Intervista ed articolo originariamente pubblicati in versione integrale in ‘RC speciale canecapovolto’ in Rapporto Confidenziale rivista digitale di cultura cinematografica diretta da Alessio Galbiati (collaboratore di DigiMag e membro del Network di Digicult), numero26, giugno/luglio 2010, pp.28-41 (www.rapportoconfidenziale.org)
Quella che segue è una intervista doppia-multipla a canecapovolto e malastrada.film (Alessandro Gagliardo), originariamente contenuta all’interno di uno speciale che Rapporto Confidenziale ha dedicato all’arte della confraternita auto-convocata che va sotto il nome di canecapovolto.
Lo stimolo, la pulce all’orecchio, lo specchietto per le allodole (cinefile) che mi ha portato sulle tracce di questo “prodotto culturale” è stata la pubblicazione, avvenuto lo scorso inverno, dell’antologia delle opere di canecapovolto: Il Futuro è Obsoleto [1992-2002], edito (in edizione limitata) da (gli amici) della malastrada.film (in collaborazione con la galleria Gianluca Collica e RISO, museo d’arte contemporanea della Sicilia). Tre dvd ed un volume critico che danno conto dei primi dieci anni di produzione audio-visiva del collettivo artistico catanese.
Un’edizione che (ri)porta a nuova luce tre gloriose VHS divenute troppo presto obsolete, restaurandole, sistemandole là dove il tempo stava iniziando ad estinguerle, ma pure ampliando il discorso con un prezioso volume(tto) che contiene riflessioni critiche di Adriano Aprà, Vito Campanelli, Massimo Causo, Sandra Lischi, Livio Marchese, Helga Marsala, Salviano Miceli, Roberto Silvestri e malastrada. film.
Il cinema di canecapovolto è per iniziati, difficile da vedere, sotterraneo, carsico, liminare, borderline, o, se preferite, sperimentale. Il cinema seminale, sperimentale, artigiano di questo collettivo di produzione di immagini in movimento (fondato nel ’92 da Alessandro Aiello e Enrico Aresu ed al quale nel ’96 si è stabilmente aggregato Alessandro De Filippo) tende a fuggire la comprensione, lavora il senso ed i sensi per sottrazioni, cioè la significazione diviene il campo di battaglia entro il quale far deflagrare i conflitti prodotti dalla società dello spettacolo, vero bersaglio costante di tutta la loro produzione.
È dunque entro una visione situazionista che si pone lo sguardo di canecapovolto, un cinema di rottura nei confronti dei modi di produzione della cultura contemporanea, vissuta come strumento di annientamento degli individui e delle menti. Non c’è film (corto o lungo che sia) che non mostri una qualche maceria prodotta dagli inganni di un sistema tirannico di controllo della società, macerie che banalmente ricordano il cinema di Ciprì e Maresco, vuoi per l’uso frequente di un bianco e nero claustrofobico e per la comune predilezione per set apocalittici (e per niente integrati), sullo sfondo dei medesimi anni degli anni novanta. Ma il riferimento cinematografico di canecapovolto è il New American Cinema e non, come per la coppia siciliana (scoppiata), la commedia cinica a metà strada fra Svankmajer ed un film con Franchi e Ingrassia.
Una delle principali caratteristiche del loro cinema è l’incessante lavoro di ricerca sui supporti ed i formati che nell’opera antologica in questione spazia dai primi esperimenti di pittura su pellicola Super8, chiaramente debitori dell’opera di Stan Brakhage, fino ai lavori del 2000-2002, appartenenti alla serie Drone, che oltrepassano il cinema stesso in forma di elementi audio-video, eterogenei e randomici, della durata di trenta secondi: «Si tratta di una struttura smontabile e rimontabile a piacere all’interno della quale fiction, cinema astratto, found footage e documentari girati in super-8 e dv stabiliscono aree narrative, episodi casuali».
Quel che si ricava dalla visione e dalla lettura degli elementi che compongono questa antologia è il posizionamento della ricerca di canecapovolto sulle direttrici principali delle placche tettoniche del conflitto sociale interno alla società dello spettacolo. Ciò è fatto attraverso una ricerca che senza riverenza alcuna si misura con le teoriche détournate di Guy Debord, détournandole a loro volta, fagocitando insomma il suo stesso pensiero nella macchina di produzione (esplosione?) di senso che è canecapovolto. Un senso che è cinema, che è ricerca linguistica ed estetica, ma che è, soprattutto, politica.
Alessio Galbiati: Il futuro è obsoleto appare come una riedizione, un aggiornamento tecnologico dei modi della visione del cinema di canecapovolto, dal VHS al DVD, con l’aggiunta di un volume critico nella cui prefazione, canecapovolto stesso, in prima persona, rivela la natura dell’operazione e dichiara gli interventi di restauro apportati alle opere. Quali sono stati i principali interventi di restauro effettuati?
canecapovolto: Quando malastrada.film ci ha proposto di editare in copia anastatica i tre volumi de Il futuro è obsoleto ci siamo subito posti una serie di problemi tecnici e di qualità rispetto al risultato finale. Bisogna precisare che dei tre volumi de Il futuro è obsoleto (in origine da noi autoprodotti) i primi due sono stati pubblicati su VHS e i relativi lavori montati con tecnologie analogiche, prelevando inoltre materiali da fonti originali come audiocassette e VHS. Quindi, quando non ci è stato possibile risalire alle fonti, si è resa necessaria una delicata reinterpretazione dei cortometraggi, soprattutto per le parti audio. Ecco perché alcune colonne sonore, nel rispetto degli originali, sono state esattamente ricostruite.
Alessio Galbiati: Malastrada.film per la prima volta si misura con un’operazione editoriale antologica. Immagino che l’idea sia nata da un rapporto di conoscenza diretta con gli Autori ma, conoscendovi, vorrei sapere quanto c’è di Malastrada in Il futuro è obsoleto? E dunque, perché e come mai, avete incrociato il vostro tragitto con canecapovolto?
Alessandro Gagliardo:Il rapporto di conoscenza è conseguenza di un interesse verso la pratica di canecapovolto in toto. L’aspetto dell’autodistribuzione degli inizi, ma ancora di più la capacità di tenere inalterata la costanza della ricerca come presupposto determinante per la creazione di oggetti visivi, in un periodo di quasi vent’anni, hanno stabilito i presupposti fondamentali per muovere una curiosità finalizzata ad apprendere, scoprire e confrontare (con loro) percorsi di esplorazione e sperimentazione. In questo modo nasce l’edizione antologica, in primo luogo è stata pensata come un’occasione di studio da divulgare. Abbiamo iniziato dal principio, rieditando il lavoro dei primi dieci anni, ma l’incessante e parabolica attività di canecapovolto, oggi più che mai, meriterebbe (e fa meditare) altre due tre edizioni di questo tipo!
Alessio Galbiati: Un dvd in edizione limitata è un prodotto commerciale pensato per una nicchia, per una cerchia ristretta di iniziati. Allo stesso tempo però l’esistenza di un supporto permetterà una più facile circolazione dei vostri lavori in contesti probabilmente impensabili. Qual è il pubblico con il quale vi piacerebbe entrare in contatto?
Alessandro Gagliardo: L’esistenza della nicchia, spesso suscita sensazioni immediate di restrizionismo culturale e di ghettizzazione economica, mentre la grande distribuzione viene sempre comunque vista come l’occasione mancata, impedita, negata, e mai obiettivamente come lo scenario delle equivalenze generalizzate, come il motore di dinamiche disumanizzanti o il coacervo schizofrenico di rapporti relazionali marci.Se guardo il “curriculum vitae” di canecapovolto, o di altri autori che sono stati in diffusione con mala strada, film, si contano decine e decine di proiezioni, festival, esposizioni, articoli di stampa, interventi in lezioni universitarie, laboratori, etc, questo per dire che molto spesso la nicchia è un sistema di referenze ben più ampio di quanto la parola voglia oggi indicare, in questo senso la considerazione della questione visibile/invisibile di un film può trovare spazio soltanto in un contesto in cui tra i parametri concreti della circuitazione (che può anche essere scambio tête-à-tête)
si facciano rientrare questioni numeriche, proclami pseudo-sindacali, moti abbozzati di comunioni di intenti che nascondo in realtà precisi interessi individuali: una prospettiva alla quale in questi anni sono stato molto vicino, trovandomi delle volte ad esserne addirittura il promotore, ma da cui oggi prendo le distanze, trovando proprio nella nicchia umana autentica, nella zona d’ombra, una maggiore (non completa) immuno-intimità, una zona di mancato controllo, in cui la sfera di dominio pubblico non prevarica le intenzionalità più autentiche dell’operare.
Per questo non credo che sia l’edizione a facilitare il contatto con contesti impensabili, ma sempre e comunque il lavoro svolto e che si sta svolgendo dal punto di vista della creazione visiva e teorica. Il cofanetto in questa direzione è dunque uno strumento organico a testimonianza di una fase dell’agire di canecapovolto, che, nel caso specifico, da sempre, mi pare inseguire lo spettatore piuttosto che il fantasma del pubblico.
Alessio Galbiati: Il futuro è obsoleto è anche un volume critico sul cinema di canecapovolto con testi di Adriano Aprà, Sandra Lischi, Massimo Causo, Vito Campanelli, Helga Marsala, Livio Marchese, Salviano Miceli e Roberto Silvestri. Come nasce questo volume? Come siete giunti a questa selezione di contributi critici?
Alessandro Gagliardo: In queste firme si intrecciano e uniscono i nostri percorsi e le nostre amicizie, gente che è sempre riuscita a mantenere un occhio attento al circostante e che in diverse occasioni e in diversi modi ha voluto dare il proprio contributo critico al lavoro di entrambi. Giungere ad un’edizione antologica con queste riflessioni è stato prima di tutto un onore oltre che “sostegno scientifico” interessante.
Alessio Galbiati: Le immagini in movimento soggiacciono prima di tutto a leggi fisiche, il supporto della visione che sia pellicola, video o digitale degrada col tempo. Nella vostra esperienza, ed in particolar modo con la raccolta antologica in questione, quali sono le differenti mutazioni di stato che avete riscontrato? State pensando ad un qualche sistema di conservazione delle vostre pellicole?
Alessandro Gagliardo: Alle prime due domande che poni, rispondi intrinsecamente tu stesso con la riflessione sulla conservazione digitale. Il cinema come materia si degrada alla stregua di un libro o di un vecchio rasoio da viaggio in ferro dei primi dell’800. Questo per dire che la dove continueremo a considerare patrimonio ognuna delle testimonianze del nostro operare storico, la degradazione, quel processo lungo sino alla sparizione, sarà spettro. Condivido l’idea di un “errore storico drammatico” ma non nel suo porsi problematico, cioè come ansia da aggiungere alle altre.
Un errore storico perseguito è la genesi di una entropia, per cui risulterebbe un processo cosciente di deviazione di un corso: se dovessimo perdere tutto, saremo in grado di rifare tutto, magari semplicemente a mente sgombra e diversamente: la storia dell’immagine è ben più antica dei dagherrotipi o della celluloide. Ma non credo che il dvd sia il vero problema, questo supporto è destinato a sparire in poco tempo, è il file il vero nocciolo della questione. Basta considerare l’incalzare progettuale dei sistemi di registrazione di immagini. Stiamo raccogliendo hard disk su hard disk di dati e storicamente non vi è mai stata una tale quantità di sistemi di registrazione con una tale diffusione di massa.
Questo per dire che se a preoccuparci è la conservazione dell’immagine in se, la questione si pone come irrisolvibile, da far ansia a un terapeuta. Della fotografia conserviamo con cura i negativi per essere certi della possibilità di una sua riproduzione. Ciò che dovremmo essere portati a fare oggi è il mirror di una vita intera di accumulazione di dati, il continuo doppio dell’immagine e del resto delle proprie tracce digitali (acquisizioni, testi, audio, etc etc) nella speranza che morto il primo hd resti il gemello. Cosa significhi questo in termini concreti è difficile a dirlo. Penso al fatto che i 3 tera di informazioni che ho accumulato negli ultimi sei anni secondo il principio di conservazione di questa materia, dovrebbero essere già 6, duplicati appunto. Se conduco questa riflessione lungo una vita, immagino un vano del mio appartamento refrigerato che custodisce mattoncino su mattoncino quello che chiamo il mio himmag la mia trascendenza digitale, di cui poi dovrebbe occuparsi una mia probabile discendenza.
Sembra fantascienza, ma è chiaro che non lo è. D’altro canto non sappiamo sino a quando i server (generalmente lontani e non direttamente sotto la nostra responsabilità) possano intendersi come casseforti inviolabili. Resta poi da considerare che nel contempo stiamo maturando, come specie: capacità autostoricizzanti, abilità archivistiche e manie di accumulo senza precedenti. Per cui errore storico o meno, bisognerebbe capire quanto siamo in grado di affrontare la scomparsa senza alcun tipo di drammaticità, in questa direzione probabilmente il futuro potrebbe prospettarsi meno obsoleto.
Alessio Galbiati: Il terzo dvd contiene sette cortometraggi provenienti dalla serie drone. Di cosa si tratta?
canecapovolto: Si trattava dei primi studi sulle strutture modulari e sulla necessità della classificazione di immagini fisse ed in movimento, testi, suoni e musiche. In seguito il discorso si è estremizzato fino ad arrivare a “Stereo_verso Infinito”, il video che non muore mai, che non è mai finito, dal momento che si susseguono cronologicamente una serie di montaggi (ogni volta differenti), ognuno dei quali è abbinato ad una proiezione-evento, irripetibile. Questo sistema è stato il nostro modo di aggirare l’impossibilità tecnica di estendere il metodo “random” del lettore cd al dvd (in quel caso era la macchina ad effettuare il montaggio finale dell’opera).
Alessio Galbiati: Più in generale l’intera vostra produzione audiovisiva si misura di continuo con il concetto di serialità. Il vostro stesso cinema si configura assai di frequente come prodotto seriale, quasi che lo stesso pensiero che lo genera ricerchi nella ricorsività un possibile senso all’apparente caos di ispirazioni e risultati. Questo accade per scelta deliberata, attitudine o cos’altro? Forse siamo sempre nella logica della critica alla società dello spettacolo?
canecapovolto: Obiettivamente abbiamo il culto della serialità nel dna, semplicemente perché riteniamo che qualsiasi “cellula” di informazione non smetta mai di possedere potenzialità comunicative. Non si tratta quindi di trovare un senso nel caos di ispirazioni, quanto piuttosto il suo esatto contrario: aprire di continuo al caos che è capace di generare una sola informazione a seconda della sua posizione e del suo accordo con altre. “Stereo_verso Infinito” è l’apoteosi della serialità e della struttura ma, ancora prima, lavori audio progettati per l’ascolto random o video come “La parola che cancella”, hanno sperimentato la ripetizione come possibilità di liberazione dello spettatore. Siamo nella critica al consumo di informazioni quale spettacolo della comunicazione, somministrato allo spettatore come medicina omeopatica.
Alessio Galbiati: Quali sono gli artisti, i filmmaker, che sentite prossimi alla vostra ricerca artistica?
canecapovolto: Sicuramente Alberto Grifi, i Situazionisti, e più recentemente le pratiche plagi ariste del gruppo Praxis.