Compositore, performer ed installatore sonoro, John Duncan è raro esemplare di quegli artisti totalmente immersi nella ricerca esistenziale, che da oltre un ventennio rappresenta una delle figure cardine del panorama della sperimentazione radicale.

La sua lunga e varigata carriera, caratterizzata dall’intensità elettroacustica e da eventi d’arte performativi e di confronto, percorre i risultati delle sue rigorose ricerche nell’ambito dei temi e delle ambientazioni le più disparate (arcani, metafisici, trasgressivi).

Duncan dipinge il suo lavoro come un catalizzatore di energia, attraverso cui cerca di invogliare il pubblico a partecipare al processo di ricerca e autoscoperta. Questa intervista nasce a Palermo, e non a caso in occasione di una performance-concerto per quattro canali “surround sound”. La platea galleggia immersa nel buio più assoluto e totale, in modo tale da amplificare la percezione sensoriale degli astanti non soltanto nei riguardi della musica ma anche nei confronti di una più pregnante compartecipazione alla creazione dell’atmosfera scontornata e a-dimensionale per un coinvolgimento più totale. Essa completa in un certo qual modo l’intervista fatta tempo fa da Silvia Bianchi per Digimag (http://www.digicult.it/digimag/article.asp?id=717), per cercare di comprendre a fondo l’incredibile universo artistico dell’americano John Duncan (nato nel 1953 a Wichita, Kansas, ma da qualche anno residente in Italia), personaggio che è cresciuto nell’ambito della performing-art, studiando con Allan Kaprow, incentrando poi i propri interessi verso mondi estremi quali quello della pornografia. Nella sua produzione discografica troviamo i rapporti con la scienza, con l’energia, il rompere la materia per rivelare la sua struttura, per analizzare il carattere dei suoi elementi e pervenire all’essenza della sostanza stessa, privilegiano il lavoro sulle onde corte.

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Claudia Moriniello: Sei un artista eclettico e spaziando dal suono, al video alle performance artistiche rimani uno dei pochi immersi nella ricerca esistenziale. Quali sono i tuoi campi di indagine?

John Duncan: Quello che più interessa veramente è cos’è l’esistenza, in tutte le sue forme, cosa vuol dire essere vivo. Per questo mi spingo a volte oltre certi limiti, per cogliere il più possibile di ciò che in noi è incoscio o latente.

Claudia Moriniello: Sia il tuo lavoro elettroacustico che le tue performance traducono una personalità trasgressiva e misteriosa mai del tutto svelata. Qual è il limite tra ciò che comunichi e ciò che resta parte non espressa del e nel tuo intimo?

John Duncan: No, quello spazio che apparentemente resta “vuoto”, quella parte non espressa del mio intimo non la interpreto come un limite. Anzi ho imparato ad utilizzare il mio intimo come fonte generatrice e come materiale.

Claudia Moriniello: Ma allora cos’è che resta solamente tuo, dentro di te?

John Duncan: I miei errori… sono cibo e ritorno pannolini sporchi!

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Claudia Moriniello: Volendo immaginare la creazione artistica come una pulsione che viene da dentro, che grida la necessitö di manifestarsi, cosa succede una volta partorita?

John Duncan: Nelle mie esperienze, viene da fuori. Da dove esattamente è parte della ricerca, ancora non lo so. In ogni caso ha e sviluppa la sua esistenza a prescindere da me. Come tutti noi, ha i suoi aspetti sublimi e cattivi, a volte in extremis

Claudia Moriniello: Il suono nelle tue mani diventa qualcosa di fisico, tangibile che investe e colpisce il corpo. Attraverso la percezione del suono i sensi scivolano fino ad appiattirsi e liquefarsi per poi annullarsi ed evaporare. Il corpo si svuota, scompare e diventa aria. Dal fisico al metafisico il passo è davvero così breve?

John Duncan: Non saprei. Ognuno vive la propria esperienza. dipende dall’ascoltatore, dalla sua ricettività, dal suo umore, dallo stato d’animo, dalla sua libertà e dai suoi limiti.

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Claudia Moriniello: Le tue rappresentazioni hanno spesso una sottile, dissacrante e provocatoria componente teatrale, trascini sempre il pubblico in un vortice sensoriale e spesso lo coinvolgi anche fisicamente. Perché?

John Duncan: Per incontrarmi a metà strada nel processo dell’evento. Ogni volta che un (o una) partecipante è posto davanti alla scelta di accettare o meno quelle che rappresentano delle regole per entrare nel processo creativo, come ad esempio potrebbe essere quella di entrare nudi in una stanza completamente buia, la sua decisione diventa automaticamente parte del processo e dell’arte. Se decide di accettare, l’arte e l’esperienza continuano e si sviluppano. Se decide di rifiutare, quella decisione riflette un suo limite personale, ma anche quello diventa arte.

Claudia Moriniello: Quindi l’altro ha comunque un ruolo importante nel tuo processo creativo?

John Duncan: Innanzitutto per l’altro diventa il suo processo creativo, se lo riconosce. Il mio lavoro e il mio ruolo funzionano solo come un unico catalizzatore di energie.

Claudia Moriniello: Il tuo lavoro rappresenta quindi un canale, un mezzo per raggiungere una condizione superiore, distaccata, libera…

John Duncan: Magari… Almeno questa è l’intenzione, provvedere e a volte essere uno strumento da utilizzare.

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Claudia Moriniello: Capita spesso che tu spinga il fruitore ad un sovraccarico sensoriale attraverso il suono o la luce. Questi sono i mezzi o il fine ultimo?

John Duncan: I mezzi.

Claudia Moriniello: Cosa ti fa venire in mente la parola “sinergia”?

John Duncan: Universi paralleli!

Claudia Moriniello: Cosa rappresenta per te il buio? E’ una dimensione, una condizione o cos’altro?

John Duncan: Rappresenta l’assenza di distrazione costante, un lusso raro, come il silenzio dopo una sovrapposizione di rumori.

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Claudia Moriniello: Cosa ti aspetti o ti piacerebbe ricevere da chi viene e vive le tue performance e/o concerti?

John Duncan: Attenzione, con una mente aperta. Se il lavoro le merita…


www.johnduncan.org/