Isaac Mao è stato definito il più grande guru Cinese del digitale, con interessi per il commercio, per le comunicazioni elettroniche e, in misura crescente, per le politiche dei network. E’ ampiamente etichettato come venture capitalist, blogger, architetto di sistemi informatici, imprenditore e ricercatore nel campo della tecnologia dell’educazione e della tecnologia sociale, nonchè come uomo che divide il suo tempo tra ricerca, lavoro sociale, affari e tecnologia.

Attualmente è venture partner presso la Neuron VC, direttore di Social Brain Foundation (fondazione che promuove i media sociali e la cultura libera in Cina, includendo in particolare la libertà di accesso, di parola e di pensiero) e consulente di Global Voices Online. E’ anche membro del Berkman Center for Internet and Society all’università di Harvard, dove sta sviluppando la sua Teoria dello Sharism.

Dopo essere stato uno dei primi blogger della community Cinese, Mao è diventato anche co-fondatore di CNBlog.org, il primo sito evangelico cinese di grassroots publishing e co-organizzatore della Chinese Blogger Conference, che ha luogo ogni anno. Attualmente la fondazione supporta, tra altre iniziative, Idea Factory, Memedia, Digital Nomads, Open Education e Creative Commons China. In qualità di software engineer, Mao ha inoltre alle spalle una lunga esperienza dedicata allo sviluppo di software commerciali. Dopo essersi interessato alla ricerca nel campo del social computing, Isaac ha organizzato il primo Social Software Forum in Cina.

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La teoria dello Sharism da lui sviluppata, è in linea di massima un’ideologia che tenta di riconciliare le culture, talvolta idealistiche, della teoria dell’open source e dei new media con la business community tecnologica, creando possibilità sia per la condivisione di contenuti che per i modelli progressivi di redditività. Espandendo il concetto di cloud intelligence, che ha già presentato in diverse mostre e saggi, Isaac Mao chiarisce come e perché ognuno, da artisti e dissidenti fino a investitori e marketer, dovrebbe lavorare per proteggere i propri interessi, offrendo una soluzione per la networked creativity che vada finalmente aldilà dell’ideologia californiana.

Sperando di poter ascoltare un’opinione maggiormente personale di come questo quadro tecnico potrà essere un giorno implementato, Isaac Mao ed io ci siamo incontrati nel caffè al piano seminterrato del Sogo Department Store di Causeway Bay, in un giorno piovoso ad Hong Kong, pochi giorni prima che nascesse il suo secondo figlio.


Robin Peckham:
Sono contento che abbiamo avuto occasione di incontrarci oggi, perché ieri ho diretto un panel sull’apertura degli archivi di arte digitale alla conferenza Wikitopia sul futuro collaborativo e abbiamo accennato allo Sharism. In quel contesto vagamente accademico, sembra che il quadro teoretico del progetto sia a questo punto relativamente chiaro; ma avete fatto qualche progresso nell’implementazione effettiva rivolgendovi magari a un pubblico più ampio?

Isaac Mao: Questo fa parte della filosofia dello Sharism: bisogna dire alle persone come potrebbe funzionare nel mondo fisico, nel mondo reale. Cerco di osservare come la gente possa trarre beneficio da queste idee nella vita quotidiana, particolarmente attraverso organizzazioni e altre attività sociali, come le cosiddette imprese sociali. Condividere non significa solamente “dare”, ci deve essere un ritorno anche per i nostri interessi. Ciò amplifica il nostro contributo alla società, senza cui non potremmo essere sempre sostenibili. Prima di iniziare il progetto Sharism mi focalizzavo prettamente sulla tecnologia, specialmente sul modo in cui le persone implementano diversi tipi di nuove tecnologie che aiutano a collaborare significativamente. Dovremmo provare a pensare ai segni e alle tracce che creiamo nel corso del tempo. Il sistema tradizionale non registra i nostri risultati a lungo termine. Lo “Sharism” ti indica una via: puoi sempre guardarti indietro e conservare il tuo spazio grassroot su scala umana, una sorta di storia scritta dai singoli individui. Grazie ad esso possiamo creare uno scenario di cloud intelligence, e mano a mano che le persone trasmettono le loro conoscenze a questa “nube” questi cambiamenti, uno per uno, possono raggiungere un determinato livello.

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Robin Peckham: A proposito, come si concilia la privacy con il contesto dello Sharism?

Isaac Mao: Penso che la privacy stia acquisendo sempre più importanza. Lo Sharismo dà alle persone un miglior senso dello spettro sociale. Prima avevamo solo due modalità polari: privato e pubblico, e di certo non ci fa piacere che la nostra sfera privata diventi di dominio pubblico. Tuttavia, adesso stiamo vivendo in uno spettro mai sperimentato prima. Alcune cose sono private in determinati momenti, ma in altri non lo sono, in relazione al contesto oppure alla persona con cui ci troviamo. Questo è uno spettro che possiamo gestire e grazie al quale siamo in grado di scegliere che tipo di informazioni condividere o meno. Alcune volte condivido cose diverse con persone diverse. E’ una sorta di strategia. Oggi gestiamo la privacy in modo molto più intuitivo. Sicuramente, ci sono volte in cui non mi piace condividere il mio numero di casa e il mio indirizzo in determinati posti, come per esempio in Cina. Ma in altri paesi la situazione può essere differente, a seconda delle diversità culturali o della sicurezza.

Ma stiamo assistendo ad alcuni cambiamenti. In Cina ad esempio, molti dissidenti e attivisti rivelano apertamente le loro informazioni personali. Perché? Perché prima non lo facevano per proteggersi e per non essere rintracciati dal governo. Qualcuno potrebbe volere che le persone conoscano la sua posizione, per poter agire in segreto. Ma adesso, molti stanno rivelando le proprie informazioni personali perché ne scorgono il potere sociale. Una volta che hanno svelato la propria posizione, il numero di casa e i viaggi in programma, più persone nella “nube” possono sapere dove si trovano nello stesso momento delle autorità. Sono protetti, anche se rintracciabili. Ciò è già successo nel corso degli ultimi due anni: la gente vuole sostenere i dissidenti e le organizzazioni, ma allo stesso tempo si preoccupa della sicurezza personale. Se supporti qualcuno puoi finire anche tu nei guai, ma se spedisci solamente una cartolina, o 140 unità di informazione, chi può toccarti?

Ho studiato un po’ di neuroscienze, e i neuroni all’interno del nostro cervello tendono a somigliare alle strutture sociali: in altre parole,i singoli individui possono essere paragonati a neuroni sociali. Forse sono diversi dai neuroni biologici dal punto di vista strutturale, ma la teoria può essere simile. Possiamo vedere come le persone creano tra di loro i vari canali di input e output, e ognuno di noi ha svariati canali per connettersi con persone diverse in contesti diversi. Se potessimo portare queste cose in uno scenario tecnico non avremmo bisogno di continuare a controllare manualmente ogni canale, altrimenti avremo un sovraccarico totale. Molte persone si stanno occupando di questo proprio adesso: il sovraccarico di informazioni. Ed è già un pesante fardello. Come possiamo affrontarlo? Come possiamo riuscire ad andare di pari passo con blog, microblog, social network e così via? La tecnologia può provare a semplificarci la vita. Condividendo queste informazioni più persone possono unirsi e più informazioni possono essere condivise.

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Robin Peckham:Vorrei interromperti per entrare più nello specifico. Durante la scorsa primavera, quando ci siamo incontrati a Shanghai allo Xindanwei, eri ancora in fase di brainstorming con i tuoi collaboratori Jon Philips e Christopher Adams. Allora, discutevate se il progetto dovesse diventare un software di tipo service based in the cloud , una specie di piattaforma generale, o altro. Lo inseriresti oggi all’interno dei blog e di altri format, come i plug in che ora consentono i tracciamenti sui contenuti condivisi? È questa la direzione che sta prendendo lo Sharism ora? Attualmente stai lavorando su una qualche piattaforma tecnica?

Isaac Mao: Sì. Al momento stiamo utilizzando Sharism.org come una piattaforma aperta per identificare un protocollo. Un protocollo come quello GSM che permette ai telefoni di parlare tra di loro nella stessa lingua, che permette a due entità di stringersi la mano e di trasferire informazioni. Siamo tutti neuroni sociali con sinapsi e nodi, e se ci interessano queste connessioni, che si realizzano attraverso qualcosa come lo Sharism, abbiamo bisogno di un protocollo comune per comunicare. Abbiamo ora definito un Open Share Protocol (OSP) basato sulla descrizione di percorsi con valore aggiunto. Si tratta di provare a fornire strumenti tecnici agli individui, e interfacce alle aziende. Se qualcosa viene ritenuta di valore verrà condivisa. Alla base del sistema di banche dati condivise c’è OSP, che si basa interamente sulla buona volontà. Desideriamo che le persone siano maggiormente disposte a realizzare progetti insieme, secondo giustizia. Questo aiuterà più persone a capire e a riconoscere l’influenza: se ho più share e sono diventato influente, posso raccomandarti come “brava” persona, una persona “condivisibile”. A questo punto altre aziende potranno premiarti, non solo perché citi i loro interessi ma anche per la condivisione in generale.

Robin Peckham: Chi firma gli “share” con cui cominciare? Solo le aziende?

Isaac Mao: Penso che alcune delle prime entità necessarie ad avviare il sistema di banche dati condivise saranno le imprese sociali, perché incoraggiano comunque le persone a condividere. Vogliono che le persone contribuiscano e offrano, ma allo stesso tempo vogliono anche registrare i loro contributi. Per esempio, attualmente abbiamo cartelloni pubblicitari che ogni anno annunciano i più importanti benefattori. Ma non è abbastanza, perché ci sono milioni di persone che contribuiscono con tempo e potere sociale, offrendo così molto più della semplice porzione finanziaria. Abbiamo bisogno di maggiori contributi sociali da parte di tutti. Questo tipo di sistema di condivisione potrebbe essere attuato innanzitutto nelle imprese sociali, come Xindanwei, che supporteranno l’OSP. Ogni volta che quindi si posterà sul proprio blog, la piattaforma del blogging registrerà gli share all’interno del sistema e se verrà citato Xindanwei i due sistemi comunicheranno tra di loro attraverso questo protocollo, e il sistema di blogging eseguirà il trackback alla banca dati condivisa presente in Xindanwei, che aggiungerà valore all’account di share.

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Robin Peckham: È un’operazione che avviene automaticamente o è supervisionata da qualcuno all’interno dell’azienda? Cosa accade se c’è un “cattivo share” che influisce negativamente sull’azienda?

Isaac Mao: L’operazione deve essere fatta manualmente. C’è qualcuno che giudica il lavoro, ma non ci sono “buone” o “cattive” condivisioni. È un argomento molto discusso attualmente dagli sviluppatori. Suggerisco caldamente ad un’organizzazione come Xindanwei di continuare a richiedere di riconoscere anche i commenti negativi. Il protocollo supporta le citazioni e l’atto di citare, proprio perché vediamo molta spazzatura on line allo scopo di ottimizzare i motori di ricerca. Se il protocollo rimanda quindi ad una reale identità, come Isaac o Robin, saremo disincentivati a pubblicare spazzatura perché in quel caso il nostro valore sociale si ridurrebbe rapidamente. Le aziende non dovrebbero preoccuparsi troppo di essere criticate. Se il tuo blog fa il track back al protocollo Xindanwei, le aziende non potranno certo rifiutare così facilmente quella pubblicità. Ma questo sistema potrebbe evolversi grazie ad ulteriori dibattiti.


Robin Peckham: In questo sistema sembrerebbe molto facile inviare
dello spam. Se volessi molta Coca Cola gratis potresti scrivere solo di questo, ignorando completamente temi più centrali come il Creative Commons o lo stesso Sharism.

Isaac Mao: È molto interessante. Siccome puoi condividere tantissime cose, qualsiasi cosa tu voglia per la verità, un sistema o un altro la registrerà. Ma se tu metti fuori troppe cose, il social network ridurrà notevolmente il valore. Devi saper scegliere cosa è meglio per te stesso.

Robin Peckham: Come fa il tuo network ad influenzare gli share che stai raccogliendo?

Isaac Mao: Il network stesso è una specie di gatekeeper per l’intera piattaforma, che è un sistema molto distribuito. Queste persone, questi nodi umani, possono dare ulteriore peso al valore del tuo sharing. Per esempio, se la banca dati condivisa di Coca Cola prova a registrare i tuoi sharing, questa giudicherà i tuoi punti in base a ciò che sta intorno al tuo grafico sociale, o in base a quanto il tuo share arriva lontano. Quanto è grande o quanto distante può arrivare il tuo sharing genera un impatto sul valore che hai. Ti potrebbero assegnare uno share per ogni esempio di sharing, più uno share per ogni persona che influenzi con quell’esempio. Questo tipo di sharing potrebbe poi essere diverso da una banca all’altra. Xindanwei, ad esempio, potrebbe avere alcune alterazioni. Forse un post in un blog potrebbe valere uno share in quella banca, ma quando raccogli 1000 share puoi ottenere il 20% di sconto. Devi condividere di più per ottenere questo tipo di incentivo.

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Robin Peckham: Tutto ciò non premierebbe eccessivamente le persone che sono già influenti e hanno molte connessioni per ragioni che potrebbero non essere legate allo sharing? Ad esempio, qualcuno come te o Joi Ito potreste scrivere molto sulla open culture, ma questo mondo è parte di quello che fate, quindi ha senso che abbiate decine di migliaia di seguaci e possiate accumulare quel livello di valore di share. Ma che cosa succede quando si tratta di qualcuno come la pop star Justin Bieber, il magnate dell’immobiliare Pan Shiyi, o addirittura il falso account su Sina Microblog del premier cinese Wen Jiabao? In che modo si attribuisce valore al loro lavoro? Viene fatto tutto attraverso i conti dei follower?

Isaac Mao: Si tratta di risonanza. Ci sono persone che raggiungono il milione di seguaci in una notte, forse perché sono già famose nella vita reale, ma poi non dicono nulla di veramente rilevante, postano solo una parola o una frase ogni settimana. Ciò rende difficile per gli share di valore accumularsi sui diversi sistemi. Non possono generare un accumulo di share dinamico senza un blog o altri content tool. Potrebbe succedere che, con un milione di follower, qualcuno potrebbe essere influente solo perché è già importante nel mondo tradizionale, cioè già riconosciuto. Ma qualcun altro con solo un migliaio di seguaci potrebbe avere un effetto simile attraverso la forza dello sharing, del content, dei network. Un buon messaggio potrebbe generare un milione di post di risposta. Penso che sia più giusto rispetto a prima. Nella teoria mediale tradizionale, se ho un milione di follower sono in cima a tutto. Ma se qualcuno grida in strada, e solo cinque persone possono sentirlo e nessuno si preoccupa, perché il messaggio non è udibile, allora non può essere trasmesso. Ma ora disponiamo di percorsi continui che collegano una persona all’altra. Non posso essere disconnesso. Questo valore attribuisce a quella persona più potere, aiutando le persone comuni a diventare collaboratori più importanti delle celebrità.

Robin Peckham: Si parla molto adesso di come l’arrivo di Google Instant rappresenti la morte delle strategie di ottimizzazione per motori di ricerca SEO (Search Engine Optimization), dato che ora quando si effettua una ricerca è possibile cambiare l’oggetto ricercato direttamente mentre lo si digita, senza vedere più la sequenza di parole chiave. La preoccupa il fatto che questo tipo di sistema di indirizzamento basato sullo sharism potrebbe portare verso una nuova forma di ottimizzazione in cui le persone inizieranno ad utilizzare solo parole chiave come contenuto della loro attività di sharing?

Isaac Mao: Durante i due anni che abbiamo dedicato allo studio intensivo dello sviluppo dei social media, diversi sono stati i casi di abuso con cui ci siamo confrontati. Ad esempio, ci siamo imbattuti in utenti che cercavano di inondare di spam altri utenti utilizzando molti hashtag (simboli del cancelletto) e retweet (brevi commenti di risposta su Twitter) all’interno dei messaggi che inviavano, oltre ad aggiungere un numero sempre maggiore di destinatari proprio per cercare di catturarne l’attenzione. Ma dopo un certo periodo di tempo le persone hanno iniziato ad imparare a riconoscerli, cominciando ad accorgersi di loro non tanto per l’informazione che inviavano quanto per il comportamento molesto che avevano. Le persone hanno così imparato a non badare a quei messaggi e a bloccare quegli utenti. Anche Twitter è molto attento a questo tipo di problema. Sono diversi infatti i livelli in cui i gatekeeper, ovvero quelle figure che si occupano di filtrare l’accesso alla rete, entrano in azione. Ma vorrei sottolineare in modo particolare l’importanza dell’aspetto sociale di questa equazione. Infatti, quando un numero sempre maggiore di utenti inizia a rendersi conto del problema, riesce ad agire da filtro, allontanando definitivamente il problema stesso dalla rete. Se questo non accade del tutto, lo spam diventa comunque meno importante di prima e dopo un po’ di tempo gli stessi spammer rinunciano, poiché richiederebbe loro troppo sforzo continuare. Se uno spammer intuisce che pagare quel prezzo non gli conviene, infatti, smetterà. E’ come se fosse una valutazione economica a tutti gli effetti.

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Robin Peckham: Abbiamo parlato un po’ di come questa connessione funziona per l’utente, che viene ricompensato attraverso il sistema di banche dati condivise. Ma tu che, oltre ad essere un attivista nel campo dei social media interessato alla new economy, tra le altre cose sei anche un imprenditore che lavora con tecnologie di investimento, hai trovato un modo per monetizzare il valore di questa piattaforma, soprattutto per la crescita della tua attività?

Isaac Mao: Il protocollo è aperto, ma sto cercando di investire in nuovi business per diffondere il sistema di banche condivise, inserendomi proprio nei loro attuali modelli aziendali che per il momento si preoccupano soltanto del ritorno economico. Adesso viviamo ancora in un mondo in cui un’azienda deve riuscire a sopravvivere nella realtà tradizionale, ma nello stesso modo in cui vogliamo riavere indietro il nostro denaro vogliamo anche fare più affari, per poter mettere a fattor comune con il pubblico beni e servizi sempre migliori. Vogliamo che le persone ne parlino e passino parola. Crediamo che questo potrebbe accadere dai due ai cinque anni, con un grande impatto sociale per l’azienda in cui stiamo investiamo oggi. Questo è ciò che crediamo. E in questo modo possiamo riuscire a vendere sempre più prodotti e servizi al mondo tradizionale. Dal punto di vista della psicologia del consumatore, egli crede soprattutto a quello che dicono gli altri…e pensare che oggi utilizziamo soltanto una piccola parte di questo sistema di condivisione. Vogliamo che le persone parlino della nostra attività ed è per questo che premiamo i tastemakers che decidono di far circolare informazioni su di noi. Se riusciamo ad avere la loro attenzione, a farli parlare di noi, potremmo riuscire a influenzare persino quelle persone che non amano l’idea della condivisione.

Robin Peckham: Aziende come Coca-Cola devono pagarti per poter utilizzare questo protocollo? Oppure la tua attività è totalmente esternalizzata?

Isaac Mao: No. Non voglio che nessuno paghi per utilizzare un sistema aperto di sharing, né per un lavoro di progettazione concettuale. Ad ogni modo, potremmo pensare di organizzare dei programmi universitari improntanti sullo Sharing per insegnare alle persone come progettare i propri prodotti e strutturare così la propria attività seguendo delle linee guida. Potremmo collaborare con istituti che offrono master MBA, per organizzare curricula e corsi demo su come ridefinire le attività aziendali o su come investire nei social media e nelle attività di sharing per riuscire a ricavare una rendita economica migliore dalla propria strategia aziendale. Questo tipo di lavoro potrebbe essere redditizio già soltanto grazie alla formazione e all’insegnamento. E’ comunque un tipo di servizio.

Robin Peckham: E per quanto riguarda i dati degli utenti? Li immagazzinate in modo che vi possano tornare utili?

Isaac Mao: Vogliamo che i dati restino su Cloud differenti, poiché potrebbe essere necessario sincronizzarli automaticamente o lavorare attraverso conflitti dati dall’inconsistenza dei record. Anche questo, in fondo, è un tipo di potere sociale. Il sistema, dal concepimento iniziale fino al suo stato attuale, è diventato sempre più integrale, in grado da solo di dare una spiegazione alle parti mancanti del mondo. Si sa che tradizionalmente si fanno affari con una mano e beneficienza con l’altra. Se un uomo malvagio fa un sacco di soldi e poi fa opere di bene, dopo molto tempo potrebbe non esserci più alcuna traccia delle sue malefatte. Questo non è giusto. Naturalmente cerchiamo di integrare ogni aspetto del comportamento umano: gli affari, la creatività, l’informazione. In questo modo il mondo potrebbe davvero diventare più giusto, proprio come nei nostri sogni. La teoria sulla dottrina dello Sharism sta diventando sempre più intrinseca all’auto-implementazione. Sempre più persone, infatti, si stanno unendo alla ricerca, che di certo non è ancora completa. Devo ancora fare molto per evangelizzare, per cercare cioè di convincere sempre più persone a sviluppare queste parti tecniche e per riuscire a far emergere le deficienze del sistema in modo da poterlo correggere, implementare e adattare al mondo reale. Abbiamo una missione nobile.

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Robin Peckham: Avete già una data per il lancio del protocollo?

Isaac Mao: Prima del lancio vero e proprio vogliamo cercare di fare attività di divulgazione, proprio come la prossima conferenza sullo Sharism durante il Get It Louder Festival che si terrà a Shangai alla fine di Ottobre, e i vari programmi accademici e di formazione organizzati per master MBA, aziende, artisti e insegnanti. Soltanto a quel punto la realizzazione tecnica potrebbe risultare più matura. Credo che all’incirca per la fine del 2011 riusciremo ad avere un annuncio più ufficiale sul lancio del primo progetto, seguito da una data di pubblicazione del mio libro sullo sharism con una raccolta di notevole rilievo delle teorie storiche di maggiore supporto. Questa non è una teoria ideata nell’arco di una notte, ma una teoria che si fonda su un vasto numero di esempi educativi. E non è rivolta solo al mondo delle aziende. Vogliamo infatti che anche gli studenti o gli insegnanti imparino a condividere, in modo da far nascere una nuova realtà di sharing.

Il sistema non è affatto unidirezionale, ma molto più complesso. Vogliamo attingere dall’eredità che ci hanno lasciato le teorie del behaviorismo e del costruttivismo, per aiutare gli studenti a capire che se imparano a condividere potranno riuscire a ricavare molto di più da chi gli sta intorno, costruendo così la propria fiducia. Riuscire ad avere più fiducia nei bambini potrebbe essere davvero un grande risultato. Perché loro potrebbero avere più fiducia nel mondo, e quindi più fiducia negli altri. Ecco qual è la vera essenza dello sharism.

http://sharism.org/

http://www.isaacmao.com/