Si è svolta lo scorso diciassette dicembre l’Edizione 06 del contest italiano di musica e arti elettroniche sperimentali Ixem, al Rialto Santambrogio di Roma, in un clima intimo e cordiale quanto basta per stemperare una certa tensione competitiva comunque presente, a testimoniare l’importanza con cui il festival/concorso di Antitesi viene recepito a livello nazionale.

Dieci i progetti presentati durante la lunga serata che inizia intorno alle sei e si conclude a tarda notte con la proclamazione del progetto vincitore, Incastro di Mondi. Tra i pochissimi non-audio-video partecipanti, insieme a Invisible Fields in cui Gianluca Beccuzzi aka Esa processa al computer sassi e pietre, Incastro di Mondi è una breve performance in cui i tre strumentisti Mario Garuti , Grazia Mari e Luca Bossi , (rispettivamente al violino, clarinetto basso, flauto traverso) improvvisano controllati via gamepad da Tommaso Perego.

Una sessione elettroacustica ad alto livello performativo e dal piacevole impatto visivo: i quattro musicisti sono disposti l’uno di fronte all’altro in modo da formare, con una croce di sguardi e intenzioni d’insieme, il tracciato delle direzioni e delle scelte esecutive e performative, che a partire dall’interazione con il software, il quinto elemento dell’ensamble, entrano in un gioco di stimoli e risposte piuttosto ordinato con lunghe pause e momenti convulsivi vagamente ritmici. Più organico invece il live di Federico Placidi e Matteo Milani, per contrabasso e laptop nel progetto U.S.O. Incastro di Mondi vince la possibilità di realizzare un CD prodotto da Antitesi.

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Dopo la pausa dedicata alla cena la lunga notte di Live! Ixem si stringe intorno agli olandesi Thomas Ankersmit e Edwin Van Der Heide , membri della giuria insieme a Domenico Sciajno e ospiti che, per l’occasione, si esibiscono in due performance magistrali. Se il pubblico italiano – si dice – soffre da sempre di esterofilia, nella musica come nella politica, nel cinema, in tv e perfino su internet, è in casi come questo che la cosa andrebbe forse letta come un sintomo piuttosto che come dichiarata patologia.

I due olandesi danno una lezione di stile non tanto sul piano tecnico-artistico quanto per la cura dei particolari, la presenza scenica e la capacità di trasformare il contesto in un reale spazio performativo. D’altra parte è vero che lassù, nel nord Europa, la musica elettronica la si fa sul serio, è roba un po’ di tutti e viene fruita, venduta, utilizzata. Quindi ha senso. Non frustra la possibilità di divertirsi o fare un’esperienza piacevole senza entrare per questo in sterili dicotomie tra leggerezza e gravità, serietà e apertura. Ma forse questa è un’altra questione, più complessa e in fondo sociale.

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Foto di Arianna D’Angelica per Mixed Media Festival – 2006

Affascinante dunque la cura di Ankersmit per la parte scenica della sua performace elettroacustica, che parte da una silenziosa esplorazione del sintetizzatore e poco a poco cresce trasformandosi in un muro di suono metallico prodotto dal sax processato al computer. Ankersmit, elegante e composto, segue la sua improvvisazione con piccoli movimenti del corpo molto enfatici ma al contempo controllati e sicuri.

Van Der Heide (di cui DigiMag aveva parlato nel numero DigiMag 06 – Luglio/Agosto 05), lavora invece immobile, solo con il suo laptop nella ormai conosciutissima performance LSP vista anche al Dissonanze di Roma e Mixed Media di Milano negli ultimi anni, immergendo gli spazi del Rialto in un’esperienza percettiva sincretica molto fisica a base di fasci laser luminosi inondati di fumo, che visualizzano in forme geometriche bi e tridimensionali i suoni generati e controllati via software attraverso lo spazio e sulle pareti.

Interessante il progetto Echran, presentato anch’esso per la prima volta a livello internazionale al festival Mixed Media di Milano lo scorso giugno 2006, e di cui sempre DigiMag ha parlato nel DigiMag 13 – Maggio 06 , per l’equilibrio tra elementi concreti ed intrusioni geneartive e quello di Pietro Riparbelli, costruito in crescendo su un un’unica traccia a partire dall’elaborazione di un fascio di frequenze analogico cangiante e illusionistico.


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