Che relazione c’è tra arte digitale e scienza cibernetica? Sicuramente più di quanto si possa immaginare. Il concetto di sistema, la ricerca di schemi di processo, l’importanza delle interconnessioni e della relazione tra sistema e ambiente (che sia macchina o organismo vivente), la centralità dell’informazione, il fenomeno della retroazione e dell’auto-organizzazione, l’importanza del codice, sono i termini della ricerca cibernetica, ma anche potremmo tranquillamente affermare della ricerca di qualsiasi artista che si diletti con le nuove tecnologie.
Ma andiamo con ordine, e cominciamo dallo scienziato. In principio fu Norbert Wiener: quella figura d’uomo che chiunque, solo scorrendo la sua biografia, non potrebbe che definire un “autentico genio”. A diciotto mesi impara l’alfabeto, a tre anni a leggere, e a cinque si diverte a declamare in greco e latino. A quindici anni, si laurea in matematica all’Università di Tufts e a diciannove è lo studente più giovane all’Università di Harvad a ricevere un dottorato in filosofia.
Nel periodo della post specializzazione frequenta i grandi nomi della matematica e della logica: Bertrand Russel, David Hilbert, Godfrey Harold Hardy, tra i protagonisti di quel grande sommovimento che, da lì a poco, avrebbe fatto tremare le fondamenta della matematica e di tutte le scienze sorelle.
Parliamo di quel primo trentennio del secolo scorso in cui tutto in una volta, a distanza di pochi anni, attraverso figure come Einstein, Bohr, Heisenberg, Gödel, ci saremmo trovati davanti ad situazione di questo tipo: una continuità spazio-temporale come quarta dimensione (Einstein), una dualità ambigua ed irrisolvibile della materia (Bohr), un’indeterminazione insanabile dell’oggetto osservato (Heisenberg) e di più all’impossibilità di dimostrare la coerenza di qualsiasi impianto assiomatico (Gödel). Insomma davanti agli occhi del giovane Wiener, occhi che è noto non vedessero tanto bene, ma questo non è rilevante, si presentava un quadro dello stato delle scienze in termini di nuove ricerche, teorie, difficoltà, conflitti, paradossi tutt’altro che poco complesso. E quello che si incominciò a sentire, oltre al frastuono tellurico che avrebbe portato alla cosiddetta “crisi dei fondamenti”, sarà l’esigenza di una vera e propria ristrutturazione dei saperi, così come la ricerca di metodologie nuove e di nuovi strumenti.
E Wiener sarà tra i primi scienziati a raccogliere la sfida accompagnando la nascita di una nuova scienza: la Cibernetica. Chiamarla scienza, usando il singolare, forse non è così esatto, dal momento che ci troviamo davanti ad un progetto di ricerca all’epoca inusualmente interdisciplinare: la nascita della cibernetica si suole indicare intorno al 1947 , anno in cui prendono avvio i fortunati incontri tenuti alla fondazione Macy: le Macy conferences, che videro la partecipazione di scienziati di diversa provenienza.
Il progetto cibernetico si prefiggeva di rintracciare i meccanismi di comunicazione e di controllo comuni a macchine ed animali , attraverso un approccio interdisciplinare che coinvolgeva la matematica come la biologia, l’ingegneria, le scienze sociali. Il titolo della prima riunione, tanto per comprendere subito i temi del dibattito cibernetico, fu ufficialmente: Feedbach Mechanisms and Circular Causal System in Biological and Social Syste,ovvero, “Meccanismi di retroazione e causalità circolare nei sistemi biologici e nei sistemi sociali”.
A quella prima conferenza erano presenti il neurofisiologo Warren Mc Culloch, gli antropologi Gregory Bateson e Margaret Maed, i piscologi Kurt Lewin e Paul Lazarsfeld, l’ingegnere delle comunicazioni Julian Bigelow e i matematici Norbert Wiener e John von Naumann.
La pratica interdisciplinare, impostata progettualmente come premessa nelle ricerche cibernetiche, fu uno dei primi esempi di un approccio orizzontale che sappiamo ebbe molta fortuna. Come avrà molta fortuna l’obbiettivo che si proponevano questi scienziati: la convinzione dell’esistenza di uno “schema processuale” comune ad organismi viventi e macchine, rintracciato attraverso una ricerca uniforme garantita dall’utilizzo di un metodo “sintetico” e “comportamentale”.
La possibilità di riunire in una nuova teoria tanto i “meccanismi fisiologici” che i criteri di funzionamento degli “automi complessi” veniva praticata grazia all’individuazione di un fenomeno comune: il “fenomeno della retroazione” (feedback) e della “causalità circolare”.
Le novità in questo senso, da un punto di vista di orientamento generale nell’affrontare scientificamente determinate problematiche saranno notevoli: un mutamento fondamentale nel modo di considerare la “macchina”, vista non più in modo cartesiano come un insieme di ingranaggi e stantuffi, ma come un “sistema aperto”, disponibile alla comunicazione con l’ambiente esterno; la pratica di un approccio sistemico incentrata in primo luogo sul concetto di “sistema”, che troverà poi il suo consolidamento e la sua fortuna attraverso la Teoria generale dei sistemi di Bertalanffy pubblicata nel 1968; l’attenzione al concetto di informazione ed ai processi comunicativi, intesi come elementi essenziale per comprendere il “comportamento” del sistema, le sue relazioni con l’ambiente, la relazione tra il sistema e le sue parti, indipendentemente dalla natura del sistema, sia artificiale che biologico; il concetto di rete; la relazione tra reti neuronali e logica binaria; il dialogo interdisciplinare.
Photo courtesy by The Centre of Attention
L’insieme di questi interessi e la specificità delle loro metodologie, l’utilizzo delle macchine, la relazione posta tra macchina ed organismi viventi, le ricerche che porteranno all’invenzione del primo elaboratore di informazioni, costituiranno il nerbo di ciò che è, e che sarà, la cibernetica. Disciplina che lo stesso Heidegger, annunciata ormai la centralità incontrastata della “tecnica”, definirà la scienza in grado di prendere il posto della filosofia. Questo per la capacità della scienza cibernetica di prendere su di sé il compito di raccordare e unificare i diversi ambiti scientifici, e le sfere dell’organico e dell’inorganico. Contrariamente alla filosofia, dirà Heidegger, l’unità delle sfere tematiche del sapere raggiunta dalla cibernetica, non sarà più l’unità del fondamento ma un unità rigorosamente tecnica.
Norbert Wiener racchiuderà il senso, gli obbiettivi, le ricerche della nuova scienza all’interno del saggio “Cybernetics: or Control and Communication in the Animal and the Machine” nel 1948. La fascinazione e la diretta influenza della scienza cibernetica sugli artisti ed i movimenti artistici sviluppatisi sopratutto tra gli anni ’50 e ’60 sarà molto forte e, passando per l‘arte cinetica e programmata, risulterà determinante per il costituirsi delle arti digitali. Come non meno forte fu l’influenza della tecnica, della robotizzazione industriale, ma anche dei nuovi ritrovati scientifici, sulle arti delle avanguardie, ma questa è cosa nota.
I legami tra arte e cibernetica non sono molto dibattuti, perché l’approfondimento di alcuni assunti cibernetici, le sue ricerche, le sue intersezioni con altri ambiti disciplinari possono risultare fondamentali per comprendere il senso, la specificità, lo statuto delle arti digitali ed i legami oggi sempre più forti tra pratica artista e scientifica insieme all’utilizzo e l’esplorazione condivisa delle delle nuove tecnologie.
La centralità della riflessione sulla tecnica, l’intersezione dei saperi e dei generi, l’abbandono della dualità soggetto-oggetto e della mimesi a favore della considerazione della realtà come “struttura”, “schema di processo”, “sistema di forze”, sono espressioni che possiamo già ritrovare nelle esperienze astrattiste e della Bauhaus come del Costruttivismo.
Più di altri, esemplare in questo senso, è l’esperienza di Naum Gabo secondo cui “la linea vale solo come direzione delle forze statiche e dei loro ritmi negli oggetti”; l’artista non vede più “cose”, ma relazioni tra le parti e testimoni sono le sue complesse e sottilissime sculture, che non rappresentano oggetti ma direzioni di forze, ritmo di relazioni, una vera e propria struttura soggiacente.
Simian Mobile Disco – Audacity of Huge feat. Chris Keating of Yeasayer (Naum Gabo Remix)
Insieme a Gabo, seguendo questo discorso, ma anche per l’affermarsi dell’importanza di una pratica interdisciplinare, fondamentale sarà l’esperienza di Itten, la cui Torre di Fuoco (1919), per portare un esempio, come lui stesso dice avrebbe rappresentato la sintesi della “nuova costruzione del futuro, la quale sarà tutto in una sola forma: architettura, scultura, pittura”.
Bellissimi, avveniristici, femminili, ci piace ricordare i fotomontaggi dell’artista bauhaus Irene Hoffman che preannunciano il melting pot, le relazioni sociali, le interazioni tra cronaca e storia del complesso mondo dell’informazione. E certo parlando di intersezioni non possiamo dimenticare l’esperienza dell’ungherese Moholy-Nagy. Ma i legami più diretti tra Cibernetica e pratica artistica, come non sarà difficile immaginare, si determineranno proprio all’interno delle ricerche di quegli artisti, che in modo rivoluzionario ed assolutamente ante-tempo, lavoreranno con le “nuove tecnologie” aprendo la strada alle arti digitali ed interattive.
Caso unico ai tempi, ed assolutamente anticipatore delle ricerche convergenti tra arte e tecnologia, sarà Nicolas Schöffer che dichiaratamente farà riferimento, per la progettazione delle sue opere, alle teorie cibernetiche di Norbert Wiener. In particolare, i concetti cibernetici di sistema e di retroazione suggeriranno a Schöffer l’idea di una processualità artistica nei termini di un sistema organizzato basato sui fenomeni della causalità circolare e degli anelli di retroazione. Non a caso Schöffer fu considerato il padre dell’arte cibernetica e CYSP 1 (1956) la prima opera cibernetica della storia dell’arte.
CYSP 1 è una scultura, che in linea con gli interessi di Schöffer, coniuga luce, suono e movimento. L’opera, addirittura dotata nella sua base di un cervello elettronico e di “proto software”, sviluppati dalla Philips, si presenta come una scultura dinamica in costante mutamento grazie ad un motore che anima le parti strutturali, e fotocellule elettriche e microfoni che modificano, volta volta, il suo stato attraverso luci e suoni differenti, selezionati mediante rilevazioni ambientali esterne.
CYSP 1, in linea con le idee cibernetiche, è un sistema aperto, in grado di rilevare informazioni dall’ambiente e modificarsi, come, a sua volta, modificare l’ambiente circostante attraverso la risposta sinestetica (luci e suoni) delle nuove informazioni rilevate, seguendo il meccanismo cibernetico della casualità circolare ad anelli di retroazione.
© Tour Lumière Cybernétique, de Nicolas Schöffer
Ancora più complessa è l’opera che Schöffer realizza nel 1955 in occasione del Salone dei Lavori Pubblici presso il Parco di Saint Cloud, lungo la Senna: Spatiodynamique et Cybernétique et Sonore. La Spazio-dinamico cibernetico e sonoro del 1955, dotato di apparecchiature per i tempi molto sofisticate (omeostato, sensori, magnetofono, motori elettrici), si presenta come una torre in ferro di cinquanta metri, simile ai ripetitori telefonici, costituita da diversi livelli ed annesse lastre rettangolari colorate. La struttura, grazie ad apparecchi di rilevazione ambientale (in grado di rilevare vento, tasso di umidità, luce, suoni, voci), è capace di modificarsi con l’ambiente e selezionare volta volta l’emissione di cicli sonori diversi, che furono realizzati per l’occasione da Pierre Henry, compositore di musica concreta.
Henry registrò su un magnetofono multipista (uno dei primi in circolazione prodotti dalla Philips, azienda che in più di un’occasione sponsorizzerà i lavori di Schöffer) una composizione sonora ottenuta dall’urto delle lastre metalliche della torre stessa in dodici cicli sonori, che attraverso le rilevazione andavano diversamente combinandosi ottenendo melodie sempre diverse. La scultura risultava sensibile all’ambiente esterno (alla luce, al tasso di umidità, ai suoni, alle voce della gente) acquistando così un’anima interattiva, in grado di ricevere e dare informazioni e modificare se stessa e l’ambiente in relazione ai dati acquisiti e rilevati.
Fu la prima installazione in grado di generare suoni in tempo reale e la prima ad avvalersi di sensori, dispositivi di interazione a distanza. E Schöffer fu uno dei primi artisti cibernetici. Era solo il 1955.