e spazio nell’arte e nell’architettura contemporanea e di mappare questo panorama vasto, articolato e per sua natura ibrido attraverso delle “costellazioni”, delle linee d’azione che rendessero conto di alcune delle modalità operative ricorrenti in questo ambito della ricerca estetica.

Direi che questa prima “incursione” nell’universo del suono ha poi segnato anche i miei passi successivi. Ho subito iniziato un dottorato in Studi Audiovisivi all’Università di Udine concentrandomi, più nello specifico, sul cammino nello spazio urbano e sulle sound- e audio-walks. Anche se ho finito il dottorato nel 2012, non ho mai davvero abbandonato questo tema e, dopo una fuga a Londra e un’esperienza di insegnamento all’Accademia di Belle Arti di Bologna, ho sentito l’esigenza di tornare allo studio e alla scrittura e di riprendere da dove avevo lasciato.

È così che ho iniziato a ragionare sull’ascolto come strategia epistemologica mobile e ad articolare il mio attuale progetto di ricerca che esplora le relazioni fra ascolto, cammino e produzione sonora nello spazio urbano seguendo un approccio postdisciplinare e attingendo a vari campi d’indagine (storia e teoria dell’arte contemporanea, della musica, studi urbani e mediali, critical theory e culture uditive). Quando Locus Sonus ha lanciato una call per una residenza di ricerca sul tema “Audio Mobility” ho ovviamente risposto all’appello… e a distanza di un anno da quella application sono ancora qua!

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Donata Marletta – Qual è il tuo ruolo all’interno del team di Locus Sonus?

Elena Biserna – Sono arrivata ad Aix-en-Provence lo scorso gennaio per una residenza di 3 mesi assieme a tre artisti: Marie Muller, Laurent Di Biase e Fabrice Metais. Durante la residenza, abbiamo lavorato ai nostri progetti personali ma anche all’organizzazione del simposio Audio Mobility, l’ultimo di una più ampia serie di incontri internazionali che Locus Sonus organizza dal 2005: http://locusonus.org/w/?page=Symposium8.

Ora ho una borsa di ricerca post-doc e sto continuando a collaborare alle attività scientifiche e curatoriali di Locus Sonus attorno a questo asse di ricerca. Attualmente ci stiamo muovendo su due fronti, strettamente complementari: da una parte stiamo preparando una pubblicazione a partire dagli interventi e dai progetti presentati al simposio dello scorso aprile; dall’altra stiamo progettando e curando un nuovo evento meno accademico e più nettamente sbilanciato sulla presentazione di progetti artistici che avrà luogo il prossimo ottobre nel contesto di e-topie, una nuova biennale internazionale dedicata alle arti digitali a Marsiglia e Aix-en-Provence (abbiamo da poco lanciato una call, aperta fino al 7 dicembre: http://locusonus.org/w/index.php?page=MAF2015).

Ovviamente per me entrambi i livelli sono estremamente interessanti perché mi permettono di continuare la ricerca e, allo stesso tempo, di “praticarla”. Anche se ho una formazione accademica, la mia ricerca si è sempre nutrita di un dialogo molto stretto con gli artisti, attraverso collaborazioni, scambi e confronti, spesso a lungo termine. D’altra parte, la maggior parte dei miei progetti sono a loro volta nutriti dalla ricerca o sono il frutto di riflessioni teoriche o storiografiche. Da questo punto di vista, condivido pienamente l’approccio teorico-pratico di Locus Sonus.

Donata Marletta – In base alla tua esperienza qual è il ruolo dell’arte radiofonica nell’era della rivoluzione digitale?

Elena Biserna – Potrei passare il resto dei miei giorni a tentare di rispondere a questa domanda (e sicuramente fallirei!) perché, da una parte, la questione della “funzione” dell’arte è molto scivolosa e, dall’altra, perché tendo a riflettere sulle pratiche artistiche non tanto in virtù dei mezzi utilizzati (o meglio, considero il mezzo in termini di “dispositivo”), quanto in base alle pratiche, alle tematiche, ai concetti e ai processi che attivano. In generale, mi piace ragionare sull’ascolto nelle sue relazioni con le pratiche culturali, con la sfera quotidiana o con contesti e situazioni specifiche.

Quindi, per iniziare a rispondere alla tua domanda, mi piacerebbe utilizzare tre citazioni diverse sull’ascolto che, secondo me, ci dicono tanto sul suo potenziale.

Innanzitutto l’ascolto è apertura all’altro, è “una disponibilità permanente del soggetto che ascolta ad essere aperto nei confronti del discorso dell’altro, del suo gesto e delle sue differenze,” come ha scritto il pedagogista Paulo Frerie. Poi l’ascolto crea permeabilità, mette in vibrazione il sé con il contesto e con gli altri soggetti: per Steven Connor, “Il sé definito da un punto di vista uditivo invece che visivo è un sé immaginato non come un punto, ma come una membrana; non come un’immagine, ma come un canale attraversato da voci, rumori e musiche.” Per questo, come suggerisce Jean-Luc Nancy, l’ascolto ci mette in risonanza: “Il soggetto dell’ascolto, o il soggetto all’ascolto […] non è un soggetto fenomenologico, cioè non è un soggetto filosofico e anzi, in definitiva, non è forse un soggetto, ma il luogo della risonanza, della sua tensione e del suo rimbalzo infiniti, l’ampiezza del suo dispiegamento sonoro e la ristrettezza del suo simultaneo ripiegamento.”

Apertura all’altro, permeabilità, relazionalità e risonanza sono solo alcune delle condizioni create dall’ascolto, ma il loro potenziale mi pare già enorme…

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Donata Marletta – Ci puoi fare una panoramica dell’evento Radiofonica che ha avuto luogo a Milano allo spazio O’ lo scorso Novembre? Qual è stato il tuo contributo?

Elena Biserna – Per me Radiofonica è stata un’occasione unica di confronto con un panorama tutto italiano di ricerche che vertono attorno allo spazio radiofonico: dalle pratiche più propriamente imperniate sulla radio di Alessandro, Anna, Stefano Perna e Stefano Giannotti, a quelle di artisti che si sono confrontati più episodicamente con gli studi radiofonici (o per cui la radio è un mezzo fra i tanti) come Davide Tidoni, Attila Faravelli, Zimmerfrei, Riccardo Fazi e Laura Malacart. E poi i contributi di curatori, produttori, autori e teorici della radio: le indagini mediologiche di Tiziano Bonini, le esperienze di Audio Doc e Ad Alta Voce su Radio Rai 3, le produzioni nel campo della radio e dell’arte contemporanea di Radio Papesse, i progetti curatoriali fra radio e teatro di ricerca di Rodolfo Sacchettini, le riflessioni più teoriche di Leonardo Pisano e Lucia Farinati, la testimonianza di Pinotto Fava sul suo leggendario Audiobox… E’ stata una maratona radiofonica, un’occasione conviviale, un modo di re-incontrarci o conoscerci e per ragionare assieme attorno ad un tavolo. In più, un’apertura all’esterno con le sessioni di ascolto curate da Marcus Gammel e le ricerche di Irene Revell sull’Her Noise Archive e sulla compositrice radiofonica danese Else Marie Pade.

Io ho portato la mia piccola esperienza in radio con bip bop, un programma radiofonico mensile pensato come spazio espositivo che ho curato insieme a Rita Correddu e Alice Militello da gennaio a giugno 2013 su Radio Città Fujiko 103.1 Mhz in Fm | Bologna (http://bipbop.org/). E’ stata un’esperienza breve, ma che ha generato tutta una serie di riflessioni sulla spazialità e la temporalità della trasmissione radiofonica, sulla radio come dispositivo di display, sulla capacità della radio di essere presente al presente, di intervenire attivamente e da remoto in una situazione condizionandola e connotandola. Una delle cose che mi ha più colpito nella mia esperienza in radio è proprio questa porosità, questa relazione biunivoca tra spazio radiofonico ed esterno (che a un livello base riguarda il semplice fatto che la radio ti permette di entrare nelle case e nelle auto di chiunque si trovi sintonizzato sulla tua frequenza, e quindi di raggiungere l’ascoltatore).

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Nel mio talk ho ragionato su questi aspetti, anche attraverso alcuni esempi storici come Close Radio (una serie di trasmissioni radio sperimentali curata da John Duncan e Paul McCarthy su radio KPFK a Los Angeles fra il 1976 e il 1979) e alcune delle pratiche artistiche che hanno più lavorato sull’amplificazione delle interferenze fra radio e spazio esterno come Public Supply di Max Neuhaus (1966), De Grote Oto Derby di Willelm de Ridder (1978) o i progetti del collettivo tedesco Ligna


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