Il nostro tempo è questo. Non più “movimenti” generazionali o de-generati, non più pesi disciplinari conformati da tradizioni drammaturgiche, non più corpi intrisi da addomesticamenti in superficie e già visti insostenibili. Non più cliché s’il vous plait.
Qualcosa è cambiato, evoluto e schiuso dagli anni ottanta fino ai novanta con le cosiddette compagnie “Invisibili” come si facevano chiamare (e venivano chiamate) – a sottolineare il totale disinteresse e abbandono delle istituzioni teatrali nei loro confronti, per fortuna solamente agli inizi della nuova cultura performativa che stava sconvolgendo le “basse” platee italiane. Ma purtroppo siamo in Italia. E così dai Motus passando per i Masque Teatro e la Raffaello Sanzio fino ai Teatrino Clandestino si arriva a questa nuova generazione iniziata con prepotenza e coraggio solo agli inizi del nuovo millennio.
Sto parlando di realtà giovani e libere, colte e sensibili, come Cosmesi, Kinkaleri, OOFF.OURO, MK, Nico Vascellari, Corpicrudi, Teatro Sotterraneo, Dafne Buggeri , Orthographe o Anna De Manincor , realtà che toccano diversi ambienti e diverse discipline artistiche, a volte mescolate, a volte integrate; esasperate o poeticizzate. E i Festival finalmente si fanno sentire, crescendo sia di qualità sia di quantità, veri e unici luoghi dove apprezzare e degustare le nuove tendenze teatrali; ed ecco il Signal di Cagliari, il Festival Santarcangelo , Drodesera nella splendida Centrale Fies, il Coreografo Elettronico di Napoli, OrienteOccidente , Zip Festival, Tramedautore, Romaeuropa Festival, quello delle Colline Torinesi, TTV di Riccione, Crisalide, Ipercorpo fino ai vari Inteatro , Contemporanea e il giovane VIE Scena Contemporanea Festival che dal 12 al 20 ottobre ospiterà alcune tra le realtà più interessanti della scena contemporanea europea e italiana a Modena, Carpi e Vignola. Ritorno quindi all’Emilia Romagna, fucina storica di compagnie e movimenti teatrali, anche se questa volta protagonista di un Festival innovativo e libero da ogni tendenza più o meno remota.
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Ecco le numerose presenze al VIE: That night follows day della compagnia belga VICTORIA diretto dal regista londinese TIM ETCHELLS , già fondatore di Forced Entertainment , prima nazionale per uno spettacolo esplosivo che coinvolge 17 bambini tra gli 8 e i 14 anni. Per la prima volta in Italia dopo i successi riscontrati in tutt’Europa, il gruppo formato da tre registi berlinesi RIMINI PROTOKOLL si confrontano in prima nazionale con Il Capitale di Karl Marx . Artista eclettica EMANUELLE HUYNH porta a Modena Le Grand Dehors , un’altra prima nazionale che vede la coreografa nella sua doppia veste anche di interprete collaborare con il compositore Pierre Jodlowski (IRCAM).
Tra le presenze italiane DANIO MANFREDINI presenta la sua ultima densa creazione Il sacro segno dei mostri , ROMEO CASTELLUCCI firmerà un evento speciale, e SANDRO LOMBARDI e VIRGILIO SIENI daranno voce e corpo alle pasoliniane Ceneri di Gramsci . Il ritorno al Festival del regista lettone ALVIS HERMANIS con Sonja tratto da un racconto di Tatjana Tolstaja, figlia di Aleksei, scrittore di regime di epoca staliniana, sigla una modalità di investimento che VIE riconosce ad alcuni artisti valorizzando così il percorso coraggioso e la capacità di mettersi in gioco. Dalla Slovenia vengono i VIA NEGATIVA con un progetto sui vizi capitali che prosegue idealmente la performance presentata in occasione della Biennale Teatro di Romeo Castellucci nel 2005. L ‘artista tedesco RAIMUND HOGHE si muove come un sonnambulo seguendo il suono della voce di Maria Callas che abitò nella famosa 36, Avenue Georges Mandel che dà il titolo allo spettacolo.
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Dopo il successo dello scorso anno torna a l’accoppiata JONATHAN BURROWS e MATTEO FARGION con Speaking Dance la nuova produzione che conclude il trittico iniziato con Both Sitting Duet e The Quiet Dance sulla delicata relazione tra danza e musica. PATRICIA ALLIO compie con Blood and guts in high school la sua incursione nell’immaginario di Kathy Acker figura di culto della letteratura punk, scomparsa da dieci anni lasciando una scia di testi incendiari. Beards è la prima opera della trilogia Beards del regista belga STEFAN OERTLI . Continua l’esplorazione dell’Ubu Re di Alfred Jarru da parte del TEATRO DELLE ALBE e del regista Marco Martinelli che questa volta, dopo aver lavorato con i ragazzini di Scampia e di Chicago, si cimenta nell’universo magmatico adolescenziale lavorando con un gruppo di adolescenti del Senegal, dando vita all’ Ubu Buur , spettacolo dalla vitalità estrema e dal coinvolgimento assicurato.
Il coreografo, ROBERTO CASTELLO , si misura ne Il Duca delle Prugne progetto non esclusivamente coreografico ma più vicino alla forma del varietà, capace di offrire una piacevole pausa agli spettatori. Si prosegue con l’ultima creazione corale di ANTONELLA BERTONI in prima nazionale, che presenterà anche il suo assolo Try . Italianissimi, nonostante il nome, la giovane formazione ORTHOGRAPHE presenta al Festival in anteprima nazionale Tentativi di volo , visioni evanescenti e oniriche confermano il loro inusuale modo di fare teatro. Continua con Noccioline , scritto dal giovane FAUSTO PARAVIDINO e messo inscena da VALERIO BINASCO , l’attenzione del Festival alle nuove forme di drammaturgia contemporanea. Il testo inquadra in 23 sequenza brevi come fumetti una società: una schiera di adolescenti formato “Peanuts” all’improvviso passa dai giochi infantili al confronto con il presente.
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“Il mito della sicurezza rappresenta oggi un tema attorno al quale si spiegano dibattiti e conflitti, tragedie quotidiane. scrive Sergio Givone nell’introduzione al Festival – La paura permea luoghi e azioni della nostra vita. Si desidera controllare ciò che è selvaggio, sensuale, immaginario, realmente libero e misterioso, ciò che non ha spiegazioni. Il teatro non è controllabile, luogo reale di oltrepasso e attraversamento di frontiere e recinzioni, limite fra le nostre paure e quelle degli altri. Come le sirene, il teatro è feroce e bellissimo, vive negli abissi, in un terreno favoloso e leggendario che in molti cercano di imprigionare. Il suo richiamo è inudibile ma può fare impazzire che lo sente.” Poi arriva lei, Barbara Regondi, ideatrice e anima del festival, ovviamente gentilissima nonostante gli impegni, a farci partecipi di alcune impressioni personali da me stimolate, alcune perle sintetiche ma esaustive quanto bastano per calarci nell’atmosfera necessaria .e dopo averla ringraziata in queste righe l’appuntamento è per metà ottobre attirati dal canto delle sirene.
Massimo Schiavoni: Il programma di quest’anno è un perfetto mix di “veterani” e nuove promesse. Che tipo di rapporto esiste fra queste compagnie? E’ cosi imprescindibile dal passato la nuova scena teatrale o continua alla grande la generazione performing art?
Barbara Regondi: Credo che questi siano anni in cui non ci si possa intestardire a rintracciare tendenze. Cercare di cogliere i tratti comuni può essere un inutile sforzo che distoglie l’attenzione da una costellazione di artisti priva di confini precisi. Ed è proprio questo arcipelago di isole solitarie abitato da personalità clandestine che noi vogliamo far venire a galla senza dare giudizi o pretendere di individuare tendenze. Se la funzione degli artisti è osservare il mondo, quella di stare nel presente diventa un’occasione complessa da sondare. E ognuno lo fa a modo suo: chi attraverso l’uso della parola convocando una drammaturgia puntuale capace di captare fratture e inciampi come quella di Tim Etchells per la compagnia belga Victoria, chi come i Rimini Protokoll che toccano la materia incandescente dello stato economico delle cose che ci circondano, per rendere consapevoli più che rassicurare. Questi atteggiamenti smuovono quesiti e sollevano domande nel pubblico. Oppure c’è chi cerca nel gesto poetico una possibile via di fuga come la Compagnia Tardito Rendina o semplicemente la possibilità di rispondere in assenza di parole, spostando l’eloquio e la carica comunicativa nel corpo, come accade nel percorso del duo Burrows Fargion.
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Massimo Schiavoni: Cosa vedremo quindi a Modena, Carpi e Vignola al di là della creatività e della fusione di più forme artistiche, sociali e sinestetiche?
Barbara Regondi Vie è l’occasione per le compagnie per esporsi in un luogo tutelato che ha un pubblico allenato allo sguardo, operatori attenti che si pongono in dialogo, critici in movimento. Questi elementi messi insieme creano una geografia favorevole alle compagnie che vedono in VIE un territorio dove mettersi in gioco attraversando anche zone di rischio sapendo di non essere fraintesi. Uno dei compiti di VIE è la coraggiosa e delicata funzione di mediazione fra chi elabora idee artistiche e complesse e chi vi si accosta per acquisire una visione più profonda e articolata della realtà. Le grandi compagnie affermate che replicano modalità consolidate e usano grammatiche a loro note, non ci interessano, anche a loro chiediamo di valicare i confini e spingersi a indagare senza meta o con obiettivi spostati e obliqui.
Per quanto riguarda i giovani siamo attirati da coloro che sanno percorrere una visione di teatro coraggiosa: ci fa piacere ospitare la crescita visionaria di Orthographe, accogliere il lavoro lieve e di confine della giovane coreografa portoghese Marcìa Lança, o dare spazio alla compagnia dei giovani del Teatro Stabile d’Abruzzo: e la loro chiara idea del loro fare teatro e dell’incontro con il pubblico, ci piacciono per onestà e limpidezza di intenti. VIE rappresenta anche l’occasione di incontro per gli aspiranti artisti con maestri nei campi dell’arte: i diversi laboratori oltre all’idea di fucina artistica che ci è cara, offrono un panorama variegato di proposte che vanno dal seminario tenuto da Giovanna Marini sul canto a quello di improvvisazione tenuto da Cèsar Brie, quello di “cunto” tenuto da Vincenzo Pirrotta e uno di visione e riflessione sulla creazione contemporanea tenuto da Burrows Fargion.