Eric Gunther, John Rothenberg e Justin Manor sono tre ironici e geniali trentenni, dal 2003 animatori del progetto Sosolimited, gruppo a cavallo tra arte e design specializzato nella messa in opera di installazioni interattive, performance audiovisive, live remix e ambienti immersivi, tutti rigorosamente basati su software e tecnologie autoprogettate e su un livello tecnico/realizzativo molto, molto alto. Con un solido background in fisica, computer science, architettura e musica e una laurea all’MIT di Boston nel cassetto, sono balzati agli onori della crononaca (e alla gloria artistica internazionale) con una dinamica che solo un paese come gli Stati Uniti d’America poteva rendere concreta ed efficace.

Prendete infatti in considerazione un evento politico dalla portata mediatica universale, come i dibattiti televisivi per le elezioni presidenziali degli Stati Uniti nel 2008. Ricordatevi la grande eco internazionale suscitata dalla presenza di un governatore di colore dal nome musulmano come Barack Obama. Aggiungete quindi l’idea di una performance dal vivo che, tramite un software non proprietario, decostruisca il flusso di informazioni audiovisive del programma, per ri-organizzare un evento multimediale in cui sono i dati linguistici del dibattito, gli atteggiamenti del corpo, le gestualità, i toni della voce, più che i concetti politici espressi, l’elemento narrativo ed estetico principale.

Immaginate poi la presenza di 3 performer, seduti di fronte ai loro laptop, eleganti in abito e occhiali scuri, a metà tra un Kraftwerk, un anchorman un po’ cool e un agente dell’Fbi, e un pubblico curioso e sempre un po’ ingenuo di fronte al puro esercizio di codice. Non perdete mai di vista la capacità, molto poco Italiana, di trasformare un’idea in un evento culturale e artistico ad ampio raggio (il tour Re-Constitution 2008, organizzato dai Sosolimited tra Boston, New York e Washington, tra gallerie d’arte e locali cool, in occasione delle tre serate di dibattito, ha raccolto più di 1500 persone e l’attenzione di tutti i più importanti giornali Americani). Metteteci infine l’aiuto, non da poco, fornito dal “personaggio” Obama e la sua recente concquista del premio Nobel per la pace e vedrete che anche il premio per la Transmadiale 2010 (pronta è arrivata infatti la candidatura da Berlino, come dubitarne) non sfuggirà ai tre bravi Sosolimited. E dire che il nostro Fabio Franchino aveva messo in opera qualcosa di molto simile già nel 2004 con il suo progetto Toogle (http://www.abusedmedia.it/toogle2/)…

Per la verità, l’idea dell’analisi software di dati audiovisivi in tempo reale per la ricostruzione di performance e ambienti immersivi, non è nuova per i Sosolimited. Già nel 2004 infatti, avevano dato vita al progetto Reconstitution in occasione dei dibattiti presidenziali tra John Kerry e George Bush, utlizzando una versione più light e meno potente del medesimo software utilizzato oggi.

Così come, è ormai da qualche anno che Eric, John e Justin sono impegnati, sia nell’area di Boston che per eventi e club a livello internazionale, come audiovisual performer, con esibizioni dal vivo che catturano dati e informazioni da flussi televisivi e li rielaborano in tempo reale con gusto e improvvisazione (rientrano in questo ambito le performance Evening News Remix a Boston e le Nomadic Nights di Parigi), che remixano in tempo reale lungometraggi e spezzoni di film secondo le regole di un cut&paste estremamente avanzato nei termini di effetti possibili sul suono e sull’immagine (è sufficiente guardare i progetti Steal a Million o Grindhouse), che sviluppano concept cinematografici e temi narrativi specifici (come Sosoconception o Sosonoir).

Ma l’abilità tecnica, la capacità progettuale e l’indiscussa inventiva dei Sosolimited, si uniscono al meglio non nelle performance dal vivo, quanto soprattutto nei lavori di interaction design. Con singole specifiche professionali (Eric maggiormente interessato al rapporto tra corpo, suono e tecnologia, John attento più ai software e ai codici di modellazione architettonica, John forse più spostato verso il lato creativo e di design), i Sosolimited esistono di giorno come parte di Small Design Firm, studio di consulenza e design, che ha firmato ad oggi alcuni progetti importanti (in un ambito sempre attuale e interessante come quello museale, in cui è forte la necessità di veicolare in modo interattivo un ampio flusso di informazioni verso il pubblico che visita il museo stesso) come il Museum of Sex, il Churchill Lifeline, l‘ICA Digital Signage, il Nobel Peace Center, il Boisterous Sea, l’US Holocaust Memorial Museum Pledge Wall.

Senza per questo dimenticare i lavori puramente artistici, come The Loops Project (una rappresentazione tipografica dei movimenti di teatro-danza del grande maestro Mercy Cunningham, recentemente scomparso), They’re Live (installazione della durata di due settimane, basata su un ennesimo remix televisivo in tempo reale), Liberal Form (installazione pubblica in cui le proprietà architettoniche del suono vengono utilizzate a livello tecnologico per creare spazi pubblici partecipati), Octophonic (performance audiovisiva multicanale).

 

Marco Mancuso: In alcune delle vostre opere d’arte, gestite flussi di dati e informazioni. Concetti come la “tipografia dinamica” (The Loops Project) e le “mappe cartografiche” (02139 Downsapled) sono centrali nelle vostre ricerche e analisi. Presumo voi utilizziate software sviluppati in modo autonom, e in tal caso, quanto ritenete essenziali gli studi compiuti presso l’MIT e le vostre esperienze pregresse nel campo della fisica, dell’informatica e dell’architettura?

Sosolimited: In gran parte del nostro lavoro, scriviamo i nostri software ex novo. Le nostre conoscenze pregresse in scienze e ingegneria rappresentano un grande contributo nel problem solving. L’MIT dà grande risalto all’astrazione, alla capacità di decostruire problemi di qualsiasi campo, rendendoli di facile risoluzione per poi impegnarsi duramente alla ricerca di una soluzione. Questo modo di pensare è di grande aiuto nel passaggio dall’idea alla carta e infine al codice. Siamo sempre stati sorpresi nel constatare quanto una disciplina come la tipografia fosse legata all’ingegneria, che presenta obiettivi e materiali differenti, ma spesso gli stessi percorsi nel passaggio dalla domanda alla risposta. Questo modo di pensare su più fronti è inoltre fonte di ispirazione per molti nostri progetti, che spesso coinvolgono giocose mappature da un regno di informazioni a un altro. Direi che molti dei nostri primi progetti sono nati da idee tecnologiche diventate poi opere d’arte più vaste – cosa che è tipica di chi, venendo da un settore tecnico, si cimenta nel fare arte.

Marco Mancuso: In altri vostri lavori, siete invece alle prese con il suono inteso come materiale, come presenza scultorea nello spazio (Octophonic), come fonte di dati e materiale architetturale espressivo. Chi di voi si occupa del suono, e che differenza c’è nel lavorare con strumenti fisici instaurando una connessione reale con la gente, al contrario di ciò che avviene con i dati immateriali, i software, i codici e i video?

Sosolimited: Eric è quello tra noi che se ne occupa maggiormente, anche se il nostro approccio al suono e la nostra integrazione con esso sono collaborativi. Nella nostra attuale attività di live remix, andiamo alla ricerca di nuove vie per lavorare a partire dal suono del contenuto. In parte si tratta di progettare l’audio in modo da offrire spazio a sufficienza al contenuto sottostante. Tale questione è stata affrontata all’inizio del XX secolo dalla danza moderna in riferimento al movimento. La musica era vista più come una parte del palcoscenico che come l’impulso guida della danza. La nostra domanda ora è questa: nella trasformazione del contenuto live, cosa possiamo fare per salvaguardare la natura affettiva del materiale originale e utilizzarla anzi come stimolo? Oppure, in che modo possiamo gestire il suono in modo da rimuovere il lato emotivo dall’audio, per poi cambiarlo del tutto e manipolarlo?

 

Marco Mancuso: Il concetto di live remix rappresenta un altro importante punto chiave del vostro lavoro. Perché date così grande importanza alla trasformazione in tempo reale degli eventi mediali, sia nelle installazioni (come They are live) o nelle performance live (Reconstitution 2008, Evening News Remix, Reconstitutions)? E parlando ancora di software autocostruiti, anche in questo caso operate con librerie open source sulle quale intervenite direttamente, corretto?

Sosolimited: Quando abbiamo iniziato a lavorare insieme come Sosolimited, questa tecnica si è rivelata di grande aiuto nel trasformare in tempo reale le trasmissioni mediali e utilizzare i dati fondamentali con finalità estetiche. Siamo consapevoli della sua importanza poiché, per quanto ne sappiamo, nessun altro stava utilizzando tale tecnica per le performance live. David Rokeby e pochi altri hanno raggiunto qualche risultato con la TV live nelle installazioni, ma il nostro interesse era rivolto all’introduzione di memoria e analisi significativa all’interno del segnale. Il focus di buona parte della televisione e della Rete è rappresentato da ciò che succede “ADESSO, PROPRIO ADESSO! Dimenticate quello che ho detto cinque minuti fa, ciò che importa davvero è…” Se iniziamo ad aggiungere un po’ di storia e di regole logiche su come viene trasformato il segnale, si spera che il nostro pubblico possa cogliere un nuovo significato che altrimenti rimarrebbe nascosto. Per sviluppare ulteriormente i nostri software, programmiamo i nostri strumenti in C++, utilizzando diverse librerie esistenti, sia open source che commerciali, e aggiungendo del nostro nel caso in cui non esistano già.

Marco Mancuso: Il vostro modo di gestire le performance audiovisive live potrebbe essere visto come una tecnica giocosa e non troppo sperimentale, soprattutto da chi lavora nel campo della ricerca nel cinema live, nei live media e nei concerti audiovisivi immersivi. Voi non mirate tanto ad ottenere una rigorosa estetica grafica, o a lavorare su nuove forme narrative, o a sviluppare uno studio sui macchinari, sugli strumenti o sulla reazione fisica del pubblico. Il vostro approccio alle performance live sembra quello di uno sviluppatore, non di un musicista o un artista visivo: e non a caso, le vostre esibizioni non risultano essere “veri e propri” concerti, quanto più delle esibizioni. Qual è il vostro parere a riguardo e come si è svolta invece la vostra esperienza con “Steal a Million” o “Grindhouse” in cui vi mettete invece alla prova nella creazione di una nuova narrativa, remixando contenuti video, sperimentando idee di vjing e found footage?

Sosolimited: Molta della “vivacità” delle nostre performance deriva dall’immediatezza del materiale sorgente. È una sorta di appropriazione in tempo reale, in cui non possiamo conoscere i dettagli del materiale perché esso non esiste fino al momento dell’esibizione. Il nostro può essere visto come un intervento all’interno dell’esperienza comune in loco, mentre sta accadendo, come guardare un film o la televisione. Con questo approccio alla perfomance, incentrato sulla progettazione, la ricostituzione è stato un fattore determinante. Abbiamo iniziato realizzando prodotti visivi in un club, ed è stata per noi un’esperienza impegnativa il doverci porre delle restrizioni: coscienti del ruolo vitale dei dibattiti nell’informare gli elettori, abbiamo imposto regole severe per preservare la leggibilità e ognuna delle nostre trasformazioni ha iniziato a modulare l’uso di queste informazioni in maniera specifica.

Il club si è rivelato un luogo di lavoro davvero stimolante, tenendo spesso conto del fattore distrazione nelle nostre decisioni sulla progettazione. A volte sceglievamo di rimuovere l’emozione dalla trasmissione, di svelare quei tipi di tendenze grazie alle quali la gente consuma l’informazione televisiva. Se si dà un’occhiata alla grafica delle informazioni negli eventi sportivi trasmessi in tv, allora è probabile che le nostre performance appaiano più sperimentali, mentre se si guarda a Ken Jacobs, allora è probabile di no. La prima ondata di artisti visivi ha dedicato altrettante discussioni sulla critica e sulla decostruzione della televisione – ma una differenza è che adesso noi siamo in grado di farlo dal vivo, mentre la gente guarda. Ci stiamo preparando per una performance di live remix a Berlino nel mese di Febbraio in cui ci concederemo una licenza artistica di gran lunga maggiore nel gestire il materiale, che comprende una serie di conferenze della durata di dodici ore.

 

Marco Mancuso: Riuscite a spiegarmi la vostra idea di interazione computazionale? In che modo lavorate con i software, i codici e come questi strumenti diventano parte del vostro processo di progettazione? In che modo poi vi dividete i vari compiti? Lavorate tutti insieme su un progetto oppure ognuno di voi lavora su una parte specifica? E quali installazioni sono state più stimolanti per voi?

Sosolimited: La computazione è diventata a tutti gli effetti parte integrante del nostro processo di progettazione e implementazione. E, cosa più importante, il nostro approccio ai problemi di progettazione è quello da programmatori. È in effetti un modo di pensare che permette di gestire problemi grandi e complessi. Karl Gerstner e Josef Muller-Brockman sono stati eccellenti graphic designer che, coscienti di ciò, hanno sviluppato sistemi e architetture per le loro soluzioni visive. Quasi tutto il lavoro che consegniamo ai clienti o mostriamo nei musei consiste in applicazioni software che funzionano dal vivo, ventiquattrore su ventiquattro. Inizialmente scrivevamo tutto nelle nostre librerie grafiche C++ OpenGL, adesso invece usiamo OpenFrameworks and Processing, sperando di contribuire maggiormente alla comunità open source. Purtroppo la parte più stimolante di qualsiasi progetto sta rovinando tutto. Correggere gli errori del proprio codice, reagire alle condizioni più strane e installare il software su macchinari altrui porta via un’enorme quantità di tempo.

Marco Mancuso: Justin, come affermi sul tuo sito, sei il primo dipendente della Small Design Firm e anche Eric e John hanno lavorato per lo studio dal 2001 al 2009: il vostro ultimo progetto, l’installazione The Pledge Wall,è frutto della collaborazione tra lo studio e SoSoLimited. Quanto è importante, professionalmente parlando, la fusione dell’attività professionale e artistica? Pensi che ci saranno altre occasioni di collaborazione in futuro? E quanto conta per i designer e artisti contemporanei lavorare oggi al confine tra i due mondi e le due discipline?

Justin Manor: Fino al mese di Settembre del 2009, Eric, John e io abbiamo lavorato alla Small Design Firm come direttori, ingegneri e produttori. In quel periodo, la sera ci esibivamo e creavamo opere d’arte come Sosolimited. Non c’era vera e propria collaborazione tra le due entità perché la SDF era “il lavoro del giorno” e Sosolimited quello “della sera”. Adesso che tutti e tre abbiamo lasciato la Small Design Firm e fatto di Sosolimited la nostra attività a tempo pieno, abbiamo cominciato a collaborare con la SDF come colleghi piuttosto che come dipendenti. Credo ci troveremo bene a lavorare con la Small Design Firm per progetti futuri. Penso che ogni artista o designer abbia la necessità di trovare individualmente il proprio equilibrio tra il lavoro e l’espressione di se stessi. Per tutti quelli che, nei primi anni creativi, hanno la fortuna di godere di supporto finanziario esterno o dalla famiglia, la miglior cosa da fare credo sia dedicarsi esclusivamente all’arte. Ma la maggior parte della gente deve usare le proprie abilità per lavorare per altre persone. Se qualcuno non è felice di questo equilibrio nella sua vita, allora meglio invertire rotta!

Marco Mancuso: Eric, tu lavori molto col concetto di “corpo” nella tua attività artistica. In Affected Structures, lavori per esempio con il corpo nelle esibizioni di danza, utilizzando elementi anatomici per il movimento. Il corpo inoltre rappresenta un concetto fondamentale nei tuoi studi sulle superfici vibro-tattili, sul suono tattile, sulle mappe corporee del suono. Tutto questo ha fatto parte del tuo lavoro di ricerca presso la MIT? E come riesci a portare questa esperienza nella tua attività come Sosolimited, soprattutto riguardo alle nuove possibili forme di interazione, corporee ed emotive, tra i computer e gli esseri umani?

Eric Gunther: Il lavoro sulla vibrazione ha avuto inizio con la mia tesi del Master compiuta presso il Media Lab del MIT. È partito da una semplice domanda: è possibile creare un linguaggio estetico di composizione per il corpo? Ciò che mi interessa maggiormente sono gli artefatti estetici tangibili di questo processo e i computer sembrano essere il miglior modo per produrli. C’è una mole sempre crescente di testi sulla natura frenetica della percezione visiva nell’arte, ma è vero che esiste ancora un pregiudizio contro la manifestazione della frenesia sul corpo. Più approfondisco la mia conoscenza della danza e più tutte queste attività artistiche – visualizzazione tridimensionale, composizione musicale e corporea – appaiono ai miei occhi una coreografia. Il loro uso rilevante dello spazio tridimensionale alla fine sembra ritornare allo spazio-corpo del pubblico.

Marco Mancuso: John, tu hai invece esperienza in architettura e programmazione computazionale. Ho dato un’occhiata al tuo sito e ho scoperto il progetto WetSpace. Tu lo definisci un progetto di “modellazione della fisica gestuale”: puoi spiegarci meglio come funziona il codice e come hai sviluppato l’interfaccia e il dispositivo IMU? E quindi, come la tua attitudine a lavorare con l’interazione è stata importante per sviluppare il software su base gestuale?

John Rothenberg: Il mio ruolo originario alla Small Design Firm era quello di sviluppatore di hardware e, sebbene il mio Master presso la MIT si sia svolto tramite il gruppo di Calcolo del Dipartimento di Architettura, avevo un ufficio nel Media Lab e passavo parecchio tempo a sviluppare progetti su sensori e microcontrollori. Wetspace era un programma di modellazione architettonica sviluppato da Jimmy Shen e Kaustuv DeBiswas. La migliore descrizione su IMU è reperibile dal mio sito: “IMU è un dispositivo di interfaccia wireless che registra l’accelerazione in tre direzioni (x, y, z) e la velocità di rotazione intorno a due assi (x, y)”. È stato progettato un circuito personalizzato che condiziona il segnale analogico di accelerometri e giroscopi e fa fluire i dati digitali su una rete bluetooth. All’interno del software, questi dati sono analizzati in valori utili, come la rotazione assoluta del dispositivo nonché le “note” di traslazione in ogni direzione.

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Wetspace utilizzava l’IMU come strumento di disegno nella simulazione basata su dati fisici. Il ruolo del progettista consisteva nel programmare una serie di forze, tracciare poi i bordi che avrebbero fluttuato tramite quelle forze e creare le superfici. IMU offriva un secondo stadio di interazione, dando al progettista la possibilità di selezionare le aree della superficie e modificarle.

Ho sempre pensato di usare IMU nelle performance come controllore fisico che ci avrebbe aiutati ad alzarci da dietro i nostri schermi. Questo è un progetto su cui voglio ritornare, anche se a questo punto sarebbe più facile usare i controller della Wii. Ho progettato IMU prima che questi venissero lanciati sul mercato, ma adesso gli accelerometri sono un po’ ovunque.


http://www.sosolimited.com/

http://www.davidsmall.com/

http://www.ericgunther.info/

http://www.justinmanor.com/

http://www.johnrothenberg.com/