Staubgold è una delle etichette più interessanti, e meno comuni, nell’ambito della musica sperimentale internazionale. In oltre dieci anni di attività ha pubblicato oltre 50 album, spaziando in una vastissima gamma di generi e atmosfere e attraversando e confondendo molti dei confini ritenuti invalicabili dai puristi della classificazione musicale.
Il mio ricordo personale del potere dirompente di questo approccio è legato ad un concerto che organizzammo noi come Otolab al Cox 18 di Milano alcuni anni fa, nel quale lo Staubgold Soundsystem fece letteralmente saltare in aria la pista indemoniata del venerdì notte con una selezione assolutamente incongrua (eppure mostruosamente efficace) di “suoni fuori posto”. Può un etichetta passare disinvoltamente dal noise al folk? La risposta è si.
In questa intervista con Markus Detmer, deus ex machina dell’etichetta tedesca, realizzata nel suo studio a Berlino, abbiamo affrontato alcune di queste tematiche più artistiche abbinandole ad altre più imprenditoriali, dalla crisi del mercato discografico fino alla sua attività con il duo Klangwart. Personaggio eclettico nel panorama della musica di ricerca internazionale, testimone della scena elettronica di Colonia della prima metà degli anni Novanta, Markus Detmer ha confluito le sue esperienze e il suo varipinto gusto musicale, in una label che vanta nel suo rooster artisti come Leafcutter John, To Rococo Rot, Oren Ambarchi per citarne alcuni, diventando megli anni un vero e proprio punto di riferimento per tutti gli amanti della musica sperimentale senza cappi sterili di vincoli e generi.
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Bertram Niessen: Come selezioni i vostri artisti? Di cosa sei alla ricerca, esattamente?
Markus Detmer: Lo slogan dell’etichetta è “Music Out Of Place”, il che significa che si tratta di musica che non corrisponde a un determinato genere. E’ il contrario di quello che fanno molte altre etichette che si specializzano in un certo stile. Specialmente nella scena della musica elettronica puoi essere un’etichetta techno o una più specializzata in minimal techno, o fare uscite house, o qualsiasi altra cosa… Io credo che Staubgold rifletta la mia idea di musica, e i miei gusti personali: ho dei gusti veramente molto vari, mi piacciono tutti i tipi di musica.
Credo che la cosa più importante sia vedere il profilo dell’artista e i suoi aspetti di originalità, ed avere l’impressione che l’artista stia cercando la sua personale soluzione espressiva. Non è sempre possibile reinventare la storia della musica, e non mi aspetto questo, ma voglio essere certo che l’artista stia lavorando e combattendo per la sua espressione. Questo può accadere nel free jazz o nella minimal techno, così come nella musica pop sperimentale low-fi o nell’ethno-world. Quindi c’è una certa linea di demarcazione estetica nel pensare alla musica, che in qualche modo tiene tutto insieme.
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Bertram Niessen: Come hai scelto il nome dell’etichetta? E’ quantomeno particolare…
Markus Detmer: La parola tedesca “staub” significa polvere. Quindi il nome si riferisce alla strana combinazione tra ciò che prezioso e luccicante e ciò che è sporco e “cheap”, tra l’overground e l’underground, la melodia pop accattivante e il noise brutale. Credo che sia decisamente rappresentativo per la musica edita da Staubgold.
Bertram Niessen: Molte etichette hanno sofferto in modo brutale per la crisi del mercato discografico degli ultimi anni. Come hai affrontato questa situazione?
Markus Detmer: Al momento l’intero sistema della distribuzione della musica indipendente sembra collassare; sempre più piccoli distributori stano facendo bancarotta. L’anno scorso abbiamo perso la spagnola Red Musical, la tedesca Hausmusik e l’austriaca Soul Seduction; questa primavera la Wide Records in Italia e la RecRec in Svizzera. Si tratta di una crisi estremamente seria. Una vera e propria distribuzione mondiale sembra appartenere alla storia, ormai. Allo stesso tempo gli incassi dalle vendite digitali sembrano aumentare lentamente. Quindi sembra che, al momento, non ci siano altri modi di sopravvivere che tagliare i costi e il numero delle uscite annuali: meno uscite, sia su cd che su vinile, budget ridotto per l’artwork ed il packaging, meno soldi per la promozione.
Fortunatamente, i miei guadagni provenienti dal djing e dalla mia personale attività artistica stanno aumentando, il che mi permette di allentare un po’ la pressione sull’etichetta. In altre parole: non potrei sopravvivere solo con l’attività dell’etichetta, il che significa che non ho ancora trovato una soluzione per fronteggiare la crisi.
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Bertram Niessen: Come è nato l’album “Dinner Music For Clubbers: Peter Grummich Plays Staubgold”?
Markus Detmer: “Peter Grummich Plays Staubgold” è la prima di una serie di DJ mix compilation nelle quali invito DJ o artisti che vengono da diversi ambiti musicali a interpretare il catalogo della Staubgold e a trovare un determinato tema che vogliono sviluppare musicalmente. Quindi si tratta di un progetto limitato al nostro catalogo, e Peter Grummich (dj e recording artist per Shitkatapult, Kompakt, Circus Company ed altri) ha realizzato una compilation chiamata “Dinner Music For Clubbers”; si tratta di un lavoro veramente sognante, rilassante, coinvolgente ed interessante.
Quello che mi piace molto è il fatto di non avergli dato nessuna direzione in anticipo; lui ha preso il catalogo (50 album) e se lo è ascoltato tutto. Ad un certo punto ha maturato l’idea che poteva essere una bella cena, dall’aperitivo fino al digestivo, 7, 8 o 10 portate. E senza progettarlo è venuta fuori una selezione di musica da tutti i 10 ani della Staubgold, praticamente da tutti gli artisti che ritengo importanti, nella quale però non ha usato neppure una singola traccia che mi sarei aspettato da lui.
Per me, quindi, è anche un esperimento interessante vedere cosa le altre persone considerano importante, vedere quale è la loro Staubgold o il loro lato di Staubgold. Il secondo volume, che uscirà alla fine dell’anno, è “Alec Empire Plays Staubgold”. E, come puoi immaginare, si tratta di una interpretazione della Staubgold molto diversa.
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Bertram Niessen: Da molti anni sei coinvolto nella musica anche come musicista, oltre che come direttore di un’etichetta…
Markus Detmer: Si. Insieme a Timo Reuber, che è un altro artista che incide per Staubgold, ho fondato il duo elettronico Klangwart nel 1996, a Colonia. Il punto di partenza della nostra collaborazione musicale erano delle esperienze congiunte di ascolto musicale intensivo; abbiamo scoperto assieme il Krautrock – Can, Cluster, Faust, Neu! e allo stesso tempo eravamo coinvolti nell’eccitante periodo di innovazione e sviluppo della scena elettronica di Colonia degli anni ’90, che ruotava attorno a Thomas Brinkmann, Bernd Friedmann, Mouse On Mars.
Nelle nostre prime improvvisazioni abbiamo trovato rapidamente un terreno musicale comune. Nelle successive session di registrazione che duravano tutta la notte abbiamo sviluppato il nostro linguaggio musicale ed il nostro metodo di lavoro idiosincratico. Ci vediamo come “music workers” e “sound explorers”. In un sogno è nata l’idea della “Klangstelle” (“stazione sonora”, in analogia con “petrol station”), con me e Timo come “inservienti della stazione sonora” che “riforniscono” gli ascoltatori curiosi con suoni ed ambienti acustici inusuali.
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Il mini-cd “Inkiek”, del 1997, è stata la prima release di Klangwart (sulla nostra etichetta “Klangstelle”); è stato seguito nel 1998 dalle suites elettroniche “immer weiter” e “”Nirgendland” (uscite solo su edizione limitata su cassetta) e dal primo lp “Köln-Olpe”, una discussione musicale sulla migrazione tra i poli dell’urbano e del rurale. Nel 1999 abbiamo pubblicato l’lp “Zwei” (Due), uno studio sul suono basato su due sole sorgenti. Si trattava di un lavoro diviso in due parti: forte (dinamica, grezza, aggressiva) e piano (calma, concentrata, bilanciata).
Da quel momento in poi, Timo ed io abbiamo continuato a sperimentare ai nostri concerti con un limitato set di suoni e loop (sviluppato e compilato da Timo). Da questo abbiamo generato la piece “Stadtlandfluss”, che abbiamo ricreato con esperimenti continui per molti anni. Nel 2007 abbiamo deciso di registrare l’opera nel nostro studio Inkiek di Colonia e di farla uscire con un album dallo stesso titolo.