Taipei Fine Arts Museum – Taipei, Taiwan
21 / 11 / 2020 – 24 / 03 / 2021

Presentata dal Taipei Fine Arts Museum (TFAM), con la CTBC Foundation for Arts and Culture come sponsor principale e la LUMA Foundation come sponsor, la 12a edizione della Biennale di Taipei sarà aperta al pubblico dal 21 novembre 2020 fino al 14 marzo 2021. La biennale, che esporrà una serie di opere impattanti di 57 partecipanti/gruppi provenienti da 27 paesi e regioni del mondo, è co-curata dal filosofo francese Bruno Latour e dal curatore indipendente francese Martin Guinard, insieme alla curatrice indipendente taiwanese EvaLin per quanto riguarda i programmi pubblici.

La biennale, dal titolo You and I Don’t Live on the Same Planet, mira a mettere in discussione le attuali e continue tensioni geopolitiche e la crescente crisi ambientale esaminando le nostre differenze e influenze a livello planetario. Come hanno commentato Latour e Guinard: “C’è sempre maggiore disaccordo su come mantenere abitabile il mondo, non solo per via delle opinioni politiche divergenti ma più che altro perché non sembriamo essere d’accordo su ciò di cui la terra è fatta. Qualcuno oggi potrebbe anche pensare che la terra sia piatta! È come se ci fossero diverse versioni della terra con caratteristiche e capacità così differenti da essere come pianeti distintivi, il che comporta una divergenza nel modo in cui ci si sente, ci si comporta e si prevede il futuro.”

La biennale propone un “planetario” immaginario all’interno del museo, in cui gli artisti, attivisti e scienziati invitati esploreranno le tensioni tra l’attrazione gravitazionale di vari “pianeti”. Ciascun pianeta simboleggia una versione divergente del mondo, non solo in termini di rappresentazione ma anche in termini di materialità. Il planetario include: un pianeta per gli eterni progressisti nonostante i confini planetari (pianeta Globalizzazione); un pianeta per chi si sente tradito dalla globalizzazione e di conseguenza vuole erigere muri per isolarsi (pianeta Sicurezza); un pianeta per i pochi privilegiati che vogliono trasferirsi su Marte per sfuggire all’apocalisse (pianeta Fuga); un pianeta per chi non può permettersi un viaggio così costoso ma piuttosto cerca rifugio in un ambiente intriso di credenze metafisiche (pianeta con Gravità Alternativa); e infine uno per coloro che si preoccupano della situazione climatica e cercano di ristabilire l’equilibrio tra il mantenimento della prosperità e il rispetto dei confini planetari (pianeta Terrestre).

Le chimere robotiche dell’artista indigeno messicano Fernando Palma fungeranno da preludio e si muoveranno in varie direzioni all’ingresso, ponendoci di fronte a queste ambigue figure Nahua composte da materiali elettrici e da costruzione, in cui l’elettricità è la forza vitale che permette di lavorare per fluire. L’opera incarna una tradizionale concezione Nahua secondo cui l’essere umano può stabilire un rapporto simbiotico reciprocamente vantaggioso con l’ambiente circostante quando si rende conto che ogni cosa ha una “personalità”.

Planet Globalization prende forma dai sogni della modernizzazione, che continua ad attrarre la gente nonostante il cambiamento climatico e le crescenti disuguaglianze. L’artista francese Franck Leibovici e il consulente legale Julien Seroussi affrontano questioni di giustizia internazionale con il muzungu. Basando le loro ricerche su un caso arbitrato dalla Corte Penale Internazionale dell’Aia, hanno elaborato metodologie sperimentali per i professionisti legali in un’installazione di esposizione d’archivio. Le guide per il progetto vengono appositamente reclutate per essere mediatori in loco, aiutando i visitatori a riordinare i materiali probatori, facendo scaturire nuove argomentazioni dalle immagini e generando così nuovi dibattiti sul caso dal loro punto di vista.

Planet Globalization sembra avere poco effetto su coloro che si sentono ingannati dall’attuale sistema economico e che hanno bisogno di nascondersi dietro le mura del loro stato nazione per sentirsi protetti nella sicurezza del proprio pianeta. Questo pianeta si è sviluppato a causa di figure come l’ex capo stratega di Donald Trump, Steve Bannon, che ha manipolato le paure di alcune persone in numerosi documentari e ha imposto una profonda divisione a coloro che vogliono costruire un mondo comune. Jonas Staal presenta una retrospettiva del lavoro di Bannon analizzando metodicamente i meccanismi della propaganda di estrema destra negli Stati Uniti. Anche a Taiwan il concetto di “sicurezza” è un tema attuale in costante revisione e discussione, che l’artista Chin Cheng-Te e i suoi collaboratori esplorano nel loro progetto. Ispirati dal background militare e storico di Shilin e Beitou a Taiwan, presenteranno Making Friends/Fire. L’opera è composta da varie installazioni e manufatti, basati sui bunker e sugli apparati di difesa costruiti a Taiwan durante il periodo della guerra fredda, mostrando anche come il regime abbia attuato le misure di sorveglianza per mantenere l’integrità del suo governo.

Planet Escape esplora il desiderio di un piccolo numero di persone privilegiate che vorrebbero lasciare la Terra e colonizzare Marte o costruire un bunker nella profondità del terreno che non sarà influenzato dal cambiamento climatico. Con il suo lavoro Corrupted Air-Act VI, l’artista olandese Femke Herregraven ci invita in un bunker di sopravvivenza, un’immaginaria “panic room” in caso di catastrofe. Tracciando le statistiche relative ad obbligazioni legate alla catastrofe, ai tassi di mortalità umana e all’estinzione ecologica, l’artista ha prodotto visualizzazioni di dati,
rilievi paesaggistici, suoni e immagini visive, offrendo una profezia sul futuro dell’ “Ultimo Uomo”.

Planet Terrestrial cerca senza sosta il modo di raggiungere la prosperità rimanendo entro i limiti dei confini planetari. Yung-Ta Chang ha trasformato la sua esperienza di residenza a Taroko Gorge nel centro di Taiwan, dove le dinamiche geografiche come terremoto, frana, erosione e agenti atmosferici sono particolarmente attive, in un’installazione che esplora la Critical Zone, il sottile film sulla superficie della Terra dove roccia, aria, fauna e flora interagiscono per creare le condizioni di vita. Parte dell’installazione si ispira a una serie di strumenti scientifici che replicano un insieme di meccanismi che influenzano l’erosione, creando una fabbrica di “micropaesaggi”. Arts of Coming Down to Earth, presentata da Stéphane Verlet-Bottéro con Margaret Shiu e Ming-Jiun Tsai, mapperà metodicamente la causalità ecologica della Biennale di Taipei 2020 e cercherà di comprendere l’esistenza materiale della mostra in termini di emissioni di CO2. L’esercizio si sviluppa in una comprensione collettiva della necessaria trasformazione delle istituzioni culturali verso la convivialità multispecie e la sostenibilità radicale. In collaborazione con l’Ufficio di Ingegneria Geotecnica del Comune di Taipei, TFAM si è impegnata nei prossimi anni a rigenerare una vasta area di terreno a Taipei, focalizzata sulla protezione della biodiversità.

The School of Mutants, di Hamedine Kane, Stéphane Verlet-Bottéro e Nathalie Muchamad con Olivia Anani e Lou Mo, è impegnata in un’indagine in corso sulle rappresentazioni del futuro del continente africano, con particolare attenzione all’architettura post-indipendenza in Africa e alle utopie politiche in Senegal. Ispirata da un incompiuto progetto di cooperazione transnazionale tra Taiwan e l’Africa occidentale negli anni 90, l’installazione include materiali d’archivio, una videoinstallazione a 3 canali e un’opera sonora composta da found media (materiali persi nel tempo e successivamente ritrovati) e frammenti di discorsi politici in dialetto taiwanese e senegalese.

Planet with Alternative Gravity suggerisce la strana forma di geopolitica con cui dovremmo essere in sintonia per percepire l’allineamento dei pianeti, nell’ipotetico caso in cui vivessimo su pianeti diversi. Attraverso la loro nuova installazione video Mass, June Balthazard e Pierre Pauze esplorano il dibattito della fisica contemporanea sulla materialità del mondo, con due reali fisici di prestigio che discutono sul fatto che per alcuni lo spazio è vuoto, mentre per altri, il vuoto non esiste e la sostanza che lo riempie è probabilmente il collegamento che unisce tutto ciò che esiste nell’universo. Come nota conclusiva, Moving earths, un video della performance di docente offerta da Latour, esplora i paralleli esistenti tra due prospettive sul movimento della Terra: la prospettiva ideata nel 1610 da Galileo Galilei e quella contemporanea di James Lovelock, il quale ritiene che la Terra reagisca all’azione Umana, come formulato nell’Ipotesi Gaia.

In conclusione alla biennale, il museo presenterà una serie di Public Programs che rappresentano i momenti in cui diversi pianeti entrano in collisione. I programmi iniziano con il Teatro delle Negoziazioni, una messa in pratica delle “tattiche diplomatiche e politiche” che costituiscono il cuore del concetto proposto dalla biennale. Studenti e ricercatori della Taiwan Science, Technology and Society Association e di cinque università si impegnano nel gioco di ruolo e rappresentano le diverse parti interessati (lobbisti, avvocati, le ONG, politici locali ecc.) riuscendo a dibattere su diverse controversie sociali che esistono nella Taiwan di oggi, quali l’emergenza climatica, i rifiuti radioattivi, la sicurezza alimentare, l’energia rinnovabile e persino la fecondazione assistita. Il programma tenta di creare format pedagogici che permettono di riunire in una stessa stanza persone di opinioni diverse, affinché possano negoziare. Compass Workshopporta i partecipanti a riorientarsi, a esplorare le loro affezioni e a cercare il proprio margine di manovra per provocare cambiamenti nella vita quotidiana. Il Wild Trail to the World, consiste in 3 giorni di workcamps con escursioni in compagnia di cacciatori, oceanografi e antropologi. Il team interdisciplinare porterà i partecipanti a utilizzare le percezioni corporee per dipingere una terra che attraversa i confini delle mappe e immaginare una nuova via d’accesso.

Il programma di film curato da Grégory Castéra e Erika Balsom proietterà, durante la biennale, una selezione di 18 film. Dal titolo Shoreline Movements, il programma affronta la soglia tra terra e acqua non solo come ambiente materiale, bensì anche come una metafora provocatoria per le incertezze e i conflitti dell’esistenza materiale. Questa sezione non è un “pianeta” di per sé, si occupa piuttosto di affrontare una serie di temi che influenzano le esplorazioni della biennale su come molte persone non sembrino più condividere un mondo, pur sentendo il bisogno di confrontarsi l’uno con l’altro per evitare danni ulteriori.

“Devastati dalla pandemia, ci rendiamo conto che possiamo controllare poche cose e che non abbiamo più il privilegio di dominare ciò che accade nel mondo. Siamo riusciti ad aprire la Taipei Biennal, ma non dovremmo considerarlo solo un evento, bensì anche un’opportunità per sforzarci di riesaminare la realtà umana e la situazione esistenziale” ha ribadito Ping Lin, direttore del Taipei Fine ArtsMuseum.

Per inaugurare i dinamici programmi della biennale, verrà messa in scena una performance di Saunter in the Air, in cui chi si esibisce rileva la qualità dell’aria per mezzo di dispositivi indossabili; un simposio della durata di mezza giornatariunirà curatori, artisti e studiosi famosi a livello locale e internazionale per esprimere le loro prospettive sul tema di quest’anno. Il Children’s Art Education Center del TFAM, situato sul piano interrato, presenterà nel mese di dicembre il suo undicesimo progetto Satellite 11: Planet BioTa, il quale assomiglia a un satellite che orbita attorno a “Taipei Biennal 2020”.


Link: www.taipeibiennial.org