Succede che per far risparmiare soldi ai propri clienti che devono trasportare gigantesche macchine industriali nelle fiere in tutto il mondo, si sviluppino delle tecnologie di rappresentazione video che consentono, dieci anni più tardi, di lavorare come direttore della stereografia nel mediometraggio Il Volo, diretto da Wim Wenders, prima fiction stereoscopica italiana.

A raccontarmi l’inconsueto percorso della stereografia italiana è Giampiero Piazza fondatore e direttore della Lilliwood, società bolognese specializzata in questo genere di riprese. “Ho iniziato 38 anni fa nel campo della fotografia industriale facendo grafica in modo tradizionale – ricorda Piazza – ma tutte le volte che si sono intraviste nuove possibilità abbiamo sempre cercato di seguire la cresta dello sviluppo tecnologico”.

Fino a qualche anno fa il business – portato tuttora avanti con la Xilostudios – era dato prevalentemente dalla realizzazione di film industriali e sportivi. Fino a quando una richiesta un po’ inconsueta non deviò le attenzioni di Piazza e soci verso lidi inesplorati. “Un nostro cliente che produceva gigantesche macchine automatiche ci chiese, quasi per gioco, di realizzare dei video per poterle presentare nelle fiere internazionali, tagliando così i costi di trasporto”. Una sfida che fu presa molto sul serio.

All’epoca facevano notizia i primi cinema Imax e il 3D, che ci ispirò a quel tipo di girato, con tutte le dovute differenze di budget a disposizione. “Fare riprese stereoscopiche di macchine industriali è tutt’altro che semplice – spiega Piazza – non sai mai qual è il punto di osservazione dello spettatore”. Questo crea un problema non da poco: non siamo di fronte ad un film dove lo sguardo è rapito dai movimenti del protagonista e l’orizzonte può magari non essere perfettamente a fuoco senza che l’osservatore se ne accorga subito. Per queste riprese industriali ci vuole più attenzione perché ogni persona – e possibile acquirente – può essere rapito da un dettaglio particolare e tutto deve essere quindi perfettamente a fuoco.

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Se girato male è per sempre

Per Piazza inizia una ricerca continua per scovare i materiali di lavoro migliori (llì troverà presso alcune aziende artigiane tedesche), da fondere con lo sviluppo di un metodo, di un’arte, per superare la tradizione Americana che vuole l’utilizzo, in ambito cinematografico, della tecnica delle telecamere affiancate per riprodurre la visione binoculare umana. “Anche Cameron in Avatar ha lavorato così e ci sono alcune scene del film che sono inguardabili, perché ciò che circonda il protagonista è totalmente fuori fuoco”, commenta ancora Piazza.

Alla tecnica viene affiancata e sviluppata la figura del direttore di stereografia, il cui ruolo si riassume con una metafora: “E’ come accordare gli strumenti – dice ancora il fondatore della Liliwood. In musica si va ad orecchio e per tentativi, facendo leva sull’esperienza, in stereografia il direttore fa collimare a occhio le due dimensioni classiche del cinema con la profondità aggiunta dalla stereografia”.

Una filosofia di lavoro che può sembrare molto romantica ma che Giampiero Piazza giudica necessaria. “Una volta che un film è girato con immagini sfocate, l’imperfezione rimarrà per sempre, non c’è rimedio” osserva ancora, convinto che il pubblico in sala imparerà a riconoscere istintivamente l’errore così come accadeva alle fiere dove presentava i suoi filmati industriali raccogliendo sempre le impressioni dei presenti per correggersi, passo dopo passo.

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Ma da dove sbuca Wenders?

Così mentre Piazza e soci portano avanti le loro ricerche, dall’altra parte dell’Italia, la regione Calabria commissiona al regista Tedesco di culto Wim Wenders, un cortometraggio per promuovere il turismo. In questa storia di eventi che deragliano dai binari che dovevano percorrere, succede che il regista resti colpito da una vicenda locale di immigrati, così tipica del Sud Italia degli ultimi anni.

Trasforma innanzitutto il corto in un medio metraggio, ed entusiasta del 3D che impazza ovunque incontra la Lilliwood (come detto conosciuta nel mercato Tedesco): i due soggetti iniziano così a girare un film senza effetti speciali, in stereoscopia. “A Wenders abbiamo offerto i nostri sistemi di puntamento e la nostra esperienza – racconta ancora Piazza, che bacchetta le grandi case di produzione statunitensi – spesso troppo pretenziose in un lavoro che ha molto di artigianale”.

“Usare la stereografia per fare uscire oggetti dallo schermo – conclude l’artigiano del video – è un uso ancora limitato di questa frontiere narrativa, che supererà presto lo scetticismo che l’avvolge, come accadde a suo tempo con l’introduzione di sonoro e colore”.

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L’entusiasmo di Wenders per il lavoro svolto è ritenuto confortante, anche se è difficile immaginare quale possa essere il circuito distributivo di questo prodotto, troppo lungo per andare al cinema da solo e troppo corto per accompagnare i lungometraggi. Rimarrà comunque interessante ricordare anche in futuro l’importanza di questa ‘improbabile storia di intrecci, che hanno portato a quella che verrà considerata come la prima produzione stereoscopica Italiana.


http://www.lilliwood.eu/