Christian Zanési è un compositore francese e il responsabile della produzione di programmi radiofonici per France Musique e France Culture presso il GRM (Groupe de Recherches Musicales) a Parigi, istituzione che ha festeggiato l’anno scorso il 50° anniversario, e realtà inserita nella più grande INA (Institut National de l’Audiovisuel).

Allievo di Pierre Schaeffer, Zanési è stato recentemente premiato con lo Special Qwartz alla quinta edizione del Qwartz Electronic Music Awards.
Lo abbiamo incontrato e intervistato durante il Festival Présences Électronique 09, di cui è direttore artistico, evento che esplora il legame tra la Musique Concrète di Schaeffer e le nuove sperimentazioni sonore (una co-produzione con Radio France).

Il GRM è stato, ed è ancora oggi, un luogo unico per la produzione e l’investigazione nel campo della musica elettroacustica. La teorizzazione del suo fondatore Pierre Schaeffer è contenuta nel libro di riferimento “Treaty of Musical Objects – Traité des Objets Musicaux”, pubblicato nel 1966, dove il grande compositore Francese sviluppa il suo personale e innovativo pensiero musicale relativo all’Oggetto Sonoro e alla musica concreta (volume di ben settecento pagine, n.d.r.).
Consiglio altresì la lettura del saggio di Michel Chion “Guide To Sound Objects” (ora in inglese via www.ears.dmu.ac.uk), una valida introduzione a questa voluminosa opera .

Nella teoria schaefferiana, l’ascolto ridotto è l’attitudine che consiste nell’ascoltare un suono astraendosi dalla sua origine e da qualsiasi preconcetto, in modo tale da diventare coscienti del materiale musicale, facendo riferimento solo a ciò che viene udito.
Nell’esperienza dell’ascolto, ogni suono deve avere una forma, e ogni forma deve avere un contenuto sonoro. Scopriamo quindi con Christian Zanési il potenziale musicale dei suoni.

Photo by Serge Lido – Pierre Schaffer

Matteo Milani: Lei afferma spesso che il suono è di primaria importanza. Come possiamo ad esempio “orientarci” e riconoscere suoni già sentiti, senza la relazione causa-effetto?

Christian Zanési: Dobbiamo prendere in considerazione il suono in un contesto musicale, non si tratta di riconoscere un suono, è una questione di espressione. Ogni compositore, ogni musicista, ha un certo tipo di suono personale, un suono che è la propria firma e quando lo trascrive nel proprio lavoro, nel proprio progetto artistico, l’idea non è quella di provare e giocare agli indovinelli, questo è questo suono, questo è quell’altro; c’è un livello più alto a cui appartiene, e questo livello è quello delle relazioni musicali, relazioni espressive. Quando ascoltate un concerto, per esempio per violoncello e orchestra, non pensate ogni secondo “questo è il suono del violoncello”, semplicemente ascoltate la musica. Ed è lo stesso con il suono. C’è poi un secondo livello che è un po’ più complesso: è vero che alcuni suoni rivelano un’immagine. Di tanto in tanto ci può essere ambiguità, e questo è anche parte di una retorica, o di un modello antico, ed è possibile che questo provochi una certa curiosità e al tempo stesso si mescoli all’espressione. I compositori sono davvero strani.

Matteo Milani: Nei primi 50 anni di musica elettronica, l’assenza di elementi visivi durante le performance ha limitato o favorito l’esperienza di ascolto?

Christian Zanési: Beh, naturalmente noi al nostro festival, Présences Electroniques, preferiamo puntare l’attenzione sul suono: a volte proponiamo delle esperienza audiovisive, ma la natura, la fisiologia, fanno dell’immagine una priorità sul suono. Per questo noi, dal momento che abbiamo sviluppato un sistema di proiezione davvero molto sofisticato, preferiamo quel tipo di esperienza di ascolto; è più completa, non abbiamo bisogno di nient’altro, è un orientamento, è uno dei punti di forza del nostro festival. Vogliamo questo, offrire agli artisti il miglior sistema di proiezione del suono possibile, la migliore definizione, e pensiamo che ciò sia tutto. Siamo dalla parte della musica: io ho avuto spesso esperienza diretta e ho visto musicisti durante delle performance audio-video, e di rado mi hanno convinto. A volte sì, ma diventa qualcos’altro: noi cerchiamo di raggiungere un altro livello, vogliamo esplorare l’universo completamente musicale, il suono e la sua elaborazione.

Courtesy by Wikipedia – Christian Zanesi

Matteo Milani: Ci potrebbe dare una definizione più approfondita del concetto di écoute réduit (ascolto ridotto) di Pierre Schaeffer?

Christian Zanési: Negli anni ’50, quando raggiungevamo la fine di un disco, l’ultimo solco veniva ripercorso all’infinito ed era in piena modulazione. In tutti i vinili di oggi, c’è invece un solco chiuso con un silenzio, per evitare che la puntina esca dal piatto. Schaeffer ascoltò quindi questo fenomeno, e il fatto che il suono si ripetesse gli aveva fatto capire che alla fine stavamo ascoltando il suono in sé: non avremmo detto “questo suono è chiuso o no, comincia così, è più o meno acuto, è più o meno brillante, è più o meno denso”; in quel momento Schaeffer immaginò che noi potessimo ascoltare dentro al suono registrato, il che significava che potevamo verificare, convalidare, oggettivizzare il fenomeno ascoltando le peculiari caratteristiche del suono, come inizia e come finisce, in che tessitura è, se è chiaro o scuro, intenso, vicino o lontano. Questo significa oggettivizzare l’ascolto, questo è l’écoute réduit.

Matteo Milani: Ci potrebbe spiegare la sua visione dei principi di organizzazione del suono? La definizione dello scopo del suono, gli aspetti oggettivi e soggettivi, l’articolazione, l’iterazione, la qualità dell’informazione, il linguaggio musicale.

Christian Zanési: Nella musica classica, gli elementi costitutivi di un’opera funzionano in modo organico, ci sono cioè delle conseguenze: quando metti due suoni assieme, si crea un’armonia, per esempio un coro, e se aggiungi un altro suono il coro cambia completamente timbro. Questo è un principio organico. Possiamo fare lo stesso con il suono che sceglie il compositore e immaginare la musica a volte come un collegamento verticale, altre come uno orizzontale. Questo è un sistema organico, e il sistema organico è un sistema biologico, in un certo modo copiato da quello vivente. Dal momento che noi tutti funzioniamo seguendo principi viventi, siamo particolarmente capaci e specializzati nel riconoscere un sistema organico; come organizzare un suono, perché mettere questo suono con quel suono, e perché dopo quel suono bisogna aggiungere quell’altro..beh, queste sono relazioni organiche.

Matteo Milani: Cosa ne pensa della causalità nascosta (tra ciò che il pubblico vede e ciò che sente)?

Christian Zanési: La capacità di ascolto è un fenomeno molto complesso, e mentre un compositore è all’opera è difficile essere coscienti di tutto; un artista lavora molto a livello intuitivo, l’intuizione è un super-computer che ci dà subito la risposta. Ma se parliamo di genesi, del perché facciamo determinate scelte, ci vuole un’eternità. Quindi le relazioni, il suono, non è all’interno di un singolo “orecchio”: c’è un orecchio molto antico per esempio, che è l’orecchio che usiamo per attraversare la strada, il nostro senso del pericolo. L’udito è riconosciuto essere un prolungamento del senso del tatto; immaginate infatti di trovarvi in una foresta, nel momento in cui un grosso predatore sta cacciando, sapete che se vi tocca siete morti. Quindi l’udito è un prolungamento del tatto, vi permette di prevedere l’arrivo di un predatore.

In generale ci sono diversi tipi di udito: uno che percepisce informazioni estetiche, uno che percepisce informazioni sul comportamento degli altri. Qundi, mentre lavoriamo con il suono, abbiamo attivato alternativamente molti “uditi”. Quando inizia un brano musicale e il suono comincia a circondarvi, risvegliate l’udito l’ancestrale, il primitivo “orecchio”, il senso del pericolo, poiché in natura qualcosa che vi gira attorno è qualcosa che cerca di catturarvi: un compositore è in qualche modo cosciente di questo meccanismo, e ci gioca. È molto difficile rispondere quindi a questa domanda, perché l’orecchio è un apparato molto complesso, così come la realtà che ci circonda. Ma per natura abbiamo tutti il dono dell’udito, poiché senza di esso non potremmo attraversare la strada, non potremmo sentire qualcosa dietro di noi, non potremmo vedere ciò che ci circonda attraverso il suono.

Matteo Milani: La cultura di massa e il consumismo hanno creato in qualche modo una mancanza di “attenzione d’ascolto”?

Christian Zanési: Penso che in lina di massima l’orecchio sia intatto, ma è la domanda che deve essere scoperta e risvegliata. Anche se c’è una cultura di massa, bisogna affermare l’importanza dell’udito. Ma il confine è molto sottile, tra il pensiero dominante e l’avventura; possiamo attraversare questo confine molto in fretta, dobbiamo solo aprirci e creare dei ponti. Anche in questo caso ci sono temi molto seri di cui discutere: per esempio, l’idea dominante di rock deve creare un “orecchio” particolare, e possiamo recuperare quest’orecchio usando musiche sperimentali. Il mondo non è fatto di casi separati da confini inviolabili; al contrario, non c’è interruzione della continuità tra suoni. Personalmente sono molto attento nei confronti della musica popolare, perché so che ci sono casi di riciclaggio, di sperimentazione, ma è anche un genere che può essere sperimentato. Dobbiamo stare attenti, dobbiamo evitare soprattutto di essere dogmatici, fondamentalisti o categorici. Al contrario dobbiamo osservare quello che accade, provare ad avvertire in ogni pratica, in ogni cosa, qualcosa di diverso dal progetto variabile della musica, dal progetto variabile degli uomini e vedere come questo può essere superato.

Matteo Milani: Qual è stato il ruolo dello spazio fisico nella pratica della proiezione del suono nella storia del GRM (Groupe de Recherches Musicales)?

Christian Zanési: Negli anni ’50, quando Schaeffer inventò la musique concrète, con i suoi collaboratori, si domandarono immediatamente come far sì che tutti potessero ascoltarla in uno spazio pubblico, in una sala da concerti. Schaeffer disse: “se dobbiamo andare alla Carnegie Hall, come facciamo, non possiamo usare un solo altoparlante in scena, sarebbe un po’ ridicolo”. Anche le dimensioni del concerto, il modo in cui presentare questa musica al pubblico, furono tutti elementi che vennero analizzati, poco a poco; anche l’industria del cinema giocò un ruolo importante, poiché negli anni ’60 l’impresa Dolby creò il surround grazie all’invenzione del Cinemascopio. Oggi seguiamo questo processo per il quale la gente vive il suono in una dimensione maggiore ed è contenta di venire a un concerto, perché pensiamo che un concerto debba essere un momento particolare e privilegiato, magari uno spettacolo, e che ci sia una differenza tra la musica ascoltata in una sala da concerti e quella a casa propria; che ci sia in altre parole, qualcosa di veramente spettacolare in quel momento che giustifica la scelta del concerto. Ci sono quindi molti modi per affrontare il problema, noi ne abbiamo scelto uno, ma ce ne sono altri.

Matteo Milani: Potrebbe descrivere il suo processo compositivo? Come si arriva dall’idea al suono, all’elaborazione, alla struttura, alla forma?

Christian Zanési: Questa è una domanda personale: se facesse questa domanda a un altro compositore, le risposte sarebbero differenti. Per quanto mi riguarda, non passo dall’idea al suono, ma al contrario passo dal suono all’idea. Ho bisogno di trovare il suono che mi colpisca per diversi motivi (e se avessi il tempo spiegherei questi motivi e farei esempi, ma non ne ho): all’interno di questo suono c’è sempre un potenziale, e l’idea nata da questo suono non è un suono soggetto a un’idea, ma l’opposto. Possiamo pensare per esempio al suono come a un qualche tipo di fuga, il che significa che c’è il potenziale per un qualche sviluppo. Io per lavorare ho bisogno di trovare un suono che crea uno shock emotivo, come qualcosa che si impone, e che sarà quindi la fonte del mio lavoro. In quel momento possiamo ascoltare il suono in profondità, non per ciò che è ma per ciò che può diventare; ascoltiamo il suono come un elemento promettente di una struttura musicale. Ma questa è una risposta personale.

Matteo Milani: Lei lavora con materiale stereofonico per raggiungere una spazializzazione dal vivo o preferisce progettare traiettorie e posizioni spaziali del suono direttamente in studio?

Christian Zanési: Lavoro principalmente con materiale stereo, perché il mio studio non è polifonico, e ho molta esperienza con la proiezione del suono negli auditorium. Con una fonte stereo puoi dare l’illusione di un’opera polifonica, per cui mi occupo sia di concerti live, sia di opere acusmatiche. Al giorno d’oggi le performance live e quelle acusmatiche coesistono pacificamente, si esaltano a vicenda a seconda del posto, tempo e progetto. La musica concreta nacque negli anni ’50, e dopo quegli anni si è cercato di creare un nuovo ramo che facesse da da versione live, performativa, di questa musica. Quest’evoluzione ebbe inizio nel 2000, poiché i sistemi di oggi (i computer cioè) sono molto più veloci di vent’anni fa e gli strumenti per l’elaborazione del suono lo permettono. Ma questi ovviamente si sono sviluppati perché c’era un forte desiderio di svilupparli. Non ci sono tecnologie che arrivano spontaneamente.

Photo by Guy Vivien – GRM 1959

Matteo Milani: Quali sono infine i suoi strumenti di lavoro per un editing non lineare e una elaborazione del segnale sonoro?

Christian Zanési: Al GRM ci sono più o meno tutti i programmi (Pro Tools, Digital Performer, ecc…), ma c’è un certo consenso riguardo quelli che sono gli strumenti da usare; molto in breve, possiamo affermare che i programmi di oggi sono in realtà una conseguenza diretta delle tecniche degli anni ’50, perché anche allora con una cassetta o un disco potevamo passare da un suono a un altro, creare discontinuità, sovrapporre suoni, e creare verticalità e armonia. Avevamo il controllo del tempo, e di conseguenza del contrasto e della polifonia, potevamo alzare o abbassare il volume. Con il programma, qualunque esso sia, possiamo quindi fare tutto: montaggio, sovrapposizione, regolare il volume, regolare lo spazio e fare tutto come se fosse un registratore. Queste sono operazioni fondamentali per il mondo della musica.


http://www.ina.fr/grm

en.wikipedia.org/wiki/Musique concrète

fr.wikipedia.org/wiki/Festival Présences électronique

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