Proseguiamo e concludiamo con questo articolo la lunga chiacchierata con Marc Garret e Ruth Catlow, personaggi che non hanno bisogno di alcuna presentazione nell’ambito del networking e delle mailing list di riferimento sulla new media art internazionale.

Animatori di moltissime discussioni in Rete, anche ma non solo attraverso iloro canale NetBehavoiur, e promotori di altrettanti progetti di networking artistico e attivista da più di dieci anni con il loro progetto Furtherfield.org, Marc Garret e Ruth Catlow ci hanno già regalato un loro testo di riflessione e teoria sulle attività di condivisione artistica, che abbiamo pubblicato nello scorso numero di Digimag 33 – Aprile 2008. Con la promessa di rispondere a una nostra intervista, promessa cortesemente mantenuta in questo numero.

Per tutti coloro che hanno perso l’articolo, l’invito è di andare a riprenderlo: in questa sede non mi dilungherò in parole di introduzione, vista anche la corposità dell’intervista. Il testo che segue è quindi un lungo excursus nella loro attività artistica, nel loro pensiero, nelle loro esperienze. Un percorso, quello di Furtherfield, senza alcun dubbio fondamentale, come quello di pochi altre progetti analoghi in Rete e sulla Rete. Un progetto che abbiamo finalmente l’onore di ospitare su Digicult, come quei rari momenti in cui il confronto critico raggiunge quel momento di serena distensione professionale, in cui confrontarsi non è mai stata attività più bella…

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Marco Mancuso: Come e quando è partito il progetto Furtherfield ormai più di dieci anni fa?

Marc Garret & Ruth Catlow: Furtherfield ha iniziato la sua via a Backspace ( http://bak.spc.org ), un cyber-lounge informale sul Tamigi vicino al London Bridge, esistito tra il 1996 e il 1999. Abbiamo tutti quanti condiviso lo spirito del free-networking, la collaborazione e la passione per Indymedia nonchè lo scambio su sistemi di peer, che abbiamo noi stesso promosso ed esplorato fino ad oggi come Furtherfield. Backspace come framework creativo, ha ispirato molti individui e gruppi nell’ambito della Net Art, della Media Art e dell’attivismo tecnologico.

Marco Mancuso: Sembra che voi guardiate ad Internet come un vero e proprio territorio per il networking, per la collaborazione e la condivisione. Per voi, una forma d’arte è creata sulla base proprio delle dinamiche di networking che la alimentano. In questi termini, siete stati per molti anni interessati alle forme d’arte create per lo strumento Rete, come la Net Art ovviamente. Cosa mi potete dire di questo e quale è stata per esempio la vostra esperienza con il progetto DIWO?

Marc Garret & Ruth Catlow: Sì, noi siamo stati interessati a progetti artistici creati espressamente per la Rete e abbiamo fatto uno sforzo notevole per recensire progetti di Net Art su Furthefield per tanto tempo, e lo continueremo sicuramente a fare in futuro. Siamo al contempo sempre stati interessati in coloro che creano lavori che però non appartengono ad alcun framework artistico ufficiale e che non si riferiscono e non emergono da alcuna cultura egemonica. Net Art è una di quelle forme di creatività che trova la sua espressione più forte quando si connette attraverso le differenze culturali, i background e le specializzazioni; in special modo quando connette e attiva artisti e pubblici in modi assolutamente nuovi. E’ sicuramente una forma d’espressione artistica che si sta ancora assestando nel mondo dell’Arte e delle sue istituzioni.

Molti dei progetti di Furtherfield arrivano dall’esperienza di utilizzo di Internet e fanno lo sforzo di comprendere più a fondo la natura di nuove tipologie di connettività, di osservare i processi e i comportamenti di altri artisti e network digitali così come i contesti sociali che si sono evoluti. Come una community condotta da artisti, con un’attitudine D.I.Y. verso la tecnologia, è cosa naturale per noi condividere informazioni e collaborare, by-passando molte delle strutture e delle gabbie culturali più tradizionali. Per questa ragione condividiamo un certo impulso artistico con movimenti come Fluxus o il Situazionismo, così come la cultura D.I.Y. della prima Net Art.

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Vediamo che le collaborazioni offrono una vera alternativa al coltivare la creatività individuale. Questo non vuol dire che le forme d’arte individuali non sono interessanti o valide, ma pensiamo che fuggire dalla restrizione del “genio individuale” possa provocare una serie di cose interessanti che trascendono il singolo ego e provocano una più ampia e nutriente esperienza con l’arte. Noi sentiamo che molte persone possono imparare dalla collaborazione, in tutti i campi della vita: e pensiamo che la Media Art e Internet sono solo un luogo possibile dove queste collaborazioni possono avvenire.

Rispetto alla tua domanda riguardo al progetto DIWO: la nostra esperienza con il progetto è stata molto positiva e altri gruppi da tutto il mondo lo hanno usato per la loro pratica artistica in attività collaborative, collettive e di gruppo, cosa altrettanto positiva che non ci aspettavamo potesse succedere. Noi volevamo vedere se le persone erano veramente interessate a collaborare le une con le altre. Per questo motivo abbiamo iniziato il progetto di E-Mail Art DIWO per gli iscritti della mailing list NetBehaviour ( www.netbehaviour.org ) chiedendo agli utenti se fossero interessati a fare parte del progetto. Circa un centinaio di persone presero effettivamente parte ma abbiamo anche invitato persone dall’esterno della lista. ‘Do It With Others (DIWO) E-Mail-Art’ ( http://www.netbehaviour.org/DIWO.htm ) è stato quindi sviluppato da un sentimento Do It Yourself tipico della prima Net Art, che usava la prima Internet come medium di sperimentazione artistica e sistema di distribuzione, così come elemento di riflessione sulla cultura attivista.

Dal Febbraio al Marzo del 2007, contribuirono circa 90-100 persone, mandando i loro lavori alle lista e remigando i lavori di altri. I partecipanti lavorarono attraverso differenti latitudini, distanze geografiche e culturali con immagini, audio, testi, codice e software: lavorarono per creare flussi di dati artistici, istruzioni e proposte, in relazione tra loro allo scopo di produrre senso. Tutti gli artisti e i partecipanti a DIWO furono anche invitati a co-curare la mostra presso la galleria HTTP di Furtherfield: avevamo a questo scopo messo una webcam così che i co-curatori potessero condividere e esprimere la scelta di come i loro lavori artistici dovessero essere presentati nello spazio. Il modo in cui i curatori di Internet comunicavano era attraverso una chat room chiamata Gabbly. La mostra in sé ebbe quindi un gran successo, specialmente con il nostro pubblico locale ( http://www.http.uk.net/docs/exhib12/exhibitions12.shtml ).

Abbiamo avuto infine un networking party ( http://www.furtherfield.org/diwo_networking.php ), che funzionò come naturale estensione del progetto DIWO. Chiamato ‘Don’t just Do It Yourself (DIY) Do It With Others (DIWO)’ si tenne nel nostro spazio nell’Ottobre del 2007.

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Marco Mancuso: come lavorate sui vari progetti? Da dove vengono le idee e collaborate anche con altri artisti? Normalmente seguite anche delle residenze d’artista, quindi quale è la vostra esperienza con loro? E quale il feedback dai vostri utenti online?

Marc Garret & Ruth Catlow: Il nostro commune approccio consiste nell’essere giocosi, sfidando le gerarchie esistenti e gli atteggiamenti dall’alto verso il basso. Questo modo di pensare può essere paragonato a un vero e proprio hacking culturale, dato che utilizza le stesse strutture mentali. Per noi il mondo è il nostro medium, non solo la tecnologia. La tecnologia per noi è solo un altro medium, un ingrediente parte di un sistema più grande. Siamo pensatori relazionali che interpretano il tutto come fatto di luoghi in movimento in un network libero, con attenzione a come le cose si connettono le une con le altre. Lavoriamo con l’arte, la tecnologia, i contesti sociali e le forme alternative di espressione che esistono sul confine tra differenti pratiche e culture.

Collaboriamo quindi non solo sui nostri progetti ma anche con altre persone. Un buon esempio è il progetto NODE.London ( www.nodel.org ) che abbiamo iniziato nel 2006. Un progetto collaborativi che ha incluso un festival, delle conferenze e degli eventi che coinvolgevano tutti coloro che volevano essere parte di un’attività di media art attorno a Londra e oltre. NODE London è stato ed è un esperimento sulle strutture e sugli strumenti di cooperazione, inventati o riadattati da artisti, attivisti e tecnologi, molti (ma non tutti) dei quali connessi all’idea della scambio sociale attraverso la loro pratica. Nel Marzo del 2006 furono raccolti circa 150 progetti di media art, organizzati in oltre 40 locations che spaziavano da mostre, installazioni, proiezioni, eventi partecipatori, performance e altri….

Marco Mancuso: Uno dei vostri progetti più conosciuti è il Visitors Studio. Lo adoro, in termini di piattaforma per lo scambio di contenuti multimediali allo scopo di essere remixati e ricreati da artisti per performances in tempo reale. Mi vorreste raccontare qualcosa di più riguardo questo progetto, riguardo gli eventi live che ne nascono e quale è il feedback che ricevete dalle communities?

Marc Garret & Ruth CatlowI progetti di mail art degli anni Settanta e Ottanta evidenziarono il comune dissenso degli artisti Fluxus per la distinzione tra arte “alta” e “bassa”, e un disdegno per quello che loro vedevano come una chiusura del mondo dell’arte “alta”. Essi molto spesso attivavano le cosiddette “open calls”, magari a tema, in cui tutti i lavori sottoposti erano mostrati e catalogati. Come la Mail Art , anche Visitors Studio ( http://www.visitorsstudio.org ) è relativo alla comunicazione tra artisti e non solo, al condividere idee ed esperienze da tutto il mondo. E’ un arena multi utente, in tempo reale per un dialogo creativo da molti a molti, per interviste, performance e polemiche collaborative. Un nostro collaboratore è Neil Jenkins, che ha lavorato come programmatore dell’interfaccia di Visitors Studio.

E’ uno strumento semplice ed accessibile, che consente agli utenti l’upload, la manipolazione e il collage dei propri file audiovisivi con quelli di altri, allo scopo di remixare il tutto in qualcosa di nuovo. E’ un’esplorazione di creatività collettiva per artisti conosciuti ed emergenti, provenienti da diversi contesti geografici e sociali. I partecipanti possono uploadare file sonori e immagini in movimento su un database condiviso, chattare, organizzare e promuovere le proprie performances condivise, le quali possono poi essere registrate, archiviate, classificate, downloadate e ridistribuite. VS ha oggi una vasta community di utenti che lo usano regolarmente.

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Ci sarebbero molti esempi di collaborazioni artistiche da menzionare all’interno di Visitors Studio, ma una che è da ricordare è il progetto del 2004 chiamato Dissention Convention
(http://www.furtherfield.org/dissensionconvention). In questa occasione l’evento Visitors Studio venne programmato presso la Postmasters Gallery’s RNC NODE, che lavorò come nodo fisico per una programmazione pubblica ad-hoc, attraverso un sistema di performance di protesta online e in real time nonché di distribuzione di news alternative. Tutti i flussi online, vennero anche inviati ai bar locali e alle proiezioni dalle finestre in modo che, durante la Convention Repubblicana a New York, quasi 20 net artisti internazionali diffusero una vera e propria polemica artistica focalizzata su come Bush e i Repubblicani influenzassero negativamente ogni localismo in giro per il mondo.

Marco Mancuso: Da un progetto come Furthertext.org a quello Furtherfield Blog. Quale è la vostra esperienza con la scrittura collaborativi sulla Rete? Come è cambiata negli ultimi anni, come si sta sviluppando il fenomeno dei blog e quale potrebbe essere il suo potenziale in futuro? Come si sta analogamente modificando il sistema dell’informazione e in generale della condivisione di informazioni e idee? .

Marc Garret & Ruth Catlow: Queste sono domande interessanti. Rispetto al progetto Furtherfield blog ( http://blog.furtherfield.org ), noi volevamo creare uno spazio online per coloro che operano nella media art allo scopo di riflettere senza sentire la pressione dei testi ufficiali, finiti, promozionali. Avevamo realizzato che non esistevano effettivamente molti luoghi online in cui ci potevamo rilassare e parlare delle cose di tutti i giorni, sui lavori che stavamo seguendo, e i problemi che si potevano incontrare. Il blog è quindi molto rilassato, senza volontà di impressionare nessun, un luogo dove è possibile esplorare le vulnerabilità, è umano.

La scrittura collaborativa su Internet è stata ben rappresentata da Wikipedia per alcuni aspetti, e noi sentiamo che i wikis in generale sono un’eccellente strumento per coloro che lavorano insieme, in collaborazione e ri-editando le proprie idee condivise. Noi collaboriamo molto quando scriviamo i comunicati stampa, gli articoli sui progetti di Furtherfield e ci confrontiamo regolarmente. Le mailing list stesse e le discussioni all’interno sono in un certo qual modo azioni di collaborazione. Ci sono state inoltre alcune teorie e testi interessanti sulla scrittura collaborativa, come per esempio quelle di Florian Cramer, di cui discutemmo a Berlino nel 2000, sull’idea che il free software possa essere considerato come un testo collaborativo. Inoltre, esiste un software free come Gobby che è un editor collaborativi free, che supporta documenti multipli in un’unica sessione, nonché chat multi-utente, dove puoi collaborare scrivendo testi comuni in tempo reale.

Pensiamo che i blog potenzialmente offrano una chance per la scrittura collaborativa, ma sembra ormai che molti blog siano dedicati più alle singole individualità che parlano di se stesse, piuttosto che a vere forme di scrittura collaborativa. Sebbene, se parliamo di forme di distribuzione collaborativi rispetto all’apertura dell’informazione, delicious potrebbe essere il modello perfetto. Un progetto però che noi stessi abbiamo iniziato un po’ di tempo fa è Rosalind ( http://www.furtherfield.org/rosalind ), un nuovo lessico per la media art. Gli utenti iniziarono a Rosalind con le loro parole, definizioni, allo scopo di esprimere e dichiarare chi sono e cosa fanno: nel Settembre del 2004, lo lanciamo in tutto il mondo perché potesse influenzarsi ed essere mutato e aiutato ad arrivare a maturità grazie a tutti quelli che interagivano con esso. Vedemmo che certi storici, coniavano termini per loro stessi quando quelli che di solito usavano non coincidevano con il termini a loro assegnati.

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Marco Mancuso: Voi siete anche interessati all’approccio radicale a Internet e all’udo di piattaforme di free software. In questi termini, avete curato una retrospettiva di Andy Deck e voi stessi avete sviluppato il progetto nonTVTV come chiaro riferimento all’esperienza storica di TVTV del Raindance Group negli anni Settanta a New York. Quindi, come pensate che a Rete possa essere usata in modo critico dagli artisti oggi, nell’era del Web 2.0, dei social networks, dei blogs, de vlogs e della cultura del free software?

Marc Garret & Ruth Catlow: Un progetto a cui collaboreremo molto presto è chiamato “The zero dollar laptop“, creato da James Wallbank da Acess Space ( http://access-space.org ). Il “Zero dollar laptop” è fatto con software libero e open source e gli utenti possono essere coinvolti quanto vogliono: il software include infatti applicazioni grafiche più facili, applicazioni professionali più complesse e linguaggi di programmazione per esperti. Entrambi i nostri spazi, il loro a Sheffield e il nostro a Londra, allestiranno centri dove le persone potranno venire e avere accesso a un laptop Linux, dove potranno seguire workshops su come usare questo software. Access Space usa computer riciclati per supportare una serie di attività creative e di insegnamento: loro dipendono dalla donazione di computer che poi mettono a posto utilizzando solo software libero e open source.

E ancora, stiamo lavorando a un progetto chiamato “Eco Media Art X Change“, come parte di un progetto di 3 anni focalizzato su arte ed ecologia, che comprenderà una sorta di attivismo amichevole che consentirà a tutti di partecipare. TI faremo sapere appena sarà pronto, ci stiamo lavorando proprio ora.

Pensiamo che una delle cose positive del Web 2.0, i social networks e i blog sia che la gente possa essere connessa quotidianamente come per esempio con Ning.com. Molti temi locali sono discussi all’interno, come l’ecologia, la spazzatura nelle strade oppure molte informazioni vengono condivise, come il cibo proveniente da fattorie locali e le biciclettate collettive. Noi inoltre sfidiamo il consiglio di zona su varie tematiche, cosa molto importante per tutti coloro che sono coinvolti.

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Il proliferare di meccanismi di connessione digitale associati al Web 2.0 come gli SMS, i social bookmarkings e gli RSS, assoggetta la natura umana moderna a una serie di informazioni e forme di cultura proveniente da tutte le direzioni e non da un unico canale autorizzato per l’informazione, la cultura, le news. Pensiamo che sia essenziale mantenere materiale e idee open source, e condividerli, per progredire al di fuori del framework tipico ed egemonico che ci impegna tutti. Noi siamo oggi molto spesso impegnati a incorporare molto di ciò che abbiamo imparato dalla cultura di network nelle nostre vite di tutti giorni e pensiamo che moltto di ciò che è nato dal nostro lavoro su Internet, o dall’hacking e da processi simili, abbia una prospettiva alternativa che può essere estremamente efficace una volta introdotta nel mondo e negli ambienti fisici.


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