I prodigi del progresso tecnologico generano da sempre utopie e incubi. Visioni speranzose di un futuro migliore, ma anche predizioni cupe e catastrofiche. Il rischio insito nell’uso sconsiderato delle scoperte scientifiche e dei loro prodotti è un tema che, sin dai tempi della prima Rivoluzione Industriale, quando il panorama delle città e dei sobborghi cominciava a mostrare i segni di una decisa invasione “artificiale”, anima i dibattiti sociologici non meno delle visioni di artisti, scrittori e registi.
Da Frankenstein a Blade Runner -dove l’innesto pericoloso era tra uomo e metallo, tra natura e robotica- fino ai nuovi scenari aperti dalle bio e dalle nano-tecnologie, il tema della ribellione, e della conseguente perdita di controllo da parte dell’uomo, di una delle due parti in gioco (sia la natura stessa o la tecnologia maturata a sufficienza da diventare una seconda natura ) è ormai un topos.
Si ricollega a questa gloriosa e frequentatissima tradizione il recente corto Metalosis Maligna , firmato dal giovane film-maker olandese Floris Kaayk (1982), fondatore insieme al coetaneo e collega Sil van der Woerd (1982) della Microbia Films , una piccola casa di produzione che riunisce sia i lavori firmati singolarmente che quelli realizzati in coppia.
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Metalosis Maligna (2006) può essere definita una docu-fiction . Il cortometraggio, infatti, ricalca, stilisticamente e iconograficamente, la forma del documentario televisivo, raccontando la storia di una misteriosa, spettacolare e inquietante malattia. Totalmente immaginaria, ma incredibilmente verosimile. L’infezione del batterio streptococcus metalomaligna attacca le persone che hanno subito impianti di protesi metalliche. E se finora il rigetto da parte dell’organismo ospitante era l’unico rischio, il film immagina un futuro in cui la protesi si mostra viva e pericolosa, invadente e pronta a crescere, ramificandosi dentro e fuori dai tessuti organici. Arrivando in alcuni casi a sostituirsi completamente alla carne, in un groviglio arborescente di escrescenze metalliche.
La fiction è efficace e ben costruita, gli stilemi del documentario ricalcati alla perfezione, l’unione di riprese tradizionali e grafica computerizzata non mostra scarti. Lo scenario descritto, naturalmente privo di qualsiasi fondamento scientifico, riesce ad essere inquietante proprio perché ricostruito con rigore e controllo del linguaggio utilizzato.
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Non è la prima volta, tra l’altro, che i due registi di Microbia si confrontano con la tematica dell’incontro-scontro tra naturale e artificiale. Mentre van der Woerd in Swim (2005) affrontava il tema della fecondazione con uno stile asciutto ed evocativo (non senza derive fantascientifiche), Kaayk, con The Order Electrus (2005) aveva già dimostrato il suo interesse per i meccanismi di adattamento dell’ambiente naturale all’invasione tecnologica. In questo cortometraggio i protagonisti della distopia di turno sono gli insetti. Una nuova specie di bestioline “elettriche” nate spontaneamente all’interno di strutture industriali abbandonate e ormai in grado di riprodursi, difendersi e attaccare.
Anche qui, le riprese, il montaggio e la voce recitante sono quelli di un comune documentario divulgativo, magari trasmesso da Discovery Channel. La minaccia, come in Metalosis Maligna , viene dal potere straordinario dei meccanismi evolutivi. Capaci di combattere e vincere qualsiasi intervento umano, per quanto invadente possa sembrare. È un’voluzione che non è solo autodifesa, ma prende a tratti le sembianze della vendetta…