Quando tra qualche anno avremo la freddezza, e magari anche il tempo, di guardarci indietro con il giusto spirito critico e con strumenti di conoscenza sempre più maturi e condivisi, sono convinto che una delle tematiche più forti che emergeranno da questi caotici anni sarà quella del possibile rapporto tra tecnologia, natura e arte, in questo sistematico ordine. Struttura Organica 2007, festival di video arte e net art che si svolgerà dal 7 al 9 Settembre a San Vincenzo in provincia di Livorno, è forse la prima rassegna in Italia che incomincia a volgere lo sguardo verso questi temi, attraverso la formula conosciuta del festival, degli incontri, delle opere artistiche e delle performance dal vivo.

Non che l’analisi dei rapporti esisenti e possibili tra l’uomo,le sue creazioni tecnologiche, gli organismi viventi e le forme d’arte figurative e astratte siano temi propriamente nuovi, intendiamoci. Replicare i modelli dinamici e strutturali di Madre Natura, utilizzando le regole matematiche e computazionali per esprimerne la perfezione e l’organicità, nonchè fornire alle persone degli strumenti comuni di codifica e interpretazione del reale tecnologico che ci circonda attraverso una relazione e un rapporto decodificato con l’ideale organico, beh, sono chimere che l’arte ha posto davanti a sè da tempi anche piuttosto antichi. Da Leonardo da Vinci a Sol Le Witt, passando per le “forme uniche nella continuità dello spazio” dei Futuristi alle visioni architettoniche di Le Corbusier e nei pensieri filosofico-multidisciplinari di Ludwig Wittgenstein: “per il senso comune la matematica deve essere applicata alla natura – in fisica, a partire da Galileo, essa viene utilizzata in maniera sempre più estesa – ed è opinione generale che la geometria e l’aritmetica servano a descrivere il mondo”.

Certo ad oggi l’utilizzo e lo sviluppo di strumenti di calcolo complessi, la nascita di software sempre più dinamici e accessibili, la possibilità di uno scambio di conoscenza e di condivisione dei saperi sempre più ramificato nella Rete, nonché la precocissima nascita di mondi virtuali ancora tutti da progettare e da abitare, rendono l’atmosfera vitale e piena di possibilità. L’arte digitale generativa, la bio art e le più recenti forme di media architecture (quelle di Zaha Hadid, di Libeskind, Nox e di Novak, per intenderci), sono alcune degli esempi più brillanti di quanto detto.

.

Ecco, l’edizione 2007 di Struttura, analizza queste tematiche attraverso una serie di opere e di incontri sul sentiero delle interconnessioni possibili tra natura e scienza. Punti di contatti espressi attraverso, come poteva essere altrimenti, quelle forme d’arte che più di altre hanno insite nel loro Dna questo forte dualismo: le arti elettroniche. Appuntamento centrale della 3 giorni a San Vincenzo sarà sicuramente la presentazione del libro Art Biotech alla presenza dell’autore Jens Hauser, ma anche la tavola rotonda sull’arte generativa con i soliti noti Fabio Franchino e Alessandro Capozzo, le installazioni e i live di Otolab (con il nuovo lavoro Animula) e Alessandra Cianelli, così come infine la rassegna di video proposta da Invideo (da non perdere i video di Torsten Fleisch a tal proposito).

Ne abbiamo parlato con gli organizzatori attraverso un’intervista multipla che evidenzia come Struttura sia un un progetto in evoluzione, che può contare sul contributo di un gruppo di persone, ciascuna con competenze, esperienze e formazione diverse, sebbene tutte legate al mondo del multimedia e dell’arte. La direzione artistica, dunque, si avvale della ricchezza di questa pluralità e pertanto è curata da più soggetti.

.

Marco Mancuso: Il rapporto tra tecnologia, arte e natura è uno dei temi più attuali delle nuove forme di arte e comunicazione mediante i nuovi media. Struttura è un festival di video arte e net art che nel corso delle sue 3 edizioni si è focalizzato su diverse tematiche cercando una modalità di analisi di un tema attraverso l’esplorazione di differenti pratiche e discipline. Come pensate di coniugare i temi generali di analisi relativi alla arte in video e in rete all’interno di un contesto molto più ampio e sfaccettato (e soggetto ad anni a venire di analisi ) come il dialogo tra uomo-natura-computer?

Francesca Nadalini: La scelta dell’arte organica e delle forme d’arte che esplorano il rapporto tra tecnologia e natura come tema unico di Struttura 2007 è stata determinata sicuramente dall’attualità del tema. Ci siamo resi conto che forse in questo caso più che in altri, l’arte sta portando all’evidenza del pubblico i cambiamenti sociali e culturali determinati dalla sperimentazione scientifica e tecnologica in relazione all’uomo e alla natura. Come è sempre stato, i talk di Struttura approfondiranno gli aspetti del tema partendo dalla prospettiva d’indagine dei mezzi privilegiati alla loro interpretazione grazie alla partecipazione di esperti delle forme d’arte in oggetto del programma (videoarte, net.art e computer animation). Grazie a questo approccio, emergeranno le peculiarità del mezzo espressivo nell’interpretare le interconnessioni tra le sfere del naturale e dell’artificiale, con la consapevolezza di non poter essere autoreferenziali e limitarsi a mere discussioni tecniche, bensì facendosi interpreti del contenuto dell’opera d’arte.

Gianfranco Toninelli: Struttura in quanto progetto è un collettore di contributi, un gateway che promuove la partecipazione di curatori e artisti interessati a creare momenti di confronto e dialogo su temi che a volte rischiano di rimanere troppo esclusivi e di nicchia. Questa è la differenza del festival rispetto ad altri: l’approccio a 360° al tema. Il catalogo che uscirà al termine della manifestazione raccoglierà i contributi di tutti coloro che interverranno durante la tre giorni, ricomponendo così una visione d’insieme del tema, come già è avvenuto “Studi e visioni sul mare digitale”, catalogo dell’edizione 2006.

.

Marco Mancuso: Se in ambito video e di rete immagino siano stati ricercati lavori che indaghino la relazione e la compenetrazione tra tecnologia e natura, alcuni elementi del programma mi suscitano perplessità. Come per esempio la conferenza sull’arte procedurale, ad oggi riconosciuta sempre più spesso come un’ottima forma di graphic design e arte software, ma non certo quella forma di arte macchinica che era stata forse frettolosamente proposta nel corso di questi anni con l’uscita di codici e linguaggi modulari generativi. Il fatto che i processi generativi dettati da un computer possano replicare e ricordare i processi autonomi e autosufficienti della natura, non vi pare un parallelo piuttosto facile e comunque non corrispondente alla reale descrizione di processi complessi (la natura e l’universo sono regolati da processi organici e chimico-fisici non del tutto scoperti e compresi e certo non del tutto replicabili anche dalle forme più evolute di intelligenza artificiale) che ancora siamo ben lontani dal poter replicare con le macchine in una sorta di delirio tecnocrato di onnipotenza?

Thomas Alisi: Se lo scopo dell’arte procedurale fosse solo quello di replicare i processi della natura sarebbe probabilmente un po’ limitativo. L’indagine sui mezzi non deve essere vista solo al fine di creare un parallelo, ma di indagare dinamiche che sì, possono prendere spunto da processi generativi “organici”, ma dar vita da lì a nuove esperienze estetiche e di senso.

Da un punto di vista prettamente scientifico, risulta estremamente elegante ricorrere alle descrizioni quantistiche che regolano le dinamiche delle particelle elementari presenti in materia e come esse vengano descritte in termini puramente probabilistici, basti pensare al principio di indeterminazione di Heisenberg. In questa ottica, l’arte generativa può esprimere la condizione di un’artista che, grazie ad un “pennello”, interviene a livello atomico in processi che nulla hanno a che fare con l’intelligenza artificiale ma, piuttosto, cercano di raggiungere un livello di dettaglio e di espressione che semplicemente non esisteva fino alla scoperta delle proprietà elettroniche della materia. La sede del dibattito non è dunque quella del delirio tecnocrate, ma quella dell’evoluzione della coscienza verso frontiere un tempo sconosciute che adesso possono e devono essere prese in considerazione.

.

Marco Mancuso: Alcuni dei partner coinvolti in Struttura lavorano in ambito video e tecnologia, come Invideo e Virtuality per esempio. Vi siete confrontati direttamente con i programmi proposti da loro (a proposito, molto interessante la rassegna di Invideo e ottima la scelta fatta con Thorsten Fleisch) o avete lasciato carta bianca ai professionisti coinvolti?

Andreina Di Brino: Nel caso dell’archivio di Invideo ho avuto carta bianca e ho proposto una selezione a carattere internazionale mettendo insieme i lavori di giovani promesse, come la francese Delphine Hallis o il “videocoreografo” belga De Bemels, con quelli di nomi più noti nel panorama videoartistico internazionale come la statunitense Susanna Carlisle, autrice pluripremiata negli USA e in Europa e che ha all’attivo anche numerose collaborazioni con artisti come Woody Vasulka – tra i pionieri della videoarte – Bruce Hamilton o Joan La Barbara, e il tedesco Thortsten Fleisch, allievo di Kubelka e autore di film sperimentali presentati in molti festival e manifestazioni.

Luca Carlucci: La collaborazione con Virtuality Conference – un primo passo in vista di una futura partnership più integrata – è stata possibile grazie alla disponibilità di Maria Elena Gutierrez, direttore artistico di Virtuality e di Resfest Torino, che ha messo a disposizione di Struttura la selezione dei corti digitali partecipanti all’ultima edizione di Virtuality (selezione fin’ora presentata, fuori dalla sua sede originaria, soltanto a Milano). Si tratta di una selezione di assoluto valore – alcuni dei corti in oggetto sono già divenuti dei piccoli classici della computer animation contemporanea – e molto eterogenea: e il tema della dialettica corpo organico-corpo digitale, così fatalmente intrinseco alle animazioni in CGI, attraversa costantemente e trasversalmente i film che verranno presentati con diversi gradi di centralità. Insomma, la selezione Virtuality s’inserisce nel tema “arte organica” in maniera discontinua ed eterodossa, puramente fenomenologica, chiamando in causa forme visuali e narrative che spaziano dallo sperimentale, all’astratto, al tradizionale cartoon di stampo cinematografico etc. Con essa Struttura va cautamente a coprire una zona espressiva per lei nuova, in vista d’indagini e programmi futuri più modulati e “strutturati”, su cui già abbiamo cominciato a lavorare.

.

Marco Mancuso: Molto interessante sembra essere il panel “Le declinazioni del vivente” e la presentazione del libro “Art Biotech” di Jens Hauser: Ho avuto modo di leggere la versione inglese del libro e una delle teorie centrali è che la cosiddetta “bioart” è una pratica artistica che prende spunto e linfa vitale soprattutto da processi organici e naturali, da reazioni chimico-fisiche e procedimenti scientifici che poco hanno a che spartire con le discipline informatiche e digitali in genere. A prescindere che questa analisi è sicuramente interessante ma forse un poco miope di alcuni progetti artistici in cui l’uso di computer si integra e amplifica i procedimenti organici (basti pensare ai lavori di Evelina Dominitch e Dimitri Gelfand, quelli di Kurt Hentschlager, del Cae…), come si rapporta il concept di Struttura 2007 alle teorie apparentemente opposte esposte nel libro di Hauser?

Pier Luigi Cappucci: L’approccio dell’art biotech riguarda sostanzialmente la dimensione organica, e insiste su questo elemento come nuova possibile dimensione di sperimentazione artistica. Il libro a cura di Jens Hauser, “Art biotech”, pubblicato da Clueb-Mediaversi, integra i contenuti del catalogo in lingua francese di quella che può essere considerata come la prima mondiale dell’arte biotecnologica (la mostra L’art biotech’ tenutasi a Nantes nel 2002) con vari altri saggi inediti. Altri approcci sul tema del “vivente”, apparentemente analoghi, si rifanno in realtà alle tematiche della vita artificiale e dell’intelligenza artificiale, che anche l’arte ha affrontato a partire dalla fine degli anni ’80. Chi opera – come teorico o artista – nell’art biotech ha ben presente queste esperienze e decide consapevolmente di seguire altre strade. Non si tratta quindi di miopia ma di una focalizzazione e di una precisa scelta di campo. Ciò non toglie che siano auspicabili e molto interessanti anche approcci e sperimentazioni capaci di integrare la componente informatica/digitale, ma al di fuori dell’enfasi corrente che la vede come preminente.

.

Marco Mancuso: Quali i temi per le prossime edizioni, quali i sintomi più interessanti che riscontrate nell’ambito della arte in video e in rete? Non pensate che, giunti a una possibile quarta edizione, dobbiate ampliare il punto di vista concettuale del festival Struttura dandogli forse una visione più ampia e interdisciplinare per un quadro più strutturato delle evoluzioni in atto in ambito artistico, sociale, tecnologico e comunicativo?

Agnese Benassi: L’edizione di Struttura 2007 si configura come un “rito di passaggio”. La scelta del tema “Organica” è stata per noi una sfida ad allargare i confini, a gettare dei ponti tra le pratiche indagate nelle prime edizioni e altre esperienze artistiche che fossero anche interdisciplinari. Guardando al programma, anche il MultiMediasuq della domenica va in questa direzione, presentando progetti molto eterogenei che rendono conto della vivacità e dell’attivismo del panorama multimediale italiano.

Struttura è a un punto di svolta, il nostro obiettivo è far crescere il progetto cercando di indagare ciò che avviene nel “qui e ora” delle arti digitali, e per far questo dobbiamo essere i primi a non rimanere fermi. Questo è uno dei traguardi che ci siamo posti.


www.struttura.li.it