Questo articolo è tre cose diverse allo stesso tempo. Da una parte è la prosecuzione d’un intervista che ho realizzato a Lucia Nicolai (Responsabile Editoriale di Qoob) ed uscita ad Ottobre 2007 sul numero 28 di DigiMag
(http://www.digicult.it/digimag/article.asp?id=973), un approfondimento volto ad una maggiore comprensione dell’autore/utente che per primo è stato valorizzato da questa televisione sperimentale, ovvero Giorgio Sancristoforo, meglio conosciuto con il nome d’arte di Tobor Experiment
E’ dunque un’intervista a Giorgio, una persona davvero interessante dotata d’un talento indiscutibilmente fuori dall’ordinario; milanese classe ’74 impegnato professionalmente da vari anni in quella molteplicità di professioni che sempre più tende a far convergere l’ambito musicale a quello dell’immagine in movimento, un notevole esempio d’uomo contemporaneo che sul proprio curriculum ha scritto la frase/manifesto «I’m a fast learner».
Ed infine, ma confesso di esplicitarlo per ultimo come artificio retorico volto all’enfasi, è la scoperta, attraverso una chiacchierata/intervista con il suo autore, di “Tech Stuff. Manuale video di musica elettronica” un libro ed un DVD editi da Isbn Edizioni , innovativa ed interessante casa editrice con base a Milano, costola “ggiovane” del gruppo “Il Saggiatore” diretta da Massimo Coppola e Giacomo Papi (uscito nelle librerie italiane, ma l’intero progetto è assolutamente bilingue italiano e inglese , al costo di 14). Il DVD raccoglie dieci documentari, assolutamente seriali, della durata di 4-5 minuti (complessivamente la durata è di 52′) che ripercorrono in maniera didascalica (nel frontespizio la definizione di ‘manuale’, presente sulla copertina, cede il campo al termine assai più calzante di ‘sussidiario’) la storia della musica elettronica.
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Si parla di strumenti musicali: il Theremin ed il Moog ma ci sono anche la storia ed i creatori di folli congegni prodotti dalla Sherman e dalla JoMox. Si parla delle istituzioni culturali dove la musica elettronica è nata, l’Istituto di Fonologia della RAI, e dove costruisce il proprio futuro, l’Ircam di Parigi. Ma c’è anche un simpatico viaggio alla scoperta dei segreti del vinile, si parla poi di Musica Generativa e di Sintesi musicale fino alla conclusione affidata ai leggendari Pan Sonic. Gli extra di questo interessante DVD (visibile liberamente e gratuitamente sul sito di Qoob!!!) sono altrettanto sfiziosi dal momento che includono un curioso software sviluppato sempre da Giorgio Sancristoforo denominato “Generator X1” per apprendere i fondamenti della sintesi ma soprattutto una lunga intervista (40′) a Karlheinz Stockhausen, vero e proprio guru della musica elettronica, recentemente scomparso e di cui questa intervista è un’importante documento che ripercorre attraverso la sua viva (!) voce l’intera carriera d’uno dei compositori sperimentali più importanti del XX secolo. Il libro invece scende con maggiore dovizia di particolari tecnici ad un livello più profondo degli argomenti affrontati nei documentari, allargando il cerchio degli temi trattati.
Dunque un prodotto editoriale davvero interessante che potrebbe aprire la strada (speriamolo davvero) a tutta quella schiera di creativi che nel nostro paese faticano non poco a trovare la via del pubblico e del mercato, troppo spesso dominato da prodotti d’ “importazione” o altresì conforme alla conformistica (ed anacronistica) linea dettata dalle pagine culturali dei quotidiani nazionali, sempre fuori dal tempo dal tempo che viviamo e distante dalle persone che questo tempo lo abitano.
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Alessio Galbiati: Tech Stuff è il primo prodotto editoriale sviluppato da Qoob, che tipo di sfida è stata quella di portare in televisione la storia della musica elettronica?
Giorgio Sancristoforo: Era una sfida bellissima, molto interessante e stimolante. Soprattutto perché riuscire a portare su MTV materiale “educativo” poteva sembrare una sfida quasi impossibile MTV fa molte belle cose e si impegna anche socialmente ma di educativo non ha mai prodotto molto e invece Qoob era la piattaforma perfetta perché è un canale sperimentale che accetta qualsiasi cosa. Naturalmente abbiamo dovuto farlo con un taglio leggero ed anche ironico, dove potevo scherzare, mentre con alcune istituzioni o personaggi sono stato più rispettoso. Alla fine però il formato è ideale: è una roba ideata per internet che ha un minutaggio cortissimo, ma se avessi potuto avrei fatto una roba di due ore.
Alessio Galbiati: La sensazione vedendolo è proprio questa. L’impressione d’una scelta editoriale che abbia imposto un formato breve, per dare vita ad un prodotto pienamente conformato all’epoca della snack culture
Giorgio Sancristoforo: Ma in realtà va bene così. Loro hanno dei dati di ascolto televisivo e sanno qual’è la media di attenzione del loro pubblico e alla fine non è una cosa stupida tenere conto di questo. Io comunque arrivo dall’ambiente della pubblicità quindi sai per me già trenta secondi sono una marea ti tempo, cinque minuti era una roba infinita! Sono abituato a lavorare con materiali in pochissimo tempo. Ho fatto un sacco di adattamenti pubblicitari.
Alessio Galbiati: Mi hai detto di aver lavorato molto nella pubblicità, con quale mansione, di cosa ti occupavi?
Giorgio Sancristoforo: Montaggio. Io ho fatto sia il fonico che il sound designer, ho lavorato con Giancarlo Giannini, con Eva Herzigova. L’ultimo corto interpretato dalla Herzigova, che in questo periodo gira su Sky il suono l’ho realizzato io. Adesso mi sto’ ancora occupando di pubblicità che in fondo è un poco come un tunnel della droga, non è che ne esci facilmente perché comunque è pur sempre un buon introito: sono lavori che durano pochissimo e sono pagati abbastanza bene. Adesso devo realizzare ad esempio la musica per uno spot Alfa (ride). Vorrei però puntualizzare di non essere un jingolista, sono più un ingegnere del suono.
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Alessio Galbiati: Sì sì, questo l’avevo capito cercando informazioni su di te Dicevi che ti occupi di montaggio
Giorgio Sancristoforo: Ad un certo punto però mi sono staccato progressivamente dall’audio per specializzarmi sempre più nel video e dunque sono approdato al montaggio che poi è una cosa che faccio da un po’ di anni. Ho fatto il montatore per grosse case di produzione, sia italiane che estere. In Italia ho lavorato con Vittorio Sacco, che è quello che fa tutti gli spot della pasta, Fabrizio Mari, Luca Lucini Con loro mi sono davvero formato sul campo nell’uso dell’immagine, poi ho studiato fotografia dato che volevo fare regia.
Alessio Galbiati: E poi basta perché sono praticamente finiti i sensi
Giorgio Sancristoforo: In cucina faccio solo il sushi, che poi a te non piace. Comunque ho seguito un percorso che ritenevo necessario perché nell’ambiente della pubblicità, o comunque dei media, broadcasting, più cose sai fare meglio è. Più competenze tecniche toste hai meglio è. Io ho lavorato con lo stato dell’arte della tecnologia sia nell’audio che nel video, perché ho lavorato in uno studio di post-produzione cinematografica (audio) da paura lo studio era fatto dalla Skywalker Sound ( La Skywalker Sound è una delle più famose aziende specializzate in effetti sonori, montaggio del sonoro e delle musiche e progettazione di nuovi formati audio, parte della Lucas Digital, a sua volta parte della LucasFilm di George Lucas, n.d.r. ) con tecnologie THX, Dolby, mixer da due milioni di euro in una parola “esoterici”. Li mi sono formato su cose toste acquisendo quelle nozioni sufficienti per poter fare da solo, anche a “bassa” tecnologia, un percorso nel quale credo molto ed evidentemente non solo io dato che ormai fra i canali satellitari vi è in atto una proliferazione di format molto brevi, composti da pillole di cinque minuti con budget sotto i cinquemila euro. Oltretutto io adoro i documentari, mi nutro di History Channel
Alessio Galbiati: Tra l’altro, e qui cerco di riprendere per un attimo il mio ruolo formale, il tuo nome d’arte Tobor Experiment C’entra in qualche modo l’incredibile film di fantascienza del 1954 “Tobor the Great” diretto da Lee Sholem.
Giorgio Sancristoforo: C’entra il film di cui parli e c’entra “The Quatermass Experiment” (serie cinematografica Sci-fi statunitense del 1953, uscita nelle sale in sei episodi, n.d.r. ), altrimenti conosciuto in Italia come “I vampiri venuti dallo spazio”.
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Alessio Galbiati: E quindi Tobor arriva dal robottone presente nel film?
Giorgio Sancristoforo: Che poi è l’anagramma di Robot.
Alessio Galbiati: Certo, certo ma perché proprio questo nome?
Giorgio Sancristoforo: Il primo è perché sono un patito della fantascienza, sono il prototipo del ragazzino che all’età di cinque anni ha visto “Guerre stellari” al cinema, nel ’77, e quindi è rimasto dominato dalla fantascienza. Ne fruisco tantissimo, più di bassa qualità è, più mi piace. A me gli effetti speciali di oggi non mi piacciono molto, anche come occhio da cineasta preferisco i fili e le marionette allo stop motion, piuttosto che alle robe super-fighe e super-tecnologiche. L’altro motivo è che cercavo un nome che non ci fosse in giro, perché è un casino trovare un nome (ride). Ormai è difficilissimo devi usare nomi in assiro-babilonese per trovare qualcosa di originale.
Alessio Galbiati: E pronunciabile, perché poi molti nomi sono davvero un qualcosa che non si riesce proprio a dire.
Giorgio Sancristoforo: Ed è nato quel nome li per le mie cose di musica sperimentale. Sai che faccio dei software Il primo obiettivo di quei software all’inizio era di tipo educativo perché facevo dei plug-in per i miei studenti SAE (SAE Institute di Milano, n.d.r. ), dove ho insegnato “Sintesi analogica” e “MIDI” per 3-4 anni, e poi ho avuto l’esigenza di fare dei software per realizzare la mia musica. Musica sperimentale davvero, nel senso che il mezzo con il quale viene creata sia innovativo o quantomeno creato dall’artista, che non sia semplicemente un utilizzo di macchine “commerciali” ma cercare di creare dei paradigmi innovativi. Non è una cosa semplice, ma ci provo.
Alessio Galbiati: Di questo, ed in particolare del tuo software “Gleetchlab”, avevi già parlato sulle pagine di Digimag in un’intervista di Fabio Franchino apparsa sul numero 11 nel febbraio 2006 (Gleetchplug: generazione rumore di Fabio Franchino, Digimag11 – febbraio 2006- url: http://www.digicult.it/digimag/article.asp?id=304 )
Giorgio Sancristoforo: E’ da lì ho iniziato a fare musica sperimentale che mi piace distribuire insieme ai software. La distribuzione è gratuita perché io stesso ho fruito di software gratuiti e dunque ti viene voglia di farne, sei spronato perché ti dici: “se io lo faccio, stimolerò altri a continuare a farlo”. E questo rientra in un sistema di distribuzione libera, sebbene non Open Source, che comunque appoggio e condivido perché non tutti hanno la disponibilità economica di potersi comprare software. Fondamentalmente sono abbastanza scoraggiato dalla pirateria, dico questo per i software e non per la musica, perché ormai il business musicale si basa sul live e non sul disco venduto, però sul software no. C’è gente che ci vive e purtroppo un modo per combattere la pirateria è fare freeware, così da instillare nelle persone un concetto di legalità.
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Alessio Galbiati: Questo fatto è particolarmente accentuato in Italia, dove pagare qualcosa che arriva dalla rete è un comportamento minoritario.
Giorgio Sancristoforo: Infatti in America, ma non solo, non è per niente così.
Alessio Galbiati: Per tornare al tuo nome d’arte e dunque al film “Tobor the Great” trovo sia interessante e suggestivo, alla luce di quel che mi hai detto, il fatto che il bambino protagonista della pellicola sia in contatto telepatico con il robot. Dunque un legame irrazionale fra l’umano e la macchina, che in un certo qual modo è ravvisabile in molti tuoi lavori esagero?
Giorgio Sancristoforo: In fondo il mio è un approccio giocoso con la tecnologia, un approccio che diviene più umano proprio grazie ad un accostarsi ad essa con una buona dose di infantilismo ed anche di ingenuità se vuoi. Che poi è quella del bambino nel film. Incredibile che filosoficamente c’entri tutto, quasi, ma ad essere sinceri è davvero così. Questo approccio giocoso ha sempre fatto parte di me, una voglia quasi infinita di conoscenza del nuovo che da piccolo mi portava a smontare qualsiasi cosa per vedere cosa c’era dentro. Prendevo il phon piuttosto che il rasoio e li smontavo. Un’attitudine ludica che mi portava a divertirmi molto più che con un giocattolo tradizionale.
Penso che la tecnologia possa essere alienante, soprattutto in quest’epoca, a meno che non ne diventi un manipolatore. Se tu manipoli la tecnologia, piuttosto che farti manipolare da essa, allora puoi ricollocarla nella sua dimensione corretta.
Alessio Galbiati: Che poi è quella strumentale: la tecnologia come strumento per realizzare idee. Tornando a Tech Stuff , ma rimanendo nei paraggi di quanto stavi dicendo, mi hanno molto colpito Herman Gillis e Jürgen Micaelis, gli “inventori” rispettivamente delle case Sherman e Jomox. Che personaggi sono questi personaggi? Uomini ultra tecnologici che alla fine settano le macchine da loro prodotte “ad orecchio”? Insomma, quando parli di alienazione e distacco dalla “realtà” oppure allargando ancora la domanda, se penso alle immagini contenute nel capitolo dedicato all’Ircam di Parigi la sensazione che ne ho ricavato è davvero quella di una ricerca tecnologica alienata dal mondo esterno, l’Ircam è proprio costruito sotto terra, con sale incredibili illuminate unicamente da luce artificiale
Giorgio Sancristoforo: C’è una sala dell’Ircam assolutamente meravigliosa, dove il soffitto è costituto dalla pavimentazione della piazza sovrastante che è Place Igor Stravinskij e quindi ha una luce naturale stupenda, comunque hai ragione, sei sottoterra ed è piuttosto claustrofobico il tutto. In realtà in tutte le persone che ho incontrato per la realizzazione di Tech Stuff c’è una costante, almeno ad una prima vista, quel prototipo di uomo-inventore che utilizza la tecnologia per seguire un sogno. Come uno scrittore, come un artista che insegue i suoi sogni utilizzando le sue idee, le sue mani, per creare qualcosa che poi alla fine piace ai musicisti e del quale questi si innamorano. Robert Moog non era un musicista però la sua sensibilità, la sua dote per l’elettronica, l’ha portato a creare degli strumenti musicali che i musicisti adoravano. Naturalmente li ha realizzati con l’aiuto proprio dei musicisti. C’è una costante fra Theremin, i Pan Sonic, Robert Moog a Herman Gillis
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Alessio Galbiati: Stradivari
Giorgio Sancristoforo: Esattamente, il concetto è sempre lo stesso. Gli inventori sono innumerevoli: anche Leo Fender, Laurens Hammond, Freidrich Trautwein, che realizzò il Trautonium con il quale venne realizzata la musica de “Gli uccelli” di Hitchcock, lo stesso Pierre Schaffer che utilizzava il nastro magnetico in un modo che nessuno aveva mai utilizzato. Insomma la costante è sempre la stessa.
In realtà vedi il libro ed il dvd non sono una “storia della musica elettronica”, ma una lente d’ingrandimento su una tipologia di artisti che è quella dell’artista inventore, cioè quell’uomo che crea della tecnologia per creare l’Arte; strumenti per fare strumenti.
Non ho trovato nessun tipo di alienazione, in realtà. Ho trovato invece un rapporto giocoso nei riguardi della tecnologia.
Alessio Galbiati: Si può dire che hai realizzato un documentario ed un libro sul tuo mondo, quasi in un certo qual modo collocando te stesso in questo ambiente. Diciamo una cosa: hai realizzato un software per la creazione di musica generativa come Gleetchlab, dentro al prodotto editoriale Tech Stuff “butti” un softwarino cadeau (Generator X1) tanto per far capire i fondamenti della sintesi musicale, hai avuto modo di conoscere una serie di persone che appartengono a questo mondo quindi sei andato a cercare il tuo mondo. Tu incontri i Pan Sonic perché loro rappresentano, prima di tutto per te stesso, un riferimento irrinunciabile nel tracciare le coordinate per la comprensione della musica elettronica.
Giorgio Sancristoforo: Sì perché li trovo assai adeguati alla mia idea di musica elettronica, perché penso che la musica elettronica dovrebbe essere la più genuina è quella fatta da gente che si costruisce la roba. Merzbow, Max/MSP questa gente qua. Varese che sognava della musica che non poteva essere realizzata al momento, ma che un giorno sarebbe stata possibile, questa tipologia di artisti è decisamente la più affascinante. Chiaramente mi riconosco, è il mio tentativo di emulare i miei miti.
Alessio Galbiati: Quindi Tech Stuff è?
Giorgio Sancristoforo: Un tributo a quella generazione di persone che ha fatto la storia della musica elettronica per la generazione più giovane, anche se fruibile da tutti. Io mi ricordo che quando ho comprato “OHM: The Early Gurus Of Electronic Music” piuttosto che l’altra leggendaria compilation “An Anthology of Noise & Electronic Music” mi sono detto: guarda un po’ gli americani sono interessati a Edgard Varèse, Iannis Xenakis, John Cage, Pierre Schaeffer, Morton Subotnick Ma della RAI non c’è niente (si riferisce allo Studio di fonologia musicale della RAI con sede a Milano in Corso Sempione al 27, n.d.r. ). Era il terzo laboratorio mondiale! Abbiamo un patrimonio mostruoso di musica elettronica che le generazioni giovani non conoscono; non si può stare zitti, non si può dimenticare! C’è gente che è pensionata e torna in RAI a lavorare solo per archiviare in modo digitale i nastri per salvarli, per conservarli. Perché nessuno se ne occupa e questa è una cosa totalmente assurda!
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Alessio Galbiati: Dall’estero, non c’è nessuno che pensa alla tutela di questo patrimonio?
Giorgio Sancristoforo: No perché sai, è una cosa di Stato, è un patrimonio dello Stato italiano che sconta il disinteresse più totale da parte delle Istituzioni, ma anche del pubblico e della critica. Abbiamo una folle difficoltà nel tornare su di un periodo così complesso come quello della musica sperimentale italiana.
Alessio Galbiati: Ti piacerebbe poterci mettere, tra virgolette, le mani sopra?
Giorgio Sancristoforo: No, non mi permetterei mai. Se ipoteticamente mi dicessero “tieni, ti diamo un nastro di Maderna, fanne quello che vuoi” non oserei davvero Però il mio “mettere le mani” è stato il diffonderlo ad un pubblico più giovane. Il mio messaggio è stato: guardate ragazzi che non c’erano solo i Kraftwerke. In Italia avevamo Luigi Nono, Bruno Maderna, Luciano Berio e Cathy Berberian che facevano delle cose incredibili negli anni cinquanta ed era musica elettronica! E non era una cosa tanto diversa da quella che fanno Oval e Pan Sonic, piuttosto che Bernard Parmegiani o John Cage. John Cage e Henri Pousseur andavano allo studio di fonologia musicale della RAI a registrare. Era lo studio, fra i tre europei più importanti dell’epoca (gli altri erano il Groupe de recherches de musique concrète di Parigi e lo Westdeustcher Rundfunk di Colonia, n.d.r. ) dotato di più strumenti. Io li ho visti tutti. In realtà ho girato un’ora di filmato, avessi potuto l’avrei messo online tutto tu non hai idea di cosa hanno e di come conservano.
Alessio Galbiati: Infatti nel video che hai realizzato si vedono persone con il camice bianco
Giorgio Sancristoforo: Sì sono tutti vestiti così, hanno un’evidente deferenza verso gli strumenti dai quali sono attorniati. Ho visto dei registratori Studer a quattro tracce da due pollici, uguale a quello che hanno usato i Beatles per Strawberry Fields, tirato a lucido, praticamente nuovo. Me l’hanno fatto vedere, funzionante! Abbiamo una storia nella musica elettronica che è ingiusto non tirare fuori, perché noi stiamo tanto a guardare i tedeschi e gli inglesi, ma gli inglesi non sono nessuno rispetto agli italiani negli anni cinquanta. Avevamo tutto: le basi, le persone e la tecnologia.
Alessio Galbiati: La stessa cosa che è capitata al cinema italiano
Giorgio Sancristoforo: Quando hanno smesso di fare Sandokan per comprare Magnum P.I. , ciao al cinema italiano. Scusa ma mi sono lasciato prendere la mano, ma questa è una questione che mi fa davvero arrabbiare.
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Alessio Galbiati: Figurati. Condivido in pieno quel che dici, direi anzi che sfondi una porta aperta parlami dell’intervista a Karlheinz Stockhausen, uno dei contenuti più ghiotti dell’intero progetto.
Giorgio Sancristoforo: L’intervista che ho realizzato a Stockhausen ad essere sincero l’ho commissionata. E’ stato l’unico contenuto che non ho potuto realizzare di persona perché in quel periodo ero negli Stati Uniti. Ovviamente però fra i vari personaggi che avremmo voluto sentire per i contenuti speciali del dvd il primo che mi è venuto in mente era proprio lui
Alessio Galbiati: Peraltro appena in tempo (l’intervista è stata registrata l’8 agosto 2007, ed il Maestro è scomparso il 5 dicembre, n.d.r. )
Giorgio Sancristoforo: Ci siamo rimasti malissimo.
Alessio Galbiati: E’ stata la sua ultima intervista?
Giorgio Sancristoforo: Probabilmente l’ultima, quasi sicuramente. Un’intervista di un’ora dove ripercorre tutta la propria carriera, con riflessioni incredibilmente complesse ed interessanti.
Alessio Galbiati: Tornando a Tech Stuff , cosa è rimasto fuori? Al di là della questione della durata dei singoli episodi, cosa ti sarebbe piaciuto fare?
Giorgio Sancristoforo: Devi tenere conto che mi sono trovato ad affrontare questioni tecniche che mi sono trovato ad affrontare per la prima volta, essendo la mia prima trasmissione televisiva, questioni che non avevo calcolato. Ad esempio io mi sono appoggiato ad una piccola casa di produzione
Alessio Galbiati: la The Box films .
Giorgio Sancristoforo: Ci siamo curati di chiamare i Kraftwerke, o i Chemical Brothers, anche per avere dei punti di vista diversi da parte dei musicisti. Io ho iniziato dagli inventori e volevo anche arrivare ai musicisti ma mi sono sentito dire che i Chemical se non metti sul tavolo almeno seimila euro non ti guardano nemmeno; è chiaro quindi che vai incontro a delle difficoltà. Cosa è rimasto fuori? In realtà io sarei voluto andare alla Princeton University, avrei voluto intervistare qualche nome grosso tipo John Chowning piuttosto che Morton Subotnick, insomma qualche esponente in più. Dalla stampa mi è stata mossa la critica che avrei potuto intervistare gli Autechre avessi potuto avrei incluso qualsiasi cosa, avrei voluto intervistare Oval, ma non ci sono riuscito.
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Alessio Galbiati: Avrà sviluppi la serie Tech Stuff ? ho letto un’intervista dove affermavi d’aver comunque creato un contenitore.
Giorgio Sancristoforo: Mah, andare avanti con la musica elettronica per me sarebbe molto interessante anche se ho seri dubbi sulla possibilità che il committente abbia interesse, d’altra parte però è vero che ci sarebbe ancora una marea di roba da dire. Ho comunque la paura di ripetermi.
Alessio Galbiati: Se poi è venuta così bene
Giorgio Sancristoforo: Certo hai un po’ paura di bruciarti. Soprattutto anche nei confronti dell’editore Isbn non vorrei proporgli un volume due. A me sarebbe piaciuto molto fare un Tech Stuff sugli hackers, sulla storia dell’hackeraggio dagli anni cinquanta in poi. Però è un progetto abbastanza costoso, perché
Alessio Galbiati: perché devi andare in america
Giorgio Sancristoforo: Esatto. Comunque nella mia testa questo è un percorso che in qualche modo confluisce, alla fine la musica, la tecnologia e gli hackers insomma, mi piacerebbe. Qualcosa verrà fuori in un futuro prossimo, non lontano. Mi piacerebbe riuscire a continuare a scrivere, quest’opportunità di avere sia il media televisivo che il media scritto su un libro è una cosa davvero bellissima. L’opportunità di stampare per Isbn è una roba per me fuori dal mondo, non ci avrei mai sperato.
Alessio Galbiati: Avevo pensato di intitolare quest’intervista “Tobor Experiment: il figlio prediletto di Qoob”, ma poi conoscendoti ho mutato il mio giudizio complessivo sulla cosa, anche se ora non ho davvero idea del titolo che darò alla nostra chiacchierata.
Giorgio Sancristoforo: Io direi proprio di no, perché poi gli utenti Qoob mi lincerebbero Mi hanno fatto le parodie! all’inizio mi odiavano
Alessio Galbiati: Anche questo è un discorso da fare Appena uno esce dal gruppo lo massacrano, ma in fondo è giusto così. Ricostruendo un attimo la tua storia con Qoob, quello che risulta è che tu hai uploadato due tuoi video: uno era una parodia di Star Wars (Episodio 3.991) e l’altro un tuo video di musica sperimentale (Biological Behaviour).
Giorgio Sancristoforo: Esatto il secondo è proprio una roba tutta mia, legata alla mia produzione di cui ti ho parlato prima, mentre quello di Star Wars era un cortometraggio che ho fatto con dei miei amici per tutta una serie di coincidenze assurde nel 2005 durante una ‘Notte Bianca’ al Palazzo della Triennale Li ho caricati, senza nemmeno sapere troppo bene cosa fosse Qoob, e loro si sono entusiasmati dicendomi che volevano mandare in onda il cortometraggio.
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Alessio Galbiati: Ma tu, diciamoci la verità, tu l’hai fatto con lucidità
Giorgio Sancristoforo: No io l’ho fatto davvero per i fatti miei. All’epoca nel 2005 non conoscevo Qoob né tanto meno pensavo di fare televisione, cioè era una roba che mi era venuta bene e proprio in quel periodo è venuto fuori Qoob e mi sono detto io glielo carico, poi vedremo. Senza nessuna lungimiranza, credimi, mi sembrava una bella opportunità che sarebbe stato stupido non provare a cogliere.
Alessio Galbiati: Poi succede che Qoob ti contatta
Giorgio Sancristoforo: E mi dicono che gli piacerebbe farmi fare qualcosa, di proporgli un’idea. Io ho parlato con Matteo Bonifazio, un regista che lavora per MTV.
Alessio Galbiati: E tu in dieci minuti gli hai mandato il progetto
Giorgio Sancristoforo: No. Io a quell’epoca ero stufo di montare per la pubblicità, non ne potevo più di lavorare per la pubblicità e nell’estate, o meglio a maggio-giugno dello scorso anno, ho detto a Bonifazio della mia idea, che poi era un tentativo di portare in video la mia attività d’insegnante. A loro la cosa è piaciuta ed abbiamo realizzato un pilota, come al solito il pilota non va mai bene nel pilota utilizzavo la voce di Claudio Capone (uno dei più celebri doppiatori italiani, nonché storica voce dei documentari di Quark, n.d.r. ). Insomma dopo qualche aggiustamento il progetto a preso vita.
Alessio Galbiati: Invece nella serie che poi hai realizzato di chi è la voce?
Giorgio Sancristoforo: Lesh del duo comico ” Miki&Lesh”, fa parte dei “Cavalli Marci”, al secolo Alessandro Bianchi. Mentre invece per l’edizione in lingua inglese per il doppiaggio (Daniel Richards, n.d.r.), che è uno molto bravo che lavora per la pubblicità, abbiamo cercato di fare il verso al compassatissimo stile della BBC, riscrivendo insieme i testi per avvicinarci il più possibile al modello. Penso proprio che abbiamo fatto un buon lavoro
Alessio Galbiati: Qoob. Come giudichi il progetto soprattutto in termini di potenziale. Non pensi che l’esser confinato sul digitale terrestre e sulla rete lo limiti?
Giorgio Sancristoforo: Una cosa che secondo me è importante, che darà a Qoob una notevole opportunità, è il fatto che tutti i televisori lcd di nuova generazione incorporano questa nuova tecnologia. La cosa che ad oggi ne ha limitato gli sviluppi è stata quella di andare sul DTT quando nessuno ce l’aveva. Con questi nuovi televisori avrà dunque la possibilità di sfruttare appieno la sua caratteristica più forte, che non è tanto la rete, ma l’enorme platea che il mezzo televisivo offre. Insomma Internet che arriva sul televisore.
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Alessio Galbiati: Si però questo a mio modo di vedere è però una specie di grande bugia: solo determinati prodotti posso ambire al passaggio tv, la qualità tecnica deve essere alta, ed un’alta qualità tecnica presuppone un discreto investimento in termini produttivi. Un buon computer costa, così come un software, una telecamera e così via
Giorgio Sancristoforo: Io penso che sia giusto, perché giusto è premiare i talenti. Premiare non solo con la “gloria” d’un passaggio tv, ma retribuendo. Io sono stato il primo della lista e penso che sia un metodo geniale per fare televisione.
Alessio Galbiati: Ok, forse qui la vediamo in un modo leggermente diverso. Proviamo a concludere e per farlo, dato che abbiamo parlato davvero tantissimo, vorrei chiederti di riassumere tu stesso le caratteristiche principali di Tech Stuff; come in un processo, prima che la corte dei lettori si ritiri per deliberare, hai delle dichiarazioni conclusive da fare?
Giorgio Sancristoforo: Allora, la costante di Tech Stuff è, nella sua parte video, quella di essere uno sguardo sulla musica elettronica da un punto di vista molto particolare, che è quello degli inventori, che io reputo importantissimo; come anche Stockhausen ha detto, cosa peraltro incredibile perché all’epoca avevo pensato una cosa che poi ho sentito dire a Stockhausen
Alessio Galbiati: che infatti è morto
Giorgio Sancristoforo: (ride) lui dice che la musica di oggi è strettamente relazionata alla tecnologia con cui viene prodotta, per cui io ho voluto dare un tributo alla gente che crea la tecnologia. Una tecnologia che diviene strumento ma che è qualcosa di più che la penna dello scrittore
Alessio Galbiati: È il braccio che usa la penna.
Giorgio Sancristoforo: Ed il braccio sta’ diventanto la mente, cioè una seconda mente. E questa è la cosa interessantissima, perché la tecnologia arriverà a darci dei computer incredibili. E questo mi è stato detto all’Ircam di Parigi, io ero a bocca aperta, “noi abbiamo dei sistemi dove un musicista suona, il computer impara e inizia a fare contrappunto con il musicista in maniera coerente”. Una roba fuori dal mondo. I computer diventeranno parte della composizione, non solo come macchine di riproduzione.
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Alessio Galbiati: Mentre per il libro?
Giorgio Sancristoforo: Il libro è invece un approfondimento, sono tutte le cose che non potevo dire. Come funziona il Theremin, oppure i più bei dischi fatti col Moog
Alessio Galbiati: Il libro è una progressione verso la complessità, usa la base didattica e giocosa della parte video fino ad arrivare
Giorgio Sancristoforo: all’esoterismo dei discorsi di Stockhausen. A mio modo di vedere la cosa bella di Tech Stuff è che è veramente una cosa piccolina, un sussidiario, che però contiene una marea di roba e che alla fine ha dei contenuti di spessore enorme dati dal Maestro Stockhausen.
Alessio Galbiati: Sono andato a cercarmi la definizione che il dizionario da del termine sussidiaro ed ho trovato: “testo scolastico adottato negli ultimi tre anni della scuola elementare, comprendente le nozioni basilari di tutte le materie d’insegnamento”. Perché dunque non pensarlo come testo scolastico per i primi anni d’una scuola di musica? Come uno spunto per approfondire.
Giorgio Sancristoforo: Difatti, come ti dicevo, il tutto nasce proprio dalla mia esperienza di insegnamento, un tentativo di dare una forma piacevole a questioni altrimenti troppo tecniche e tecnicistiche. Io non credo nella freddezza delle macchine, le macchine sono il prodotto del lavoro dell’uomo e la freddezza la vedi solo perché non hai una comprensione del fenomeno che hai davanti.