Ci sono molte ragioni per cui il festival The Influencers si distingue da quanto propone la scena culturale di Barcellona.

Uno è che si tratta di un festival variegato e originale, da cui non si sa cosa aspettarsi, anche se si può essere sicuri di divertirsi e di percepire una profonda coerenza, data l’estrema cura con cui è pensato e organizzato. Un festival che raccoglie personaggi dispettosi, curiosi, anticonformisti, spiritosi, sovversivi, indagatori, ironici, rivoluzionari e chi più ne ha più ne metta. Dei veri ” hacker ” della vita, dell’arte, della comunicazione.

Un altro è che, pur proponendosi come “un incontro dedicato a progetti indipendenti di sovversione comunicativa, di esplorazione e mutazione della cultura popolare globale e di usi aberranti delle tecnologie digitali”, in realtà rappresenta un momento di sollievo dagli abusi tecnologici ancora troppo di moda nell’ambito delle manifestazioni artistiche, per restituire dignità e importanza all’idea e alla dimensione sociale a servizio della quale (o contro la quale, spesso facendosene beffe) i bizzarri personaggi invitati nel corso della varie edizioni inventano le loro forme espressive.

Un altro ancora è che propone uno sguardo ampio e attento su quanto accade nella scena mondiale, cosa che spesso da queste parti non accade, se non a titolo di espediente per giustificare e contestualizzare la tendenza a puntare un po’ troppo i riflettori sulle realtà locali, non senza una certa vena politica.

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Forse sarà perché le menti che stanno dietro in festival The Influencers in realtà sono italiane. Probabilmente in un’epoca storica in cui la cultura si può definire “globalizzata” (nell’accezione positiva del termine, nel senso dato dalle meravigliose possibilità di comunicazione e collaborazione su scala mondiale date dalle nuove tecnologie) non ha senso etichettare un evento in base alla nazionalità dei loro ideatori, tanto più quando sono ormai integrati in un altro paese, ma mi si conceda la licenza.

Stiamo parlando di Eva e Franco Mattes (nomi che forse possono essere più eloquenti se sommati nella formula 0100101110101101.org) e di Bani (investigatore e designer attento e appassionato, forte delle esperienze fatte in Italia, Spagna e Venezuela).

I tre cominciarono a collaborare nel 2000 con Digital Is Not Analog , un festival sulla net art e la cultura della Rete che si svolse in tre edizioni in Italia (due a Bologna e una a Campobasso) prima di essere esportato a BarcelLona dove, accolto dal CCCB , è diventato l’attuale The Influencers , giunto quest’anno alla quarta edizione.

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Forzarlo dentro qualche categoria sarebbe quasi impossibile e probabilmente una delegittimazione. Nei tre giorni del festival (28 e 29 febbraio, 1º marzo) si è visto di tutto: da personaggi di videogiochi che prendevano coscienza della loro esistenza fittizia e pilotata e tentavano la ribellione (” Machinima del Absurdo “) a ostinati suicidi virtuali ( Brody Condon ); da un artista inventato che ha esposto ufficialmente al festival di San Paolo del Brasile ( Monochrom ) a scuole per mendicanti e svenimenti contagiosi durante le trasmissioni televisive ( Alan Abel ); da un architetto che opera al limite dell’abusivismo, salvandosi sempre con la sua seconda personalità di artista ( Santi Cirugeda ) a un professore che cerca di smascherare i segreti celati dal governo degli Stati Uniti nel deserto del Nevada ( Trevor Paglen ); da un gruppo rock che si è impossessato dei mezzi di diffusione della cultura popolare per condurre la sua battaglia ideologica ( Laibach ) alle azioni antibelliche o pseudoieratiche di un gruppo di artisti che lavorano a stretto contatto con il territorio ( Alterazioni Video )

E se qualcuno non conosceva The Influencers e gli è venuta voglia di vedere qualcosa, in attesa della prossima edizione, può intrattenersi con la ricca documentazione di contenuti negli archivi on-line del sito ufficiale del festival. Della maggior parte degli interventi è possibile vedere la registrazione video direttamente nel sito, per poi proseguire con eventuali approfondimenti ed esplorazioni con l’aiuto di Google e di YouTube.

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Collegato al festival si è svolto anche un workshop di tre giorni con Alterazioni Video , presso gli spazi dell’ Hangar . Si è trattato di un interessante brainstorming su un loro progetto in corso, ” Incompiuto siciliano “, un tentativo di interpretazione, accettazione e assimilazione del fenomeno delle opere pubbliche lasciate incompiute in Italia traducendolo in uno stile architettonico della nostra contemporaneità. Il risultato del workshop è stata la stesura della versione 1.0 del decalogo dell’Incompiuto siciliano. Il progetto proseguirà con mostre, azioni di promozione turistica, ulteriori indagini e contatti con politici locali, produzione di articoli e dossier. Un progetto che, coerentemente con il suo oggetto, è cominciato senza sapere bene dove andrà a finire…


http://theinfluencers.org/

http://www.d-i-n-a.net/

http://www.cccb.org/

http://www.hangar.org/