In occasione del novantesimo anniversario della nascita del Cabaret Voltarie, Sonoscop/Orquestra del Caos, il 3 e 4 novembre 2006 presso l’auditorio del CCCB di Barcellona, ha presentato Mil i una Veus (Le mille e una voce).
Si è trattato di una breve rassegna di grande intensità, che aveva come tema le scritture sonore contemporanee, dalla poesia fonetica alla poesia sonora, senza trascurare le varie tappe storiche, le influenze e le contaminazioni, gli sviluppi e i percorsi personali che diversi artisti internazionali hanno proposto e stanno proponendo. Si è cominciato con l’elegante concerto/performance Objectos Perdidos (Lost & Found), che ha portato sulla scena José Iges con Pilar Subirà e Pedro López. L’opera propone un ascolto comparabile al paesaggio astratto e dissolto che si guarda attraverso il finestrino viaggiando il treno: cambia la percezione del tempo, il suono si interpreta in modo sensuale, se ne moltiplica il significato.
Così rivelavano le mani che il burattinaio José Iges di tanto in tanto lasciava intravedere, spiegando come se volesse dar luogo a una conferenza, ma facendo ben presto delle sue frasi puri pretesti verbali, materia da distorcere, modificare, moltiplicare, sovrapporre, scomporre, trasfigurare, ricombinare con espedienti vocali, musicali ed elettronici.
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Ottima dimostrazione di come parole comuni e apparentemente non poetiche possono diventare poesia, spettacolo, espressività; di come il linguaggio può allontanarsi da se stesso e farsi comunicazione con la sola musicalità della voce, con la pura espressione del corpo. E all’ironia di Iges, che tra il resto si prendeva gioco della sua ambigua e indefinita identità, oscillando tra l’essere musicista e l’essere poeta, facevano da equilibrato contrappunto le percussioni e gli oggetti di Pilar Subirà, capaci di creare atmosfere sonore di forte suggestione, e le elaborazioni elettroniche di Pedro López, che permettevano alle tracce poetiche di ritorcersi contro se stesse.
Il sabato hanno avuto luogo due interessanti conferenze, tenute da Eduard Escoffet (http://propost.org/escoffet/), esperto, poeta e organizzatore, e di Bartolomé Ferrando (http://www.bferrando. net), uno dei più importanti performer e poeti visuali spagnoli. Eduard Escoffet ha chiarito i punti che distinguono la poesia fonetica, rivoluzionaria proposta dadaista che mirava alla rottura e alla perdita del valore semantico della sillaba, e la poesia sonora, che comincia nel dopoguerra grazie all’avvento del magnetofono, recupera il significato, non fa uso di partiture (per quanto si stiano proponendo modalità di trascrizione), non può essere letta ma solo udita o meglio ancora vista.
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L’ossessione principale della poesia sonora è la molteplicità della voce, il tentativo di raggiungere un livello di complessità/simultaneità possibile solo grazie alla registrazione e alla riproduzione meccanica. Permette inoltre di recuperare l’idea (precedente al sec. XVI) che la poesia non è legata al medium cartaceo, ma per lo più all’ascolto e si presta molto bene alle avanguardie grazie alla sua natura assolutamente aperta e flessibile. La poesia fonetica permette di superare le barriere linguistiche, dimostrando che è l’espressione della voce a contenere gran parte del messaggio.
Escoffel ha curato anche una delle selezioni dell’archivio pubblico sonore dell’Orquestra del Caos che si potevano consultare nel mirador del CCCB durante la manifestazione. La postazione da lui curata proponeva quattro itinerari di 6 autori ciascuno, che andavano dallo spazio barocco all’influenza delle musiche popolari, dal superamento delle frontiere linguistiche all’ultraecologismo. In quest’ultima sezione, non poteva mancare tra i rappresentanti Henri Chopin, musicista e poeta radicalista, assolutamente contrario all’uso della carta, che esplora il corpo e lo processa in modo da farne una fonte sonora inaspettata.
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Altre postazioni permettevano di consultare e ascoltare molti altri interessanti materiali del database dell’Orquestra del Caos e in una comoda sala all’ultimo piano era possibile adagiarsi ad ascoltare Octofonia para voz (Simon Frazer Univerisity), con brani di Barry Truax, Ben Wilson, Hildegard Westercamp.
La conferenza di Bartolomé Ferrando ha regalato fortunatamente moltissimi momenti performativi, che hanno accompagnato il suo inno alla frammentarietà. Un pezzo sa essere espressivo come la totalità? Il frammentario non è più reale del corpo illusorio della continuità in cui abita, che non è altro che un collage di particelle in movimento? La realtà non è più intensa e viva di quel complesso articolato e costruito che crediamo più vicina alla nostra esperienza? La discontinuità e la ripetizione non sono tipici dei nostri gesti e dei nostri pensieri? Queste le domande e le basi teoriche che lo hanno spinto ad addentrarsi nel mondo della ricerca e della sperimentazione vocale, di cui è oggi illustre rappresentante.
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E, per concludere, gran finale con l’esplosivo e inossidabile David Moss (http://www.davidmossmusic.com), che ha fatto immediatamente innamorare il pubblico con il suo carisma e il suo umorismo. Sulla trama di una storia semplice che raccontava in maniera esilarante, intesseva sfondi sonori, stratificava interventi vocali (la cui complessità non era sempre merito dei supporti elettronici, ma a volte solo e semplicemente dei due “piccoli muscoli” che ha in gola e di cui si divertiva a manifestare le incredibili possibilità), costruiva oggetti che suonava o di cui simulava i rumori, interagiva con chi in platea rideva, tossiva o scattava foto. C’è poco da dire di un personaggio tanto noto e di cui non si possono ridurre a parole la presenza sul palco e il talento artistico e Barcellona non ha mancato di manifestargli il suo apprezzamento con applausi interminabili che lo hanno costretto a un bis.
Mil i una Veus è stato un evento forse un po’ di nicchia, per via del tema trattato e per il fatto che la promozione e le conferenze (e il catalogo) in catalano, nonostante l’entrata gratuita, non hanno attirato pubblico che non avesse confidenza con questa lingua; ma l’organizzazione ha saputo curare ogni dettaglio e creare un ambiente accogliente e amichevole proponendo un argomento complesso in termini accessibili e performance gradevolissime.