Buey Arriba è un centro abitato agricolo composto da una collina, un villaggio ai suoi piedi dove passa una corriera al giorno, una strada principale che attraversa il villaggio e che costeggia campi, un piccolo fiume sulle cui rive, a qualche chilometro di distanza dal centro abitato, si installa una piccola fiera ogni domenica. Siamo nella provincia di Bayamo, capitale dello stato di Granma, in una delle regioni più orientali di Cuba, esattamente nel cuore della Sierra Maestra, quella dove i guerriglieri di Castro, Guevara e Cienfuegos combattevano l’esercito di Batista nel 1957-59, oggi enorme parco montano tropicale che tocca gli stati di Guantanamo, Santiago e il già citato Granma.

Questo minuscolo centro abitato è anche, contro ogni aspettativa, un centro di produzione multimediale e spazio di formazione e aggregazione sociale. Qui infatti, proprio sulla cima della collina, è installata la sede della Television Serrana, network indipendente che produce da dieci anni film e documentari low budget per e con il sostegno delle comunità montane e campesine della zona.

Incontro il direttore della televisione Isael Martinez e la videomaker Kenya Rodriguez su una piattaforma costruita sulla collina, a picco su un fiume la cui valle si perde in lontananza tra le montagne. La piattaforma è l’unica modifica apportata dal “Collettivo della Television Serrana” – come i redattori stessi si fanno chiamare – al preesistente edificio del corpo forestale in cui è stato poco a poco dal 1993 montato lo studio dell’emittente: è lo spazio in cui ci si riunisce per brainstorming, discussioni, riflessioni collettive, momenti di distacco dal lavoro.

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La storia dell’emittente è semplice: poco più di dieci anni fa, nel 1993, Daniel Diez Castrillo, un produttore televisivo inquadrato nel sistema televisivo nazionale cubano (ICRT), decide di lasciare L’Avana per lavorare a Oriente. Erano gli anni del Periodo Especial , la durissima crisi economica che fa seguito alla caduta dell’Impero Sovietico e ai suoi aiuti al regime di Fidel: come raccontavano i Van Van nelle loro canzoni, gli anni in cui specialmente all’Avana si soffrivano fame e malessere esistenziale a causa della povertà estrema: “Nadie quiere a nadie/ y se acabo el querer” (“Nessuno vuole più bene a nessuno e finisce l’amore”, finisce cioè il senso comunitario di cooperazione lasciando il posto alla miseria individualista). Diez decide di andare a Oriente e di fare un esperimento con le comunità che vivevano nella Sierra Mastra: imparare a fare il cinema in forma collettiva, produrre film e documentari che raccontassero la storia e l’identità della gente di quelle zone, costruire una forma di comunicazione partecipata lontana dalla capitale.

Da allora l’emittente lavora tra le montagne, inizialmente con un piccolo sostengo economico dell’UNESCO che gli ha permesso di comprare alcuni strumenti, e ora ufficialmente coinvolta nella televisione educativa nazionale ma ufficiosamente auto producendosi, auto sostentandosi e senza intrusioni governative sui contenuti.

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Un piccolo studio di produzione, che ora è l’ufficio di 40 persone, molte delle quali si sono formate, diventando registi e produttori, partecipando ai progetti documentaristici realizzati tra le comunità locali per raccontarne le storie: contadini che devono fare 30 km di sentieri di montagna al giorno per andare a studiare o lavorare fuori dal parco della Siera Maestra, i bambini che vanno a scuola, i villaggi di montagna, la storia rivoluzionaria sempre presente – specie nelle regioni orientali – come una cartolina da mostrare orgogliosi ma anche come una storia condivisa di cui essere consapevoli in forma critica, lontani dalla decadenza “capitalista” dell’Avana e dal racconto che da fuori viene fatto della realtà cubana.

La gente delle comunità ha imparato a convivere con le telecamere della Television Serrana – davanti e dietro – che ha raccontato in forma quasi sociologica storie, abitudini e tensioni di questa fetta di mondo lontana da tutto e nello stesso tempo unita in un network comunicativo che permette di sentirsi parte di un vissuto condiviso.

Durante i primi anni – spiega ancora Martinez – si producevano i video con una telecamera analogica; i membri del progetto riversavano e montavano tutto il lavoro su VHS e dopo aver trasportato un televisore e un lettore VHS nella casa comunitaria del piccolo villaggio serrano (l’unica costruzione ad avere la luce due ore al giorno, centro di socialità dell’intera comunità) facevano vedere i risultati a bambini e campesinos, che si riconoscevano nelle storie dei loro vicini di qualche valle più a est o a nord, dispersa in mezzo alla selva tropicale.

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Il metodo, che ha portato il collettivo/produttore dell’emittente ad allargare il consenso e anche la base di appoggio lavorativa, coinvolgendo nella produzione gli abitanti delle stesse comunità che nel tempo si sono convertiti in editor, montatori, operatori, direttori della fotografia e registi, ha iniziato a funzionare anche con altre realtà geograficamente lontane.

Uno dei progetti principali della Television Serrana è infatti anche quello dell’educazione all’uso delle tecnologie audiovisive in forma comunicativa: insegnare ai bambini delle scuole della zona che la loro realtà quotidiana è molto simile a quella di bambini della stessa età che vivono, ad esempio, in Guatemala. Attraverso l’uso di internet e di una webcam i bambini conoscono i loro coetanei delle realtà contadine guatemalteche. O anche, conoscono la realtà di altri paesi facendo visioni collettive dei documentari che il collettivo serrano va a girare, come inviato partecipante durante missioni internazionali mediche cubane ad esempio, in diversi paesi dell’america latina.


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