Dal 12 al 15 luglio a Zurigo si susseguiranno una serie di appuntamenti che gli appassionati d’arte digitale e i ricercatori del complesso rapporto che lega l’arte alla tecnologia non potranno perdersi. La Digital Art Week e’ organizzata dal Computer System Institut di Zurigo ed e’ un evento parallelo al canadese Interactive futures (Steve Gibson, Julie Andreyev e Randy Adams) che si svolge a gennaio durante il Victoria Independent Film and Video festival.
Il Simposio che è stato organizzato si intitola [con.[text]], per sottolineare l’importanza del contesto dell’opera e riportare l’attenzione sul ruolo dello spettatore che diventa sempre piu’ parte dell’opera stessa, soprattutto grazie alle potenzialità dei nuovi media. Utilizzando le tecnologie, l’opera risulta piu’ incantevole; maggiore e’ la comprensibilita’ del messaggio e minore la visibilita’ della presenza tecnologica.
Gli organizzatori del Digital Art week hanno selezionato presentazioni, dimostrazioni e performances su alcuni temi specifici delle opere che utilizzano media elettronici e cercano di ridurre il distacco che si viene a creare tra performer e visitatore dalla comunicazione mediata dal computer, con una attenzione particolare al concetto di immersione dello spettatore. Ne è un esempio la ricerca di Benoit Maubrey e le sue performance con abiti elettroacustici.
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Molto attesi sono interventi di Art Clay, artista e organizzatore del symposio, e Steve Gibson che aprira’ il dibattito, parlando della situazione del digital media art in Canada e ponendo l’accendo sul diffuso fenomeno del mapping: durante una serata si esibira’ anche nella performance Virtual DJ.
Grande attenzione è poi rivolta a Jan Borchers del Media Computing Group alla RWTH Aachen University che esplora l’interazione uomo-macchina, a Johnny De Philo filosofo e artista; Jason Freeman del Georgia Institute of Technology in un intervento dal titolo Glimmer: creating new connections, Atau Tanaka della Sony di Parigi che introdurra’ il discorso sul musiking network e infine Paul Woodrow dell’universita’ di Calgary e Alan Dunning dell’Alberta college of Art che propongono una conferenza su Body Degree Zero the anatomy of an interactive performance.
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Il simposio al suo interno contiene la sezione Driftings che propone lavori generati da un computer attraverso processi concettualmente diversi. Nell’opera Emergent city, lo svizzero Pascal Muller con un approccio generativo, ricrea un network di autostrade e vie sottolineando la crescita incontrollata delle metropoli, Stefan Heinrich Ebner propone Sterobilder dove le gradazioni del colore creano una atmosfera ipnotica e di calma, e ancora Sakkara un software creato da Peter Schweri e Jurg Gutknecht, progettato per generare immagini di arte concreta. Il processo alla base del software trasforma forme geometriche rilevanti in elementi grafici di codice formando nuove relazioni dinamiche tra la forma e il colore stesso.
Oltre a Driftings e’ presente anche la sezione Poster dove vengono presentati alcuni progetti di arte interattiva come tra gli altri Tai Chi sensor che attraverso dei sensori corporei e un computer studia i movimenti benefici del tai chi, oppure Px1m0d di Martin Frohlich, un interfaccia facilmente programmabile che comunica con un protocollo MIDI. e ancora Improve, un progetto per cellulari dei finlandesi Hasan & Widerberg del mediaLAB dell’Universita’ di Helsinki.
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Un’intera sezione e’ dedicata poi ai “paesaggi sonori” Soundscapes, a sua volta divisa in tre categorie:
real worlds suoni registrati dal mondo reale, come ad esempio Creatures of the ice, progetto caratterizzato da suoni ottenuti inserendo un microfono nelle lastre di ghiaccio al Polo Nord per cogliere ogni suono dello spostamento e della rottura del ghiaccio. CI sono poi artisti come Peter Kutin, che ha registrato i suoni della citta’ di Vienna o anche il giapponese Hiroki Nishino che trasferitosi a Seattle da Tokio per motivi di studi ha registrato i suoni della sua nuova citta’ sotto forma di lettera privata. Da non dimenticare infine chi come Leif Brush, professore d’arte all’Universita’ del Minnesota, colleziona suoni dal 1972 e utilizza il Kosmphone di Jerry Chamkis che traduce i raggi cosmici in “ambient music”.
virtual worlds suoni sintetici creati artificialmente, come quelli dell’americana Georgina Lewis che compie uno studio sulla dissoluzione del linguaggio. Portando a tacere la voce di un lettore delle previsioni del tempo, Maximilian Marcoll trasforma invece le pulsazioni del corpo umano in musica, Billy Gomberg in Pink ricompone materiali isolati di “pop music” per creare strutture allargate.
La terza categoria, other worlds, comprende invece suoni che appartengono sia al mondo naturale che all’elettronica o all’arte del remix. Steve Bradley in oblique scatter ricrea una struttura ritmica con dei suoni registrati in momenti particolari in zone intorno al Maryland, mentre Erik La Casa indaga sulla percezione della realta’ e sulla consistenza della musica contemporanea. E ancora: Neil Rolnick di New York si inserisce dei microfoni negli occhiali e osserva i suoi vicini in Washington Heights registrandone i particolari sonori, lo spagnolo Andres Lewin-Richter nel lavoro creato per En red O festival a Barcellona nel 1999, registra suoni di fatti quotidiani e cerimonie in Nepal e Rajastan accompagnati da una voce narrante di una giovane guida, la belga Maria Blondeel presenta E(stutt)11.8.99 del 1999, una registrazione di una installazione luminosa e sonora interattiva e il suo sviluppo durante l’eclissi solare totale. Sabine Schafer e Joachim Krebs in TopoSonic spheres presentano infine il loro microscopio sullo sviluppo del procceso del suono (EndoSonoScopy).
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Il 12 luglio un percorso guidato, Digital Parcours, porta alla scoperta di diverse installazioni in diverse aree della citta’: la visita dura circa due ore e tra le opere si potrà godere della ben nota installazione di Amy Alexander SVEN ( Surveillance Video Entertainment Network), un sistema composto da una videocamera, un video, microfoni e un software che individua elementi e caratteristiche particolari nei passanti trasformandole in informazioni sonore e visive. L’idea e’ quella di esaminare il fenomeno della videosorveglianza non dal punto di vista di chi viene osservato, ma analizzando il processo di fruizione delle immagini da parte dell’osservatore. Gba Core Dump del canadese Leonard J. Paul è invece un Game Boy Advance con un flash ROM che esplora gli spazi pubblici e privati, mentre Rosebud di Pablo Ventura, un video di 4 minuti che riprende il nome da una scena del film Citizen Kane di Orson Welles, indaga sulle possibilita’ della tecnologia 3d nella danza.
Proseguendo il percorso si incontrera’ infine una installazione sonora di Estuko Maesaki, ma anche l’opera China Gates di Art Clay creata mediante l’utilizzo del sistema GPS e dei gong, e ancora Will Pappenheimer col suo progetto Motion Still Life 1, che riadatta la tradizione artistica pittorica nello spazio virtuale di internet attraverso una live web camera, mentre gli svizzeri Heinrich Luber & Corebounce, che spesso lavorano sul suono, le forme e sul corpo attraverso delle installazioni “live”, presenteranno alla fine del percorso il loro lavoro Almost Lost.
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Tutto questo avverrà durante il giorno: nelle serate dal 12 al 15 luglio e’ possibile poi assistere a un altrettanto fitto calendario di performance, tra cui Video Game Audio Live di Leonard J. Paul, 13 volts and a carrot della svedese Eve Sjuve, Video Peacock di Benoit Maubrey, Improve di Hansan e Winderberg e Grenze di Patrick Fontana che riprone attraverso animazioni in 2d e 3d una rilettura delle parole chiave del Capitale di Marx.
http://www.jg.inf.ethz.ch/wiki/DAW
http://cfisrv.finearts.uvic.ca/interactivefuture