La mostra di Janek Simon ricompone e decodifica 15 anni del lavoro dell’artista organizzando le sue svariate, e quasi troppe, come afferma lui stesso, preoccupazioni: dalla geopolitica, all’intelligenza artificiale passando per le speculazioni finanziarie e strategie fai da te, fino alla teoria post-coloniale.
Synthetic Folklore solleva la questione del se e come l’intelligenza artificiale possa proteggerci dalle trappole dell’omogeneizzazione, della xenofobia e dell’essenzialismo. Con l’ausilio, tra le altre cose, di mescolanze di gerghi popolari universali generati da intelligenze artificiali, una collezione di dipinti recuperati da un cimitero di navi in India, una visualizzazione del bilancio nazionale polacco, o una casa psichedelica della sua infanzia, la retrospettiva segue i sentieri di Janek Simon, presentando in modo molto esaustivo per la prima volta, le sue affascinanti opere e la sua vita. Aprirà al pubblico in data 22 febbraio.
La mostra può essere vista, letta e vissuta su più livelli: come un viaggio, un saggio, un algoritmo, o un’immagine astratta. Si apre con l’omonimo mondo del folklore sintetico, in cui troviamo sculture di forme etniche incollate insieme e mosaici, i cui modelli astratti generati da algoritmi che combinano motivi provenienti da India, Africa, Sud America, Europa e Polonia.
Un’altra serie di opere riguarda la circolazione globale e lo sfruttamento eccessivo della materia, la migrazione di beni elettronici attraverso il mondo: dalla loro origine alla “silocon valley” cinese di Shenzhen, dove sono stati prodotti gli iPhone, alla loro inevitabile fine all’Alabama e-junkyard di Lagos, in Nigeria, c’è anche il luogo di nascita del cinema Nollywood.
Molte opere affrontano creativamente vari aspetti della storia polacca, come il progetto 1985, con il suggerimento che il comunismo in Polonia si è concluso con l’avvento della vendita ambulante, dei nastri video, della TV satellitare e della liberalizzazione economica.
La serie The Sea presenta le aspirazioni coloniali polacche represse, tornando oggi con il sogno di egemonia regionale, vie fluviali interne, e l’idea di Intermarium. La mostra include inoltre una sala “psichedelica” sul modello di una casa estiva per l’infanzia costruita con un calcolatore attrezzato che offriva risultati alterati, con pani robotizzati che strisciano sul pavimento.
La retrospettiva ripercorre i percorsi di Janek Simon, presentando, per la prima volta in modo esaustivo, la sua affascinante opera e la sua vita, guidata, come queste ultime, da curiosità, erudizione e amore per l’avventura, e sostenuta di volta in volta da istituzioni come il Centro d’Arte Contemporanea del Castello Ujazdowski, per il quale è stato allestito.