Negli ultimi anni, si è assistito a un crescente sviluppo dell’attività artistica interna ai mondi virtuali. Nati prevalentemente come arene di gioco (MMORPG) [1] o come luoghi di scambio comunicativo (chat, MOO, etc…) [2], i mondi virtuali hanno, nel corso della loro storia, ospitato l’arte come vicenda liminare, periferica, spesso mal tollerata quando non apertamente osteggiata dagli altri utenti.
Questa liminarità dipendeva non solo dal fatto che la missione di questi mondi era un’altra, ma anche e soprattutto dal fatto che mancavano, al loro interno, tanto gli strumenti necessari allo sviluppo di una pratica artistica autoctona, quanto una comunità di riferimento. Non a caso, la pratica artistica interna ai mondi virtuali ha adottato, come linguaggio privilegiato, quello della performance: eventi estemporanei, spesso destinati a non lasciare traccia alcuna in questi mondi (pur definiti “persistenti”), e in grado di appropriarsi dei pochi meccanismi di interazione a disposizione del giocatore allo scopo di produrre significato.
L’unico caso a me noto di intervento “costruttivo” di un artista sull’architettura di un mondo virtuale risale al 1997, e si deve a un noto artista concettuale: Lawrence Weiner. Contattato da ada’web per lo sviluppo di un progetto in Rete, Weiner decide di concentrarsi sull’idea di Internet come spazio pubblico, luogo di scambio e di interazione, da riprogettare e invadere con i propri celeberrimi “statements”, replicando nello spazio virtuale il suo modo peculiare di utilizzare lo spazio fisico della galleria e del museo. Lo staff di ada’web, una new media venture lanciata tre anni prima dal curatore Benjamin Weil, decide di lavorare con Palace, un ambiente di chat tridimensionale che sembra, nei secondi anni Novanta, destinato a un sicuro successo. Palace offre ai suoi utenti la possibilità di dare vita a “palazzi” a tema, che possono essere disegnati e arredati di conseguenza. In collaborazione con ada’web, e in contemporanea alla sua personale da Leo Castelli ( then, now & then , 15 febbraio 15 marzo 1997), Weiner lancia Homeport , un “palazzo” che replica nello spazio virtuale di Palace il cubo bianco della galleria, rivestito di simboli e scritte. Gli utenti del programma possono servirsi di questo ambiente come di un qualsiasi spazio pubblico in cui riunirsi e chiacchierare.
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Virtual Performances
Palace esiste ancora, ma Homeport non è più accessibile. Ma è soprattutto l’idea di coinvolgere gli artisti nella progettazione di un mondo virtuale a non aver avuto, per diversi anni, alcun seguito. Dopo Homeport , che ha voluto lasciare il proprio segno sulle pareti sintetiche di un mondo virtuale, ha dovuto farlo illegalmente. Nel 2002, l ‘artista e curatrice americana Anne-Marie Schleiner coordina un manipolo di artisti ( Brody Condon e Joan Leandre ) nello sviluppo del progetto Velvet-Strike , un hacking del popolare sparatutto online Counter Strike (1999) [3].
I tre sviluppano degli spray pacifisti che qualunque giocatore può installare nella propria versione del gioco e poi disseminare sui muri, tra una sparatoria e l’altra. Chiunque può contribuire al progetto, proponendo nuovi graffiti, utilizzando quelli esistenti e documentando le proprie incursioni all’interno di Counter-Strike . Appassionati videgiocatori, i tre autori riflettono, nei giorni in cui George W. Bush sta lanciando la sua guerra contro il terrorismo, sul limite tra violenza simulata e violenza reale e sull’utilizzo propagandistico dei videogame. Se la realtà entra nei videogame, i videogame possono diventare luoghi di dibattito politico: un’idea che non sembra tuttavia trovare seguito nei giocatori di Counter-Strike , che accusano il nostro commando di artisti di replicare facili accuse nei confronti del mondo dei videogiochi, senza aver capito nulla della natura del videogiocare.
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Anche l’americano Joseph Delappe ha tentato, in diverse occasioni, di importare il dibattito politico nei mondi virtuali. A partire dal 2001, Delappe ha organizzato diverse performance all’interno dei videogame online, trattati come luoghi pubblici in cui rivolgersi a un pubblico generico, non strettamente artistico. Delappe si serve per lo più della chat testuale interna alla macchina di gioco per sabotare i meccanismi di gioco stessi, introducendo altre problematiche, altri temi, altre narrazioni.
War Poetry, ad esempio, consiste nel proporre negli sparatutto online i testi poetici di diversi reduci di guerra, attraverso veri e propri recital; in Quake / Friends (2003) è Quake III Arena a trasformarsi nel set di una puntata della celebre serie televisiva Friends; mentre The Great Debates (2004) l’ha visto riproporre in diversi ambienti di gioco (da Battlefield Vietnam a The Sims Online) i 3 celebri confronti televisivi tra John Kerry e George Bush, allora candidati alle presidenziali; e in dead-in-iraq (dal 2006) si è introdotto in America’s Army (il gioco online sviluppato dal Pentagono con scopi espliciti di propaganda e reclutamento) per snocciolare di fronte ai giocatori i nomi dei soldati morti in Iraq dall’inizio della guerra ad oggi. Quasi mai è riuscito a completare l’elenco: gli altri giocatori l’hanno ammazzato prima della fine della performance.
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Se Delappe è riuscito, in certi casi, a stimolare un dibattito politico genuino anche negli sparatutto online, è soprattutto negli ambienti di chat e nei MMOG privi di connotazioni ludiche che diventa possibile sviluppare una progettualità artistica in maniera più costruttiva. Mouchette , il celeberrimo personaggio virtuale comparso in rete verso la metà degli anni Novanta, ha interpretato se stessa, e i temi sollevati dal progetto (la sensualità, la morte e il destino della sessualità in un contesto immateriale) tanto nella sua chat room testuale quanto in alcuni ambienti grafici.
Nel 2004, Katherine Isbister e Rainey Straus hanno lanciato il progetto SimGallery, che di volta in volta replica in The Sims Online lo spazio espositivo in cui viene proposto il progetto. L’intenzione era quella di sondare gli effetti dell’incontro/scontro tra cultura alta e gaming culture, ma anche di esplorare le caratteristiche estetiche dei mondi virtuali, e capire quale può essere il destino dell’arte nei mondi virtuali. Il progetto era innovativo perché, da un lato, sfruttava la possibilità (offerta dalla piattaforma utilizzata) di manipolare liberamente oggetti ed ambienti, e dall’altro perché prendeva atto dell’esistenza, in The Sims Online, di una crescente comunità di artisti o di appassionati d’arte. Tuttavia, nonostante le artiste abbiamo fatto circolare un “call for entries”, il progetto non è mai evoluto in una vera “galleria d’arte”.
Né, del resto, The Sims Online è mai veramente diventata una vera piattaforma di sperimentazione artistica, come invece diventerà, di lì a poco, Second Life.
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Virtual Worlds as Art Worlds
Second Life (d’ora in poi, SL) nasce nel 2003 per iniziativa di una (allora) piccola e visionaria azienda californiana, che prende il nome dalla via in cui risiede: Linden Lab. Il suo successo come environment artistico potrebbe essere spiegato in vari modi, ma credo che due sentieri siano particolarmente produttivi. Il primo è quello evidenziato da Matteo Bittanti in apertura alla sua introduzione a Second Life , di Mario Gerosa (2007) [4]: “Second Life si colloca al crocevia tra eterogenee pratiche e fenomeni di natura tecno-sociale: realtà virtuale, open source , creative commons , Web 2.0 e MMOG.”
Second Life ha molto in comune con gli ambienti di gioco online, ma non è un gioco. Come molte piattaforme Web 2.0, affianca pratiche comunitarie, tool creativi e strumenti di condivisione. Si regge interamente sull’apporto creativo dei suoi utenti, ma glielo riconosce in termini di proprietà intellettuale. Dà vita a una società meritocratica la cui aristocrazia è costituita da chi riesce a stupire gli altri in termini di qualità del proprio lavoro (i regnanti, ovviamente, restano sempre loro, i Linden ). Applica alcune fondamentali caratteristiche della Rete agli ambienti 3D, e molti vedono in essa il primo abbozzo del Web 3D a lungo sognato. “È meglio di Microsoft Office”, ha detto un giorno un artista. “Qui almeno hai un corpo…”
Il secondo sentiero è quello suggerito da Philip Rosedale, il padre di Second Life, in un’intervista rilasciata di recente a David Kushner [5]. In essa, Rosedale spiega come l’intuizione definitiva di Second Life sia stata prodotta dalla sua partecipazione a Burning Man, un festival di arti performative che si tiene ogni anno nel Black Rock Desert del Nevada. Rosedale vi individua un “costrutto sociale magico” che cerca di riproporre nel suo mondo virtuale: “L’atmosfera della manifestazione favorisce un’apertura mentale senza precedenti… Burning Man è meravigliosamente privo di senso… L’unico requisito necessario è non avere alcuna ragione valida per trovarsi in quel luogo, in quel momento. Ciò che stimola il senso di unità profonda è l’ostilità naturale del deserto, la constatazione che basta davvero poco per morire. Di notte la temperatura scende drasticamente, il vento soffia furioso. La comunità nasce come risposta alla necessità di proteggersi in un ambiente aspro. Anche Second Life è un luogo diverso, difficile, intimidente. Non a caso, chi ci entra è guidato dal desiderio di aiutarsi reciprocamente, sin dall’inizio… Burning Man è Second Life.”
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Su questi presupposti, Second Life fa di quella che negli altri ambienti virtuali era una semplice, la sua risorsa principale. Second Life non è solo un mondo virtuale: è un “mondo dell’arte”, nel senso definito da Howard Becker : “tutte quelle persone la cui attività è necessaria alla produzione delle opere che quel mondo, e forse anche altri, definiscono arte. I membri del mondo dell’arte coordinano le attività attraverso le quali l’opera viene prodotta, facendo riferimento a una serie di concetti convenzionali incarnati dalla pratica comune da altri artefatti di riferimento.”
In Second Life, l’arte viene prodotta, esposta, commentata, venduta e collezionata. Esiste in vari generi e in varie declinazioni possibili, ed entra in contatto con altre comunità e altri sistemi di senso: l’architettura, il design, la progettazione di avatar. Esiste un’arte finalizzata all’arredamento e un’arte di ricerca. La performance, in quest’ambito, rimane il genere principale: anche perché, oltre alla performance “pura”, in un mondo virtuale qualsiasi operazione artistica si carica di una valenza performativa – le sculture sono animate o contengono animazioni, mentre architetture e installazioni sono spesso ambienti sensibili, multimediali, che devono essere esplorati attivamente dall’utente.
NOTE:
[1]Massive(ly) Multiplayer Online Role-Playing Game. Il termine “identifica un gioco di ruolo per computer che viene svolto tramite internet contemporaneamente da più persone. Migliaia di giocatori possono interagire interpretando personaggi che si evolvono insieme al mondo persistente che li circonda ed in cui vivono.” Da Wikipedia , http://it.wikipedia.org/wiki/MMORPG
[2] “MOO (MUD Object Oriented) è un sofisticato programma informatico che permette a più utenti di collegarsi via Internet ad un ambiente condiviso (che contiene stanze ed altri oggetti) e di interagire fra loro e con l’ambiente in sincrono.” Da Wikipedia , http://it.wikipedia.org/wiki/MUD_Object_Oriented
[3] “Counter-Strike è un popolare videogioco sparatutto in multiplayer, nato dall’idea di due studenti universitari che nel 1998 misero mano al codice del popolare Half-Life. Divenuto in seguito proprietà della Valve Software, il suo attuale successo è dovuto al fatto che venne pubblicato come mod gratuito di Half-Life, ne usa il suo attuale motore grafico, ed è giocabile online.” Da Wikipedia , http://it.wikipedia.org/wiki/Counter-Strike. Il sito ufficiale del gioco è http://www.counter-strike.net/
[4] Mario Gerosa, Second Life , Milano, Meltemi 2007, p. 7.
[5] David Kushner, “Second Life. Vivere una vita secondaria”, 2007. pubblicato in 2 parti su Rolling Stone , luglio / agosto 2007. Reperibile online agli indirizzi http://www.rollingstonemagazine.it/page.php?ID=230 e http://www.rollingstonemagazine.it/page.php?ID=579
[6] In Howard S. Becker, Art worlds , Berkeley, University of California Press, 1982., p. 34.
LINK:
http://adaweb.walkerart.org/project/homeport/