La nuova edizione di Digitalife è stata fondamentalmente “aritmetica” nel focalizzarsi sull’intersezione tra arte e scienza, che è alla base di tutte le arti digitali. Mi viene in mente una celebre frase di NAS, rapper, producer, attivista e attore statunitense: “Mathematics is God’s language, it’s in my blood. Art, music, letters and numbers”, che penso possa ben spiegare quali siano le sensibilità e gli orientamenti della ricerca contemporanea.

In questo senso Roma, sospesa tra tradizione e innovazione, tra passato, presente e futuro, si sta spingendo costantemente avanti per esplorare il terreno della multidisciplinarietà: arte, musica, scienza, ingegneria, tecnologia e design. Luca Bergamo, vicesindaco di Roma, ha voluto dare dunque un nuovo indirizzo alle attività culturali della capitale, che vedrebbero uno spostamento del perno del nascente Polo del Contemporaneo dal MACRO Testaccio all’Azienda Palexpo (abbandonando il contesto di architettura post-industriale dell’Ex Mattatoio che forse aveva fatto sperare davvero in un futuro diverso).

Per esporre opere di grandi dimensioni e con tecnologie assolutamente avanzate -selezionate da curatori, artisti, festival e fondazioni – il progetto Digitalife, ideato da Monique Veaute per Romaeuropa Festival e diretto da Fabrizio Grifasi, è sbarcato proprio al Palazzo delle Esposizioni con una complessa articolazione di architetture audiovisive e installazioni multimediali a cura di Richard Castelli.

Nello spazio centrale del piano terra dell’edificio, Jean Michel Bruyère / LFKs con Matthew McGinity, Delphine Varas e Thierry Arredondo invitano lo spettatore a fare un’esperienza immersiva tutt’uno con lo spazio, i suoni e le immagini. Un viaggio esplorativo per scoprire limiti, emozioni e percezioni del pubblico, grazie ad AVIE – Advanced Visualisation and Interaction Environment, ideato da Jeffrey Shaw e iCinema Centre.

Gli austriaci Granular – Synthesis, famosi anche per le loro straordinarie produzioni musicali, hanno ricreato uno spazio immersivo 3D – presentato precedentemente in 2D su 15 schermi posizionati in cerchio –, un universo audio-visivo che ingloba lo spettatore a 360° con diverse modulazioni di luce, colore e suono, ribaltando i concetti di spazio e tempo convenzionali.

Il collettivo russo AES+F presenta la terza parte del progetto The Liminal Space Trilogy, un’allegoria sacra in versione pop, che fa una riflessione dal carattere ironico e provocatorio sui concetti di religione e sugli stereotipi culturali. Le immagini video hanno una qualità scultorea, come se lo spazio stesso fosse plastico, coinvolgendo il pubblico all’interno del paesaggio virtuale in continuo cambiamento e ribaltando la percezione della realtà.

Anche l’installazione Instants of Visibility, dell’artista croata Ivana Franke, induce il pubblico a perdersi in uno spazio buio, caratterizzato dalla presenza di costruzioni cilindriche e tessuti trasparenti, attraverso i quali la luce si diffonde nello spazio sotto forma di punti luminosi che rimangono sospesi nell’aria. L’artista dà vita ad un cosmo fluttuante che stimola i nostri sensi e la nostra immaginazione, generando un’esperienza percettiva e multisensoriale.

L’installazione site specific Phosphor di Robert Henke è realizzata con luci ultraviolette che plasmano un landscape contemporaneo su uno strato di polvere di fosforo, posta sul pavimento del museo. Il paesaggio si trasforma incessantemente durante la durata della mostra; la luce ultravioletta lascia il segno sullo sfondo, quindici piccole sfere che “si muovono su una catena montuosa nello stesso modo in cui l’acqua eroderebbe i profondi canyon americani” come ha affermato Henke durante l’inaugurazione.

L’artista e ingegnere tedesco, talentuoso sperimentatore dei laser e co-inventore del programma Ableton live, crea software e produce strumenti per poter realizzare le sue installazioni e performance live, tra cui Lumiere III che ha presentato durante la preview di Digitalife al Teatro Argentina di Roma. Lumiere III, come nelle due edizioni precedenti, indaga nuovi modi di combinare suoni e laser, attraverso una performance dal vivo in cui l’artista manipola musica e immagini in tempo reale.

E’ un viaggio a tratti ipnotico che evoca la fantascienza retrò, partendo da “un passato remoto per arrivare a un futuro distante e impreciso” in cui i simboli sono gli elementi di un linguaggio che riconosciamo, ma non riusciamo a decodificare immediatamente. Altrettanto difficile da decifrare, in un primo momento, è l’immaginario iper-tecnologico e glaciale del collettivo giapponese Dumb Type, fondato nel 1984 dai celebri artisti tra cui Ryoji Ikeda e Shiro Takatani.

Presentato per la prima volta al Museo di Arte Contemporanea di Tokyo nel 2014, Memorandum or Voyage raccoglie i momenti più salienti degli spettacoli della compagnia (Or; Memorandum; Voyage), attraverso un montaggio che affianca alle immagini digitali inedite quelle di repertorio, con un risultato lontano dal video documentario, ma piuttosto vicino ad un’opera lirica e multisensoriale che dura diciotto intensissimi minuti.

Adriane Drake, direttrice e curatrice della Fondazione Giuliani, ha proposto a Digitalife una selezione di video – provenienti dalla Biennale de l’Image en Mouvement di Ginevra a cura di Andrea Bellini. Si tratta di dodici film – commissionati e prodotti dalla stessa Biennale – con un filo conduttore che è il rapporto verso sé stessi e verso l’altro (un’altra bella occasione per incontrare Andrea Bellini e vedere non solo una selezione di video non solo della Biennal de l’image en Mouvement di Ginevra, ma anche di Les Instants Vidéo di Marsiglia, insieme al suo storico direttore Marc Mercier).

Due giornate, il 25 e il 26 ottobre, sono state riservate ad un’iniziativa di Valentina Valentini e Milo Adami del Dipartimento di Musica e Spettacolo dell’Università La Sapienza – in collaborazione con Caterina Tomeo e l’ex Dogana di Roma. Tra i dodici artisti presenti Yuri Ancarani con il video The Challenge che mette in primo piano la società capitalista, dove i simboli della ricchezza e del potere diventano parte integrante della vita delle persone; Evangelia Kranioti e Emilie Jouvet con i video Obscuro Barroco e Aria, interamente girati con smartphone; Wu Tsang con il film sperimentale Duilian che si ispira ad un famoso romanzo, approfondendo la relazione tra la poetessa rivoluzionaria Qiu Jin e la calligrafa Wu Zhiying.

Infine il progetto KizArt, ideato da Nomas Foundation, riconsidera la video arte per i bambini di età compresa tra gli 0 e i 14 anni. Un’iniziativa che ha invitato ancora una volta artisti, critici e collezionisti – tra cui Francesco Arena, Alessandra Mammì, Stefano Sciarretta, Gabriele De Santis, Beatrice Bulgari, Maria Rosa Sossai – a scegliere un video che potesse essere adatto ai più piccoli: rispettivamente Reel-Unreel di Francys AlysLa Longue marche du caméléon di Idrissa OuédraogoFuture perfect di Miri SegalPlay dead di Douglas GordonThe guardians di Adrian PaciSpeak easy di Marinella Senatore (consigliato dalla stessa artista), Boing di Patrick Tuttofuoco.

Secondo la co-fondatrice della Fondazione, Rafaella Frascarelli, “I nativi digitali hanno tante opportunità, ma corrono anche molti pericoli, il rischio è che la cultura digitale diventi una sorta di paracadute”. Per questo è fondamentale ripensare gli strumenti per costruire un vocabolario artistico dei più giovani.

Digitalife si concluderà il 2 dicembre con una giornata dedicata alla performance anche quest’anno a cura dell’Istituto Sant’Anna di Pisa. Il Professor Massimo Bergamasco presenterà insieme al performer Stelarc un progetto incentrato sul rapporto uomo – macchina, sulla robotica, sul corpo e gli ambienti virtuali, sulle protesi utilizzate per realizzare installazioni multimediali.

Al #closingRef17 parteciperanno anche gli artisti Julia Krahan con la performance L’oblio, Invernomuto con Menelikke, Danilo Rea e Alex Braga con il live media Cracking Danilo Rea, che si interroga in particolare sulle nuove forme di intelligenza artificiale e su quale sarà il loro ruolo nel futuro, se esse si sostituiranno totalmente all’uomo o saranno nuovi strumenti da poter sperimentare in ambito artistico.

Un’azione performativa coinvolgente, dove una presenza virtuale – realizzata grazie alla collaborazione con la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma Tre – catturerà l’improvvisazione musicale di Rea trasformandola in impulsi e videoproiezioni che Braga orchestrerà in tempo reale.


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