Una camera fissa posizionata di fronte al mare: inquadra un punto all’orizzonte, laddove il sole scompare ogni sera. Lo fa ininterrottamente, 24 ore al giorno per 7 giorni di seguito, durante il solstizio d’inverno del 2007. Siamo nell’isola greca di Syros, su una collina chiamata Oros Harasson, letteralmente “montagna che inscrive la direzione della luce” .
Ed è infatti un lavoro sulla luce e sul tempo l’ ultimo progetto dell’artista Michael Aschauer (celebre soprattutto per le divertenti dirette web in ASCII dei mondiali di calcio 2006) intitolato appunto “24/7 Into the direction of Light”. Sul lungo girato iniziale, il video artista austriaco, non nuovo in progetti di mappatura analitica dell’ambiente circostante, ha operato una sintesi visiva assemblando le immagini dilatate nel tempo in singole immagini virtuali da cui sprigiona una sorta di “profondità di tempo”. Montando poi queste immagini in accelerazione il risultato è un film astratto, in cui mare cielo e nuvole annegano in fasce monocrome in movimento che mutano tonalità e intensità finendo o sorgendo dal nero della notte.
L’audio non appare, come negli altri lavori paesaggistici di Aschauer, lasciando alla vista la piena responsabilità della percezione. Il digitale s’inserisce così in un’indagine cara a molti artisti, non solo contemporanei: lo studio della luce e delle sue metamorfosi iscritte nel tempo.
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La mente corre subito ad “Empire” (1964), l’opera filmica più celebre di Andy Warhol: 8 ore in 16 mm , inquadratura fissa dal 44° piano di un grattacielo di fronte all’Empire State Building a New York, dal tramonto fino alle prime ore del mattino. Qualcuno l’ha definito un quadro in movimento, marcando giustamente il senso dell’operazione di Warhol, che, come molti dei cineasti sperimentali, non ha fatto altro che tenere saldo il fil rouge che collega il cinema alla pittura, fatto di luce, tempo, movimento.
Impossibile in questo senso non pensare anche ai celebri studi di Monet sulla cattedrale di Rouen, compiuti tra il 1892 e il 1894 (siamo non a caso alle porte della prima proiezione cinematografica pubblica del 1895) in cui il pittore tenta di catturare, attraverso impercettibili cambi di luce, il tempo che scorre sulla facciata della cattedrale, osservata e ritratta dal secondo piano di un edificio posto di fronte. Monet realizzò circa 50 quadri (o potremmo dire fotogrammi?), in cui ciò che cambia è solo il colore. Il colore del tempo che scorre.
Dal movimento fissato dal pennello sulla tela al movimento, accelerato e stratificato, dell’immagine digitale di Aschauer, che parte da una registrazione della realtà per costruire una visione virtuale, inaccessibile all’occhio umano.
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L’artista austriaco ha in realtà una predilezione per la registrazione analitica del paesaggio naturale e la sua indagine sulle relazioni spazio temporali è sicuramente ben rappresentata dai due progetti dedicati al fiume Nilo (“Nile Studies” e al fiume Danubio (“Danube Panorama Project”). Aschauer ha ripreso entrambi i percorsi dei due fiumi, con una webcam fissata al parapetto di un battello fluviale, rilevando per ogni singolo fotogramma le informazioni relative alla longitudine e alla latitudine del punto fluviale inquadrato.
Uno studio attento che ha in realtà risvolti politico-sociali, soprattutto in “Danube panorama project” , in cui l’artista ha percorso il fiume da Vienna a Sofia nel 2004, anno dell’apertura dell’Unione Europea ai paesi dell’Est, riconoscendo nell’elemento naturale il ruolo di connettore tra popoli e culture differenti.
Ma il fiume, così come il mare all’orizzonte che accoglie il passaggio dal giorno alla notte in “24/7″ , è soprattutto il simbolo per eccellenza dello scorrere lento e inesorabile del tempo.
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Michael Aschauer sembra così tentare di cogliere e fissare, tramite l’utilizzo degli strumenti digitali, il mistero della durata e della sua percezione attraverso la vista, accostandosi in questo a numerosi suoi predecessori. Nuovi media per antiche quanto irrisolte indagini sul mondo.
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