Mentre la ricerca nel campo delle scienze biologiche continua ad essere quantomeno stimolante e spettacolare, le possibilità e le domande per un’interazione fra arte e biologia si moltiplicano. La sperimentazione in atto nei new media, nonchè la metodologia e la pratica, è infatti spesso caratterizzata da una ricerca fatta in termini collaborativi nonchè da una produzione di conoscenza applicata.
Marta de Menezes lavora da un decennio con le tecniche e i materiali biologici, suoi strumenti di lavoro, e spesso lo fa in collaborazione con gli scienziati e in particolare con i biologi. La De Menezes è una dottoranda all’Università di Leida e direttore artistico di Ectopia, un laboratorio d’arte sperimentale a Lisbona. Recentemente, con l’impiego dii strumenti di analisi della biologia dei sistemi al campo della pratica artistica, la de Menezes sta attuando un approccio riflessivo e coinvolgente nei confronti della ricerca artistica. È un approccio che abbraccia la complessità e potrebbe tradurre una comprensione più profonda sullo sviluppo storico e sulle strutture costituenti dell’arte, oltre che sulla ricerca legata al campo della biologia.
Accessibilità alla tecnologia, mancanza di ubicazione, effetto politico e reazione pubblica rappresentano un possibile insieme per rendersi visibili nelle tendenze artistiche del suo campo, e sono anche fattori che ammettono sfide e potenzialità per la ricerca artistica, sia nell’ambito delle istituzioni tradizionali che altrove.
Jamie Ferguson: Mi piacerebbe discutere con lei di ricerca artistica. Questo termine è una parola composta. Se utilizzassimo la lingua della tassonomia o della genetica, potremmo dire che è un ibrido, in continua trattativa per delineare i suoi confini, i suoi significati e quindi la sua legittimità d’uso. Lei non si definisce un’osservatrice o ricercatrice scientifica ma una ricercatrice d’arte; la ricerca artistica sembra manifestarsi tra le variabili linee di confine che esistono tra arte, biologia e altri campi come la robotica, la matematica,la fisica, l’ecologia e via dicendo. Come spiega l’importanza di questo incontro per la sua ricerca e la sua attività?
Marta De Menezes: In realtà è molto più semplice! La ricerca non deve mai essere al confine di qualcosa. È soltanto un modo più semplice e più efficace di sperimentare nuove cose come se si fosse alla ricerca di qualcosa al di fuori della sfera normale…
Jamie Ferguson: È un approccio che va alla ricerca di nuove applicazioni e di nuovi metodi per la conoscenza; penso che la ricerca possa svolgere questo compito in modo eccellente se venisse affiancata da alcune sperimentazioni. La sua attività prende spunto dal modo in cui i biologi conducono le proprie ricerche; da poco tempo ha iniziato un’analisi di un suo lavoro personale che viene messo a confronto con altri lavori del settore adottando un metodo della biologia sistematica. Come mai ha scelto questo approccio? Perché ha deciso di considerare strategie perseguite da artisti che hanno creato le opere d’arte in collaborazione con scienziati?
Marta De Menezes: L’analisi matematica di dati complessi, un approccio di biologia sistematica, mi permette, o almeno così mi sembra, di prendere in considerazione insiemi di dati complicati. La teoria dell’arte è un settore che disorienta, come l’arte, come il settore dell’arte e della biologia di cui mi occupo e sembrava che i parametri che utilizzavamo per valutare o studiare la cultura non andassero bene. Questo non è da considerare un movimento solo per Il fatto che esistano background comuni, somiglianze geografiche e concettuali tra artisti che praticano arte e biologia.
Suonava un po’ strano continuarlo a chiamare “arte e biologia” solo perché tutti noi eravamo impegnati in qualche modo con la biologia. Non era abbastanza. Pensavo che ci fossero altri modi di analizzare i dati che non corrispondevano perfettamente ai parametri che utilizzavamo per analizzare i movimenti. Tutti erano impegnati nel proprio settore, ognuno alle prese con particolari problemi e concetti ed io ero alla ricerca di un modo per analizzare tutto questo.
Così ho preso in considerazione la biologia dove esistono problemi complessi che non si risolvono con un’unica linea di pensiero, dove bisogna tener conto delle diverse variabili e degli input dinamici, dove c’è bisogno di un’analisi sistematica. Se sostituiamo alcuni tecnicismi che interessano i biologi sistematici, ad esempio le grandi quantità di dati che sembrano non avere molto senso e che non possono essere inserite all’interno di un unico contenitore o divise in compartimenti in base a fattori di contaminazione, ecco allora che sorgono i problemi di cui mi occupo. Posso usare questi strumenti.
Jamie Ferguson: Quindi lei pensa di guardare alla crescita della biologia inteso come campo d’analisi adatto a comprendere meglio la graduale naturalizzazione delle sue promesse e conseguenze; secondo lei ciò ha segnato profondamente lo sviluppo del discorso artistico. La collaborazione si è rivelata un aspetto importante in diverse correnti artistiche attuali e secondo lei questo potrebbe essersi trasformato allo stesso modo in pratica scientifica. Perché ritiene che questo modo di lavorare possa essere proficuo? Quali sono gli aspetti importanti in termini di possibilità, sperimentazioni e anche fallimento?
Marta De Menezes: Mi rivolgo a scienziati che svolgono un lavoro in grado di suscitare il mio interesse. La geografia non mi ha imposto nessun limite. Cerco su internet. Mi rivolgo ai miei amici. Ad esempio, dovessi avere un problema collegato alla genetica conosco qualcuno che lavora in questo settore: può succedere che mi dicano che non si occupano di quell’attività ma possono ugualmente darmi il nome di qualcuno che si occupa più da vicino di ciò che sto provando a sviluppare e così mi rivolgo a loro. Penso che possa davvero funzionare. Per adesso sto cercando di trattare argomenti congeniali al mondo dell’arte come l’identità, una vecchia questione, ma vorrei esprimere un’identità contemporanea. Dove posso trovare un’identità contemporanea? Non posso usare la pittura per esprimere cellule, molecole o informazioni genetiche. Per me ha più senso usare la biologia vera e propria.
Jamie Ferguson: Lei si sta occupando di un’analisi della pratica artistica che, secondo lei, finora non è stata presa davvero sul serio dagli studiosi classici. Certi fattori che lei ritiene decisivi per la ricerca artistica esistono davvero in un ambiente accademico?
Marta De Menezes: Secondo me è molto importante che tutto ciò esista nel mondo accademico. Penso che per alcuni sia ancora difficile concepire l’arte come una disciplina che produce conoscenza. Oggigiorno l’arte viene considerata solo come intrattenimento, persino da alcuni membri del settore. È molto difficile partecipare ad una discussione riguardo alla diffusione delle conoscenze tramite l’arte. Molte persone non hanno ancora ben capito quale sia lo scopo dell’arte e quindi considerare l’arte come uno strumento per creare conoscenza è ancora un tabù. Non penso che sia importante sapere se sia davvero così; bisognerebbe invece scoprire il modo in cui lo fa e come questo possa entrare a far parte delle conoscenze accademiche.
Gli artisti hanno condotto ricerche da sempre, producono e il loro lavoro viene mostrato al pubblico; questi lavori influenzano ed ispirano altri artisti che creano qualcosa di diverso; in questo modo si verifica un aumento delle informazioni anche se ciò accade in modo molto informale. Penso che dovremmo cominciare a prenderci maggiormente sul serio e vedere tutto questo come un contributo non solo per la conoscenza artistica ma anche per la conoscenza in generale. L’arte dovrà essere presa sul serio in quanto ricerca di conoscenza e progressione su cui costruire. È una parte importante della cultura; quest’ultima si basa sulle conoscenze della comunità in un dato periodo.
Jamie Ferguson: Considerando l’unione tra arte e biologia e l’utilizzo di questa forma di dialogo tra discipline nelle istituzioni più importanti (cosa che per altro dimostra di per sé quanto l’arte sia riuscita a rispettare alcuni parametri e suscitare un certo interesse), bisogna dire che solo negli ultimi anni l’arte biologica è stata esposta e acquistata da rinomati musei e gallerie per diversi motivi. L’analisi ad opera di esperti del settore deve comunque svolgersi in ambienti accademici più tradizionali, utilizzando in alternativa una massa critica di professionisti, con strutture e spazi più dinamici, quelli che hanno avuto un’influenza totale sul campo.
Lei ritiene che sia fondamentale valutare un punto di istituzionalizzazione poiché questo è in grado di plasmare in seguito l’avanguardia. Che aspetto potrebbe avere un concreto campo di ricerca in questo tipo di strada?
Marta De Menezes: Sogno molto ad occhi aperti. Vorrei che un giorno tutto ciò diventasse realtà… Metto spesso a confronto l’arte con la scienza, l’arte con la biologia dato che la biologia è la scienza che conosco meglio. Qualche anno fa ho letto un articolo in cui si parlava di come l’architettura ha plasmato il modo di fare scienza oggi. L’ideale sarebbe provare a fare la stessa cosa. Farei in modo che l’architettura cambiasse il modo in cui produciamo e ricerchiamo l’arte.Al posto della scienza fatta in una cantina, come fece ad esempio Marie Curie, sono nati centri di ricerca all’interno delle università, luoghi in cui si poteva condividere materiale, amministratori, spazio, direzione, strumenti e macchine.
Qualcuno voleva guidare quel reparto e assicurarne il flusso. Chiaramente si muoveva tutto a rilento; ad un certo punto qualche ricercatore si è messo con un gruppo di scienziati da una parte e qualche altro da un’altra parte; oggi invece il lavoro viene svolto in spazi più aperti dove tutti si possono incontrare, dove si può andare a prendere un caffè insieme: è così che è cambiata la dinamica di ricerca.
È questo che dovremmo fare noi anche se, al momento, in Portogallo non ci sono abbastanza soldi neanche per costruire nuovi palazzi, ma credo che questo possa davvero cambiare il modo di fare l’arte. Penso che gli spazi fisicamente vicini ai luoghi in cui si svolge la ricerca nel mondo accademico possano cambiare profondamente il modo di svolgere la ricerca all’interno del mondo dell’arte.
Jamie Ferguson: L’associazione tra arte e biologia è stata sviluppata soprattutto in collaborazione con istituti di ricerca. Secondo la tua esperienza, il lavoro della scienza è stato in qualche modo influenzato o modificato da queste collaborazioni con gli artisti?
Marta De Menezes: Dipende. Non esiste un protocollo specifico per gestire un laboratorio e non c’è l’obiettivo di influenzare in qualche modo la scienza e non penso comunque che debba esistere. Una persona potrebbe correre il rischio di dire ad altri come svolgere il lavoro e questo non piace a nessuno. La cosa interessante è che noi desideriamo metterci insieme ma non c’è nessuno che abbia davvero voglia di mischiare le materie. La scienza deve rimanere scienza e gli scienziati sono coloro che danno un contributo al loro campo, e la stessa cosa accade con l’arte. Gli artisti sono coloro che rimangono fedeli a quell’insieme di conoscenza. È difficile che tutto questo cambi e non sono comunque convinta che serva.
Per quanto mi riguarda, quando vado in laboratorio, provo davvero a renderlo interessante. Deve essere considerato una sfida intellettiva. Queste persone sono pensatori che provano a risolvere enigmi diversi dai miei ma se fossi in grado di fornire loro una questione avvincente, sarebbero felici di intraprendere quest’avventura insieme a me e mi piacerebbe che loro facessero lo stesso per me. Se sfidassero il mio punto di vista chiedendo perché è stato scelto questo al posto di quello, potrei cercare dei modi per rendere più chiara al pubblico, agli scienziati, agli altri artisti e agli amanti dell’arte l’idea del mio progetto. Una persona cambia le prospettive più di qualunque altra cosa ed è questa la sfida più grande. O uno scienziato cambia la prospettiva dell’artista o l’artista quella dello scienziato. Questo potrebbe avere un grande o un piccolo impatto. Non si può mai sapere…..