La Direzione Gioventù e Sport del Consiglio d’Europa ha organizzato nel Marzo 2009 un seminario riservato a giovani ricercatori, responsabili delle politiche, organizzazioni giovanili e giovani, provenienti da 47 diversi paesi europei, che aveva come tema i nuovi metodi di partecipazione basati sulle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (e-participation). I risultati, raccolti in un documento consultabile online (http://www.coe.int/t) testimoniano una struttura aperta dell’incontro, in cui tutti i partecipanti hanno avuto l’opportunità di vivere un’esperienza pratica di collaborazione con un ramo importante del Consiglio d’Europa.
In fase organizzativa, il Directorate of Youth and Sport of the Council of Europe ha formulato una chiara riflessione: se la partecipazione pubblica è un elemento cruciale a favore dei “diritti umani, della democrazia e del ruolo della legge”, si riscontra ovunque una generale tendenza alla diminuzione della partecipazione in occasioni tradizionali della vita politica delle democrazie come le elezioni e le tradizionali forme di partecipazione (partiti politici e sindacati). Tuttavia i recenti sviluppi tecnologici hanno dato ai giovani molte nuove opportunità per
far sentire la loro voce e di partecipare alla società in modi alternativi (ad esempio, forum online,
Azioni di SMS, e-democracy).
Sono queste tendenze e questi sviluppi che hanno portato ad un processo di riflessione in seno al Consiglio di Europa, che ha trovato la sua espressione in una serie di testi e programmi, nonché per l’appunto, di seminari, come quello in questione, che ha voluto indagare le “nuove vie della partecpipazione”, attraverso l’analisi degli attuali trends giovanili basati sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, attraverso uno scambio costruttivo di pratiche e di informazioni tra i principali soggetti dei settori giovanili.
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Gli esperti e i partecipanti hanno elaborato 3 aree di discussione principali: il primo relativo al rapporto dei giovani e alla partecipazione (le cause d’esclusione dei giovani dalla partecipazione da parte degli adulti, la resipiscenza al cambiamento dei politici sostenuto dai giovani); la seconda area riguardante le questioni aperte sulla e-participation (cosa significa in realtà e-participation, offre realmente opportunità di maggiore partecipazione?, porta automaticamente alla e-democracy?); la terza area aveva invece un approccio più propositivo perché dedicata all’individuazione dei fattori positivi che contribuiscono ad incentivare l’e-participation (l’e-participation offre possibilità di emancipazione, di azione e di cambiamento, è aperta e inclusiva, non ha limiti, offre un accesso veloce alle informazioni).
A fine seminario, i partecipanti hanno inoltre elaborato delle raccomandazioni concrete che gli stakeholder potranno utilizzare per creare sinergie tra i giovani che praticano la e-participation e i settori giovanili della Comunità Europea. Esse sono state presentate in occasione del meeting degli organi statuari del Consiglio Europeo che si è tenuto a Mollina dal 23 al 25 marzo e saranno comunicate a tutti i network di ricercatori che hanno attivato partnership con la Comunità Europea in relazione anche all’implementazione della dichiarazione che verrà elaborata prossimamente su “Il futuro sulle politiche giovanili del Consiglio d’Europa: Agenda 2020”.
Queste raccomandazioni passano da un target generale a uno più specifico come, ad esempio, per ricercatori e decisori politici: le riflessioni più vaste riguardano il rapporto tra divario digitale e partecipazione elettronica, mentre quelle più specifiche, per i decisori politici ad esempio, suggeriscono di integrare sempre, e sempre più, le forme di e-participation alle priorità globali attuali (ambiente, debito pubblico dei paesi poveri, occupazione e istruzione) in una cornice di trasparenza decisionale con sistemi di commento, discussione e valutazione quotidiano; altro tema riguarda le modalità di inclusione di giovani svantaggiati, dello stanziamento di fondi sufficienti per la formazione nel campo della informazione in contesti formali e non formali, al fine di aumentare l’alfabetizzazione tecnologica tra i giovani. Per i ricercatori le raccomandazioni riguardano l’invito a sviluppare studi riguardanti le competenze ICT dei giovani, nonché la motivazione e il comportamento in processi decisionali, sia offline che on-line. Per le organizzazioni giovanili vale invece la raccomandazione di aumentare l’interazione con i mass-media e i soggetti interessati (ONG, istituzioni pubbliche, ecc), al fine di garantire il valore, l’impatto e la visibilità di tutti i programmi di e-participation sviluppato da organizzazioni giovanili, coinvolgendo le parti sociali dei giovani (ad esempio come genitori, insegnanti, coetanei …) nella pianificazione e attuazione, e fare in modo che questi programmi portino ad un cambiamento sociale. Si rende necessario inoltre impostare un codice etico comune per l’e-participation dei giovani che collaborano con le organizzazioni giovanili europee, oltre che organizzare attività educative in cui i giovani possano trasmettere le loro competenze in ambito della ICT a coetanei e alle vecchie generazioni.
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Uno studio intitolato Partecipatory Paradoxes, Facilitating Citizen Engagement in Science and Technology From the Top-Down? di Maria C. Powell della “University of Wisconsin” e di Mathilde Colin della “University of Wisconsin”, pubblicato il mese scorso sul Bulletin of Science, Technology & Society ha trattato appunto lo stesso argomento, la partecipazione pubblica, ma nell’ambito dei processi di diffusione delle conoscenze tecnologiche. I risultati non sono certo entusiastici, ma contribuiscono a restituire complessità a un quadro delle dinamiche di partecipazione che ha bisogno di diversi provvedimenti per essere effettivamente incentivato a livello esteso.
Lo studio ha messo in evidenza come i meccanismi per coinvolgere i cittadini nella diffusione delle conoscenze scientifiche e tecnologiche sono attualmente in voga in tutto il mondo, ma che quelli di natura bottom-up che mirano a influenzare il processo decisionale hanno avuto uno scarso successo. Le autrici hanno approfondito le potenzialità e le sfide necessarie per facilitare l’impegno dei cittadini nel campo delle nanotecnologie secondo logiche Top Down, ovvero come accademici e ricercatori possano avviare un impegno costruttivo con i cittadini all’interno di istituzioni pubbliche, incentivandone la partecipazione.
La conclusione delle autrici è che il confronto tra stakeholders, ricercatori, responsabili politici e cittadinanza è possibile, ma solo a patto di investire enormi quantità di tempo per la partecipazione, un dispendio energetico che è possibile solo attraverso un sostegno istituzionale ingente.