“Attraversiamo una grande capitale moderna, con le orecchie più attente degli occhi, e godremo nel distinguere i risucchi d’acqua, d’aria o di gas nei tubi metallici, il borbottìo dei motori che fiatano e pulsano con una indiscutibile animalità, il palpitare delle valvole, l’andirivieni degli stantuffi, gli stridori delle seghe meccaniche, i balzi del tram sulle rotaie, lo schioccar delle fruste, il garrire delle tende e delle bandiere.

Ci divertiremo ad orchestrare idealmente insieme il fragore delle saracinesche dei negozi, le porte sbatacchianti, il brusìo e lo scarpiccìo delle folle, i diversi frastuoni delle stazioni, delle ferrerie, delle filande, delle tipografie, delle centrali elettriche e delle ferrovie sotterranee” (Russolo Luigi., L’arte dei rumori, in Maffina, G. F.., Luigi Russolo e l’arte dei rumori, Torino, ed. Martano, 1978, p. 131). [1]

È il 2 giugno 1913 quando, in una serata futurista al Teatro Storchi di Modena, Luigi Russolo presenta al pubblico in sala il primo dei suoi Intonarumori, uno scoppiatore. E’ molto indicativa la risposta del pubblico, totalmente impreparato nell’ assistere ad una rappresentazione simile. In un giornale dell’epoca, “La gazzetta dell’Emili”a, del 3 giugno 1913, troviamo una recensione dell’avvenimento, dal titolo L’allegra serata futurista al Teatro Storchi.

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È compito di Filippo Tommaso Marinetti introdurre, fra le continue interruzioni del pubblico, l’ingresso dello strumento, che, promette: “…darà piacevoli sensazioni”. Dopo una classificazione dei rumori che ne hanno ispirato la costruzione, Luigi Russolo, insieme al suo collaboratore e amico Ugo Piatti, porta sul palco l’atteso scoppiatore: “…L’apparizione del famoso scoppiatore è accolta da risate omeriche e da grida violentissime. Voci “al manicomio!”

…Tra l’ilarità più viva e più rumorosa, tra le interruzioni continue e vivacissime del pubblico che grida: “C’è un trucco, c’è un trucco! Aprite la scatola! Siete degli imitatori, dei passatisti! Volete farci apprezzare un imitazione, mentre possiamo facilmente gustare l’originale!” Russolo e Piatti provano due volte lo strumento…Il pubblico ride clamorosamente e Marinetti perdendo la calma Grida: “Voi che avete l’attitudine scettica che hanno i contadini davanti a…”Non può proseguire, il pandemonio è al colmo”(Maffina. Op. Cit. p. 29.).[2]

Di nuovo urla e fischi, ma anche qualche applauso, mentre Russolo mette in funzione la macchina. Il rumore prodotto dalla folla è talmente alto, da coprire perfino quello dell’Intonarumori, tanto che i futuristi sono costretti a terminare la serata. “Sapevo perfettamente – esclamerà Marinetti rivolto al pubblico, mentre tutti escono di scena – che gli asini vogliono il monopolio dei rumori!”

Russolo inizia la progettazione degli Intonarumori dopo aver redatto l’importante lettera-manifesto L’Arte dei Rumori (11 marzo 1913) indirizzata al musicista-futurista F. Balilla Pratella. Leggiamo: “La vita antica fu tutta silenzio. Nel diciannovesimo secolo, con l’invenzione delle macchine, nacque il Rumore. Oggi, il Rumore domina sovrano sulla sensibilità degli uomini”. (Russolo., L’arte dei rumori in Maffina. Op. Cit. p. 129).[3]

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Luigi Russolo sostiene che l’evoluzione musicale stia già muovendo verso la ricerca nell’amalgamare suoni più dissonanti e che ciò porterà verso l’identificazione del suono-rumore. Nel testo analizza la distinzione fra suono e rumore, individuando nel carattere di continuità che ha il primo rispetto al secondo, più frammentario ed irregolare, una diversità sulla quale lavorare per arrivare a “… rompere questo cerchio ristretto di suoni puri e conquistare la varietà infinita di suoni-rumori.”

Ci spiega che per produrre un suono è necessario che un corpo vibri regolarmente e ad una velocità tale che nel nostro nervo uditivo persista la sensazione delle vibrazioni in successione che si fondano per formare un suono musicale continuo: “… se io riesco a riprodurre un rumore con questa rapidità, ottengo un Suono fatto dall’insieme di tanti rumori, o meglio un rumore il cui successivo ripetersi sarà sufficientemente rapido per dare una sensazione di continuità pari a quella del suono.”

La differenza di timbro viene analizzata invece con la definizione dei suoni armonici. Ogni corpo che vibra, dice, oltre alla sua vibrazione più lunga, che corrisponde alla nota fondamentale, si suddivide in altre parti che seguono le vibrazioni d’insieme ma con una diversa lunghezza d’onda. Si vengono così a formare nodi e ventri e la diversità della composizione di questi, determina vibrazioni secondarie che modificano il timbro della nota fondamentale.

“Nel produrre rumore – dice ancora Russolo – la forza e l’irregolarità con cui un corpo è posto in vibrazione determinano una produzione di suoni armonici vastissima.” E fa un esempio: se immergiamo una bacchetta in un acqua calma essa produce una serie di onde che, partendo dalla bacchetta stessa, si propagano allargandosi regolarmente. Se essa viene agitata provocherà altre ondulazioni che si sovrappongono in parte alla prima e poi si moltiplicano e espandono attorno al punto di agitazione.

“La differenza,vera e fondamentale, fra il suono e il rumore si riduce unicamente a questa: essere il rumore molto più ricco di suoni armonici di quanto non lo sia generalmente il suonoma siccome questi suoni armonici, accompagnano sempre un tono fondamentale predominante. Ogni rumore ha il suo tono.” ( Russolo., L’arte dei rumori in Maffina. Op. Cit. p. 143). [4]

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Luigi Russolo riesce a rendere possibile, meccanicamente, le variazioni di tono e semitono: tutti i passaggi enarmonici che troviamo nei rumori della natura, attraverso un diaframma del quale viene modificata la tensione. “Viene subito logica una domanda: se esistono in natura questi suoni enarmonici, se anzi in natura, come abbiamo visto, il suono-rumore esiste solo in questi suoni, e se questi suoni sono facilmente percepiti dal nostro orecchio, perché dunque non adoperarli nell’arte musicale?” (Russolo in Maffina. Op. Cit. p. 60. ) [5]

Si affaccia a questo punto il problema di come scrivere una musica enarmonica, visto che nel sistema classico di scrittura non vengono considerate le suddivisioni del semitono. Per identificare il passaggio enarmonico tra un tono e l’altro, Russolo, inventa la linea-nota, che trova più indicata per tracciare la continuità dinamica che egli vede come essenza dell’enarmonia.

Nei mesi successivi all’uscita del manifesto, Russolo, con la collaborazione del suo amico pittore Ugo Piatti, inizia la costruzione dei primi Intonarumori. In un clima di forte fervore creativo viene realizzato il primo Intonarumori, lo scoppiatore, che verrà mostrato nella serata al Teatro Storchi di Modena. “Questo primo strumento – dirà Russolo – riproduceva il rumore caratteristico del motore a scoppio e poteva variare il tono di questo rumore entro il limite di due ottave”. Né mancarono gli entusiasti: “Poiché tutti avevano potuto constatare le mutazioni di tono avvenute in un timbro di rumore così tipico come quello del motore a scoppio”.

Per cercare di raccogliere le varietà di possibilità di rumori che la vita gli sottopone, Russolo pensa a 6 famiglie di rumori: 1– Rombi, tuoni, scoppi, scrosci, tonfi, boati. 2– Fischi, sibili, sbuffi. 3– bisbigli, mormorii, borbottii, brusii, gorgoglii. 4– Stridori, scricchiolii, fruscii, ronzii, crepitii, stropiccii. 5– rumori ottenuti a percussione su metalli, legni, pelli, pietre, terrecotte, ecc. 6– voci di animali e di uomini: gridi, strilli, gemiti, urla, ululati, risate, rantoli, singhiozzi. In questo elenco abbiamo racchiuso i più caratteristici fra i rumori fondamentali; gli altri non sono che le associazioni di questi. (Op. Cit. p. 133). [6]

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I primi 21 Intonarumori sono ululatori, rombatori, crepitatori, stropicciatori, scoppiatori, gorgogliatori, ronzatori e sibilatori. L’Intonarumori, da lui descritto, si presenta come una scatola a base rettangolare, con una tromba nel lato anteriore ed una manovella in quello posteriore. Quest’ultima serve a dare il movimento che determina la produzione dell’eccitazione rumoristica. In base alla velocità con cui viene manovrata, essa modifica di intensità il suono, dando i piano e i forte.

Nella parte superiore troviamo una leva che, muovendosi su una scala graduata, ha la funzione di variare di tono, semitono e frazione di tono. Spostandola, noi aumentiamo la tensione della corda armonica che allo stesso tempo si accorcia per mezzo di un ponticello. Più la corda viene posta in tensione più il suono si fa acuto.

Gli Intonarumori si suonano impugnando con la mano sinistra la leva e con la destra facendo girare la manovella, o premendo un bottone per quelli messi in azione elettricamente.

Russolo passa quindi ad elencare gli effetti sonori di ogni sua macchina:

“I Crepitatori danno un crepitìo metallico al quale è difficile trovare un paragone. Hanno una fortissima intensità, intonazione perfetta e facile, timbro ricco di suoni armonici acuti, offrono grandissime risorse, variazioni di intensità, soprattutto negli acuti, che possono dare una specie di grugnito acuto di animale scuoiato, oppure un dolcissimo tintinnio regolabile, netto, staccato, argentino.

Il crepitatore acuto si presta magnificamente a degli a solo di grande effetto ed è forse lo strumento con il quale è possibile fare delle virtuosità. I bassi invece danno effetti come di ferraglia che cozzi e che venga agitata con una rapidità confusionaria, o con una nettezza e secchezza veramente crepidanti”(Op. Cit. p. 169). [7]

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“Gli esperimenti di Russolo” ricorda Murray Schafer nel suo libro Il paesaggio sonoro “rappresentano un punto nodale nella storia della percezione acustica, un capovolgimento dei ruoli tra figura e sfondo” (Schafer, R. Murray., Il paesaggio sonoro, Milano, ed. Ricordi, 1985). [8]

Abitualmente noi prestiamo maggiore attenzione a quella parte di suoni che emerge da uno sfondo sonoro, eterogeneo e confuso. Siamo avvolti come da un magma indistinto di rumori. Immersi nella totale confusione sonora tendiamo ad ascoltare suoni che si distinguono per una diversità timbrica e di senso. Se ad esempio viaggiamo su di un mezzo pubblico in una città caotica come Milano, il volume dei rumori provenienti dal traffico e dallo stesso autobus, è altissimo. Noi siamo portati ad isolarci da questo sfondo, apparentemente indistinto, ascoltando, forse, quello che dice il nostro vicino che parla al cellulare, oppure della musica con il cd portatile.

Ora spostiamo l’attenzione. Dirigiamola verso ciò che risulta più complesso e confuso. Cerchiamo quindi di definire nell’ascolto, un unico suono, (il cigolio della gomma nelle porte che si aprono e si chiudono) portandolo dalla sua funzione di sfondo a quella di figura. Noteremo che esso è ricco di qualità timbriche e ritmiche che non sono consuete, ma che ci stimolano ugualmente. Togliendolo dal suo normale contesto, esso ci appare nella sua nuova bellezza. È di questa bellezza, di un nuovo ascolto possibile, che ci parla Russolo.

Questa attenzione per il materiale sonoro e per il suo utilizzo lo porta ad essere in linea con l’evoluzione del linguaggio musicale, tanto che il suo manifesto L’arte dei rumori viene citato da John Cage come uno fra i testi che rappresentano la base per la creazione musicale. Anche il compositore Edgar Varèse (1883-1965) viene a conoscenza degli strumenti di Russolo, i cui rumori sono per lui materiale in gran parte ostico da lavorare.

Ascoltando Ionisation (1929-31), la sua opera forse più vicina alle esperienze di Russolo, notiamo una forte componente di rumore. A tratti si presenta al nostro ascolto una sirena, come quelle di emergenza per incendi o per l’avviso degli attacchi aerei, che invade lo spazio sonoro. La varietà di timbri delle percussioni si fonde con essa generando nell’insieme una sensazione di spaesamento. “(…): l’ascoltatore si trova per la prima volta di fronte a un universo di suono e di spazializzazione inedito, fatto di rumori, di strumenti produttori di suono non determinato. Il confine tradizionale tra suono e rumore viene abbattuto, lasciando posto a una nuovissima concezione del materiale sonoro”.

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Russolo mette in atto un ribaltamento, cambia la nostra prospettiva di ascolto. Mettendo il rumore in musica egli ci lascia un monito, che ancora ci sembra attuale: “Fate prima vibrare i sensi, e farete vibrare anche il cervello! Fate vibrare i sensi mediante l’inaspettato, il misterioso, l’ignoto e avrete la commozione vera, intensa e profonda dell’anima!” (Russolo in Maffina. Op. Cit. p. 175.) [9]


Note:

[1] – (Russolo Luigi., L’arte dei rumori, in Maffina, G. F.., Luigi Russolo e l’arte dei rumori, Torino, ed. Martano, 1978, p. 131).

[2] – (Maffina. Op. Cit. p. 29.)

[3] – (Russolo., L’arte dei rumori in Maffina. Op. Cit. p. 129)

[4] – (Russolo., L’arte dei rumori in Maffina. Op. Cit. p. 143)

[5] – (Russolo in Maffina. Op. Cit. p. 60. )

[6] – (Op. Cit. p. 133).

[7] – (Op. Cit. p. 169)

[8] – (Schafer, R. Murray., Il paesaggio sonoro”, Milano, ed. Ricordi, 1985)

[9] – (Russolo in Maffina. Op. Cit. p. 175.)