Dal 15 al 17 giugno il primo piano del CCCB di Barcellona ha ospitato Sonarmatica, sezione di cultura digitale e progetti di utilizzo critico e creativo dei nuovi media del Sonar festival, che quest’anno si è sottotitolata Always On. Ovvero: la cultura della comunicazione mobile e i progetti basati sulla nozione di località, con alcune delle applicazioni interattive più accessibili e performative della scena digitale, pensate per un palcoscenico fatto di strade e spazi pubblici e che si esprimono soprattutto attraverso la partecipazione e il coinvolgimento del pubblico.

Non stupisce quindi che in questo contesto rientri una figura originale come quella di Jens Brand. Di lui non si sa molto: compositore, musicista, artista audiovisivo e ‘agitatore culturale’ di nazionalità tedesca. La maggior parte delle sue installazioni sono anche sonore e la maggior parte delle sue composizioni considerano l’immagine importante quanto i suoni. I suoi concerti, performance e installazioni sono tutti concepiti in base al luogo (site-specific), e spesso si basano su giochi logici ma assurdi tra il pubblico e l’artista. Con i suoi originali esperimenti, Brand negli ultimi anni si è esibito in tutta Europa, e poi a Cuba, in Botswana, Giappone e negli U.S.A.

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A Barcellona, Brand ha presentato Il Global Player, opera concepita nel 2004. Apparentemente un normale riproduttore di CD/mp3 salvo per il fatto che invece dei tradizionali supporti “suona”, è proprio il caso di dirlo, il nostro globo terrestre. Il G-Player o gPod in sostanza conosce la posizione di più di mille satelliti e permette, tramite l’uso di un modello 3D del pianeta, di ascoltare in real-time una traccia immaginaria di un dato oggetto volante.

E’ possibile quindi selezionare un satellite sul menu e il dispositivo analizzerà in tempo reale il profilo topografico della regione che il satellite sta sorvolando con la possibilità di determinare le posizioni di circa 1.000 satelliti ufficiali. La simulazione dei percorsi orbitali e la rilevazione della distanza tra il satellite e i vari punti della regione sorvolata produce insospettabilmente suoni pressochè infiniti: dal silenzio degli oceani alle alte frequenze delle pianure fino ai bassi delle aree montagnose. Un autentico concerto di satelliti.

Il dipositivo non fa che mostrare il nome, il tipo, l’altezza e la posizione del satellite selezionato sopra la terra (latitudine e longitudine) e trasportare un’ampia varietà di dati e di posizioni talvolta parzialmente contradittori. Il gPod diventa così un dispositivo dispari o generatore di un’esperienza audio interessante, ma può essere anche interpretato come metafora sociopolitica. Abbiamo allora provato a fare qualche domanda a Jens Brand sul suo lavoro, ma non solo.

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Miriam Petruzzelli: Penso che il tuo gPod sia un lavoro estremamente poetico; quale relazione pensi che esista tra poesia e tecnologia nel tuo lavoro? Quanto influisce la tecnologia nel processo creativo?

Jens Brand: Questo è’ un tema complesso perchè non sono sicuro di sapere che cosa significa “poetico” o che cos’è la poesia (e cosa non lo è). Per me il G-player non è un pezzo di tecnologia, ma una combinazione di segni, parole, gesti. Anche la tecnologia del G-player si basa sul linguaggio. E’ un linguaggio di programmazione, ma come uno spartito musicale anche il suo linguaggio può essere metaforico e ricco quanto il linguaggio utilizzato nella poesia o nella pittura. La tecnologia stessa non è preconfezionata, ma è sviluppata da Sukandar Kartadinata (il programmatore) e da me. Poteva avere l’aspetto di un vaso di argilla o di una tavolo pieno di cavi perchè ciò che mi interessa è il significato della tecnologia, non la sua funzione. In questo senso la tecnologia non influenza il processo creativo, ma, in maniera più astratta, può contenere la creatività: il suo significato o la sua espressione (non la sua funzionalità) possono risultare influenti. Infatti penso che uno dei maggiori problemi nell’area delle nuove tecnologie nella media art sia quello che si passa molto tempo a concentrasi sulla tecnologia o sull’aspetto inventivo dell’opera piuttosto che sull’espressione o l’intenzione.

Miriam Petruzzelli: Qualcuno ha interpretato il gPod in chiave sociopolitica. Lo trovi eccessivo o ti riconosci in questa lettura? Perché?

Jens Brand: Il player e il pod sono costruiti in modo da offrire una moltitudine di significati e interpretazioni, alcune delle quali si contraddicono. Ovviamente il fatto che io utilizzi un oggetto di vita quotidiana come l’Ipod per farne un Gpod ha un senso e può essere considerato come una dichiarazione sociale. L’uso di un gadged fetish può intensificare la comunicazione; è spiritoso, ma nello stesso tempo abusivo. Abusivo come lo è un Ipod che genera, rappresenta e sfrutta una cultura dell’I. Lavoro con queste idee perché un aspetto della percezione del contemporaneo ha a che fare con la moda e rappresenta uno degli sviluppi di quello stesso tempo di cui anch’io faccio parte.

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Miriam Petruzzelli: Vista la tua poliedricità, pensi di poter individuare uno o più elementi comuni alla tua ricerca artistica?

Jens Brand: Penso che una delle forze propulsive del mio lavoro sia il mio interesse per la comunicazione. Imparo molto dalla comunicazione, così come imparo da attività più passive come il leggere, il guardare, l’ascoltare. L’aspetto più interessante della comunicazione è che crea dei passaggi. Ma una volta che conosci il sentiero tendi a prenderlo sempre. Siccome a me interessa di più quello che non so e quello che non capisco, cerco dei nuovi metodi e approcci. Un’altro elemento base è il mio interesse per ciascun individuo e il fatto di voler sapere come mai le cose accadono e come mai non accadono. Non mi interessa cambiare o creare, ma piuttosto descrivere e discutere le percezioni. Mi piace veramente mostrare le cose così come non sono, o almeno condividere la mia esperienza: più studio un oggetto o un soggetto con attenzione, più io e lui ci confondiamo e ci opponiamo.

Miriam Petruzzelli: Credi che l’arte deve proporre nuovi modelli di relazione? E se sì, come?

Jens Brand: In generale non credo che l’arte debba servire a qualcosa o essere utile. Il fatto che io creda in alcune cose non mi porta a credere che esse siano vere per l’arte in quanto tale. E’ soltanto il mio modo di fare le cose. Ogni buon lavoro che si può definire artistico è un’eccezione. Questa è l’unica regola che conosco.

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Miriam Petruzzelli: Puoi parlarci dei tuoi progetti per il futuro?

Jens Brand: Al momento ciò che mi preme di più e di finire il progetto Gplayer con lo sviluppo di una sua propria piattaforma internet. Sarà una replica del fantomatico negozio virtuale I-tunes, ma ovviamente con intenzioni del tutto differenti e l’obbiettivo di essere commercialmente assolutamente inutile.


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