Scrivere di Città del Messico come un mondo emergente per la musica contemporanea e la sound art sembra un compito difficile. Mancano informazioni e pubblicazioni specializzate. Grazie ad alcuni artisti come Manuel Rocha Iturbide (http://www.artesonoro.net) questo scenario sta lentamente cambiando. Alcuni saggi accademici sono disponibili on line, così come alcuni cataloghi di esposizioni che comprendono opere o installazioni d’arte sonora, anche se soprattutto si trovano siti di artisti e pubblicazioni di festival. Questi sono i nodi disponibili per costruire una rete di riferimenti sparsi.

Prima di presentare il lavoro di Pablo García-Valenzuela (http://www.pablogav.com), giovane compositore e ricercatore di musica contemporanea e curatore di Habitación dl ruido (http://www.ucsj.edu.mx/hr/), una serie di concerti e, insieme, progetto educativo per la sperimentazione sonora presso la Universidad del Claustro de Sor Juana, vorrei accennare ad alcuni riferimenti fondamentali sul panorama della sound art e della musica contemporanea di Città del Messico.

Julian Carrillo (1875 – 1965) è stato uno dei primi compositori a realizzare sperimentazioni sonore con i suoi famosi 13 Sound e musica per pianoforte microtonale. Un altro riferimento, secondo Manuel Rocha, è il pezzo di Carlos Jimenez Mabarak (1919- 1994) Paradise of the drowned, il primo lavoro di questo tipo in Messico, presentato nel 1960 insieme alla coreografia di Guillermina Bravo.

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Altri importanti contributi offerti da musicisti messicani possono essere collocati nei primi anni Settanta, ad esempio Mario Lavista, che ha condotto l’esperimento Música Habitacional del gruppo Quanta e di Julio Estrada, un’installazione di dieci pianoforti distribuiti in una stanza su tre livelli differenti e suonati dal vivo.

Per quanto riguarda le arti visive, nello stesso decennio, anche artisti come Ulises Carrion e Felipe Ehrenberg hanno sperimentato con il suono. È necessario, inoltre, citare la poesia sonora concreta di Matias Goeritz e gli esperimenti di Juan José Gourrola, regista di teatro sperimentale e artista durante gli anni Sessanta.

Negli anni Ottanta la sound artviene legittimata come vero e proprio campo di sperimentazione artistica, all’interno del quale sia gli artisti che i musicisti hanno realizzato opere in piena consapevolezza del linguaggio sonoro. Antonio Russek, Eduardo Soto Millán, Vicente Rojo Cama, Ariel Guzik sono alcuni di questi.

Nel 1999, Ex Teresa Arte Actual, una nuova tipologia di spazio per l’arte contemporanea a Città del Messico, ha ospitato la prima edizione de The International Sound Art Festival, organizzato da Guillermo Santamarina e curato da Manuel Rocha; l’evento ha dato visibilità e riconoscimento a questa disciplina in Messico. Dal 1999 al 2002 sono stati organizzati quattro festival di sound art. Nel 2007, sempre presso l’Ex Teresa Arte Actual, è stato presentato un altro progetto: la Muestra Internacional de Arte Sonoro, organizzata da Carlos Jaurena e curata da Taiyana Pimentel, che raccoglieva il lavoro di un gruppo multigenerazionale di diciassette artisti, appartenenti ad ambiti differenti.

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Durante il primo decennio del nuovo millennio, possiamo individuare iniziative ambiziose come il Radar
(
http://festival.org.mx/festival26/programa/tipo/e/1), un festival internazionale di sound art e musica contemporanea, attualmente alla nona edizione, Radio Educación International “Radio Biennal” giunto alla ottava edizione (http://bienalderadio.gob.mx/2010/), e il programma del festival Mutek.

Queste tre piattaforme hanno reso visibile, durante l’ultimo decennio, la scena della città a professionisti di diverse discipline, in Messico e nel resto del mondo, interessati a mostrare materiali sperimentali. Infine, qualche anno fa, è stata creata la Fonoteca Nacional per preservare, archiviare ed esporre vari materiali sonori e musicali messicani (http://www.fonotecanacional.gob.mx). Tra questi, il progetto di installazione sonora Jardin sonoro (Giardino sonoro) dove i visitatori posso vivere differenti esperienze di ascolto. Lo spazio è stato progettato soprattutto per l’esposizione di opere di sound art, lavori ambientali, composizioni sperimentali e concerti basati su sistema multicanale.

Pablo García Valenzuela (Pablo Gav) è uno dei giovani compositori messicani che sta ridefinendo la scena locale, sia come compositore che come curatore. Il suo lavoro, come lui stesso descrive, è una fusione tra rock alternativo, musica classica contemporanea e musica elettroacustica. Nel 1996 ottiene un diploma in “Composizione, Teoria Musicale, Pianoforte e Promozione della Musica” al CIEM di Città del Messico. Nel 1995 completa l’ottavo livello di “Teoria Musicale in Pratica” della Associated Board of the Royal Schools of Music di Londra. Dal 1996 al 1997 segue un master in “Composizione all’Università di Hertfordshire” in Inghilterra.

Infine dal 1998 al 2003 frequenta un dottorato in “Composizione Elettroacustica” alla City University di Londra. Dato il suo interesse per il sound design, si specializza in suono multicanale e surround sound mixato insieme a strumenti acustici tradizionali. Termina la sua tesi su Forze estetiche e temporali nella composizione elettroacustica.

Nel 2006, presenta Music Pissing on Flies Shitting on Bombs, una composizione acusmatica per l’esposizione Arsenal: artists exploring the potential of sound as a weapon presso la Alma Enterprises Gallery alla di Londra, curata da Ellen Mara Wachter. Lo stesso anno una composizione elettroacustica, Mas Si Osare un Albañil, partecipa all‘Instrumental Festival, ad Oaxaca, Messico. Ha realizzato inoltre un CD con lavori retrospettivi dal 1996 al 2006, sette composizioni di musica acusmatica, video e quartetti strumentali. La selezione è stata presentata in concerto alla Casa del Lago, presso l’UNAM di Città del Messico nel 2007.

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La conversazione che segue si è svolta a Città del Messico nel luglio 2011.

Felipe Zuniga: Qual è il motivo alla base della tua ricerca nel campo del sound design?

Pablo García-Valenzuela: Credo nel design del suono in studio perché dà maggiore libertà, puoi muovere diversi suoni individualmente in direzioni differenti e a velocità diverse. Mi ha deluso lo standard multicanale 5.1 usato nel cinema. Se si guarda alla storia della musica sperimentale non è niente di nuovo. Esistono sistemi molto più grandi come l’Acousmonium, il sistema di diffusione del suono progettato nel 1974 da Francois Bayle, insieme ad altri esperimenti.

Ciò che sto cercando di trovare è un equilibrio. Da una parte, il non dover usare sistemi mostruosi e, dall’altro, il non doversi attenere allo standard mondiale, che non penso sia abbastanza per la musica. Ecco perché ho creato il mio sistema: un sistema a 15 canali che sostanzialmente consiste in un insieme di altoparlanti.

Felipe Zuniga: Pensi di essere più concentrato sulla pratica in studio piuttosto che sull’esperienza live?

Pablo García-Valenzuela: Lavorare con sistemi multicanale è molto interessante soprattutto per creare suoni che agiscano in modo separato seguendo o meno la propria morfologia spettrale. È molto difficile fare questo dal vivo ma molte persone preferiscono ancora il suono multicanale live. Penso che sia per la sensazione di suonare uno strumento davanti ad un pubblico vero. Ma inevitabilmente s’incontrano limiti pratici, come non avere abbastanza dita e la velocità di un computer stia dietro al ritmo! Nel mio caso, negli ultimi dieci anni, ho provato a fondere queste due pratiche nel suono multicanale: in studio e live. Sto cercando una fusione migliore tra sound design avanzato, suono multicanale e il classico “modo contemporaneo” di usare strumenti acustici.

Felipe Zuniga: Trovi che il tuo lavoro abbia legami con la ricerca o con progetti in diverse arene dell’arte contemporanea?

Pablo García-Valenzuela: Ho visto pratiche contemporanee come installazioni sonore site-specific che integrano l’architettura o uno luogo per creare esperienze sonore usando altoparlanti multipli. Non è esattamente quello che faccio io, o almeno non ancora. Anche se, riesco a vedermi fra qualche anno mentre faccio sound art site-specific Credo che il potenziale espressivo del suono progettato molto accuratamente attraverso lo spazio abbia molto da dire. Le trasformazioni che si possono imporre al suono, anche di millisecondi, possono comportare una grande differenza percettiva al pubblico e questo è il motivo per cui sono così interessato a sperimentare il movimento del suono nello spazio.

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Felipe Zuniga: Che tipo di strategie e processi preferisci utilizzare durante la realizzazione di un pezzo?

Pablo García-Valenzuela: Provenendo dalla tradizione elettroacustica, fondamentalmente campiono i suoni. Preferisco “afferrare” la ricchezza e la complessità del suono invece di doverlo costruire dallo scratch, come si farebbe con la sintesi. Registro sostanzialmente ogni suono, ogni cosa è buona per campionare! Faccio molte cose con i suoni. Qualche volta mi piace salvaguardare parzialmente l’identità del suono per presentarlo incompleto al pubblico. Mi piace anche alterarlo, ma in maniera tale da poter riconoscere i suoi beats. Infine, mi piace anche trasformare un suono originale al punto di distruggerlo, usarlo come ‘pretesto’ per produrre una ricca esperienza acustica di un nuovo suono.

Utilizzo anche la sintesi, con la quale mi piace lavorare su toni puri, a frequenze davvero elementari e poi aggiungere parziali o armonici, sommando infine un involucro di intensità. Questa fase finale di trasformazione sta tutta nel modo in cui ogni armonico e ogni parziale del suono si comporta nel tempo, in come la sua morfologia è legata alla sua intensità. Il mio problema con il suono elettronico è quando qualcuno prova a imitare suoni.

È possibile, si possono avere violoncelli, pianoforti ecc. sintetizzati ma nel mio caso non li userei mai. Preferisco sempre utilizzare un vero violoncello, un vero pianoforte. Capisco che quando si tratta di un’orchestra intera e non hai denaro per pagarla, potrebbe valerne la pena, ma in generale non uso suoni elettronici per sostituire uno strumento acustico già ricco.

Felipe Zuniga: Che tipo di suono stai cercando di creare o presentare nelle tue composizioni?

Pablo García-Valenzuela: Il mio lavoro ha molto a che fare con l’esperienza astratta del suono (credo che i suoni di un flauto o di un pianoforte siano alla fine delle esperienze astratte). Ciononostante penso che sarebbe limitante, senza senso, non riconoscere le altre strategie possibili e usarle tutte. È necessaria un’intera gamma di strumenti per avvicinarsi alla composizione, questo è sicuro. Sono interessato alla giustapposizione e alla mescolanza di spazi acustici, qualcosa che è possibile solo attraverso il suono registrato, attraverso i media fissi.

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Felipe Zuniga: Come integri il corpo nel tuo lavoro?

Pablo García-Valenzuela: Questo è un argomento interessante di cui discutere. È impossibile separare il corpo dalla musica. Le basse frequenze vengono provate più che sentite. Fanno vibrare il corpo! Le frequenze medie sono importanti soprattutto perché sono veicoli per il parlato e il nostro udito è più sensibile ad essi. Se si portano al massimo le frequenze medie si sente immediatamente dolore. Le frequenze molto alte non risuonano, penso che raggiungano direttamente le nostre menti.

Tutto ciò può essere soggettivo ma queste conoscenze elementari mi sono utili quando mescolo i suoni. Mi permettono di orchestrare nel modo in cui voglio comunicare a livelli diversi. I suoni sono legati ai nostri muscoli. Ecco perché è importante capire che è possibile trovare ritmi di suono ovunque: il battito del nostro cuore è il più ovvio. Ma anche i gesti: come ci muoviamo, rilassiamo e tendiamo i muscoli. Anche camminare è ritmo, è l’architettura alla base del ritmo.

A volte i suoni elettroacustici vengono accusati di essere freddi proprio perché non si legano al nostro corpo. Sono interessato soprattutto alla capacità di gestire l’immagine di un soundscape, i movimenti e la proiezione psicologica di un suono. Vorrei che il pubblico oscillasse tra il riconoscimento del suono e il suo non riconoscimento; entrare in un campo psicologico, trovare risonanze fisiche e gestuali nella proiezione del suono. Nel fare questo, il multicanale, il surrond sound, lo spatial envelopment of sound sono piattaforme molto interessanti perché comunicano con il nostro sistema interno di localizzazione del suono.

Ogni essere umano ne ha uno. È uno strumento molto antico di sopravvivenza e per quanto ne so, questo non si impara, è semplicemente interno al nostro corpo, lo portiamo con noi. Perciò includere le implicazioni estetiche, emotive e psicologiche del suono agli spartiti musicali è a parer mio molto efficace e interessante.

Felipe Zuniga: Potresti dirmi qualcosa di più riguardo ai suoi progetti da curatore?

Pablo García-Valenzuela: Sono l’attuale direttore artistico di una serie di concerti chiamato Habitación del ruido (http://www.ucsj.edu.mx/hr/) alla Universidad del Claustro de Sor Juana. Ho cominciato con questi concerti nel gennaio 2008, quindi sono già tre anni. Il progetto esiste dal 2004 ed è dedicato alla sound art, alla musica elettroacustica e a qualsiasi altra cosa abbia a che fare con un altro modo di avvicinarsi al suono. Riguarda la sperimentazione con il suono. Si svolge l’ultimo giovedì di ogni mese durante il semestre accademico. Ci sono circa otto concerti ogni anno.

Quasi tutti i musicisti ospiti presentano una lezione, seguita da un concerto. L’obiettivo principale è offrire titoli di studio accademici agli studenti, non solo dall’Universidad del Claustro de Sor Juana, ma anche da altre parti della città. È inoltre una piattaforma di discussione e riflessione sulla sound art. Gli studenti possono avere un’interazione stretta con gli ospiti e chiedere informazioni riguardanti qualsiasi aspetto legato all’artista, al concetto o al processo tecnico.

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Abbiamo presentato artisti dal Messico, Regno Unito, Canada, Stati Uniti, Germania e Cile. Ogni semestre tento di invitare autori internazionali, due stranieri e due messicani. Ed è anche una piattaforma per permettere ad artisti emergenti di presentare il loro lavoro.

In quanto curatore e membro di facoltà della UCSJ mi concentro principalmente in due direzioni. La prima è soddisfare l’aspetto educativo di Habitación del Ruido, che sta nel presentare diverse pratiche artistiche in modo che gli studenti possano avere una “visione panoramica” di quello che succede con la sperimentazione del suono. La seconda, come curatore, consiste nel dare priorità ai progetti multicanale perché abbiamo un sistema di concerti multicanale 8.2.2. abbastanza valido da far sì che gli artisti esplorino e presentino i loro lavori.

Provo ad equilibrare l’intero programma con artisti che combinano la sperimentazione del suono con i mezzi fissi e gli strumenti acustici. Mi piacerebbe avere un’orchestra intera ma per ovvie ragioni è un tantino impossibile, così c’è normalmente un solo strumento: un violoncello o un pianoforte, combinati con suoni elettroacustici. Inoltre programmo il circuit bending e alcuni progetti installativi, anche se hanno meno possibilità di essere presentati, dato che non c’è uno spazio espositivo.


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