L’autore dell’opera di net art di cui parleremo in questo articolo ha costruito e va costruendo intorno a sé un alone di mistero, sia grazie alla popolarità di cui sta godendo nell’ambiente della net art negli ultimi tempi ma soprattutto perchè non compare in pubblico e non dice nulla della propria origine (anche se il dominio del suo sito web pare sia registrato in Francia). Di certo sappiamo solo il suo nome (o dovremmo forse dire “nickname”) d’arte: Jimpunk.

Volevamo intervistarlo, ma non trova interessante parlare di se stesso. Preferisce che gli altri dicano cosa pensano dei suoi lavori. E Pulp.href è l’ultimo di una lunga serie, nella quale trova posto anche una collaborazione per 56KTV Bastard Channel, progetto di cui ci siamo occupati nel mese di dicembre 2005. Vincitore del One second video festival, Jimpunk fa videoart con frammenti di “seconda mano”. Una vera tv spazzatura, che appartiene anch’essa a quella filosofia che attinge dall’enorme database che è la rete, per poi creare altre opere, in un’infinito riassemblamento e riutilizzo di file dove la parola d’ordine rimane “no copyright”. Almeno finché la creazione non è firmata Jimpunk.

Il sito dell’artista è anti-comunicativo per definizione. L’ambiente in cui ci immerge sembra un rigurgito degli anni ’80, in tre parole: only for nerds. Non si sa dove cliccare, ci sono delle lettere senza senso (apparente, almeno) che appartengono a una tastiera di un pc stilizzato. Se passiamo sopra col cursore finalmente otteniamo un frammento informativo, espresso nella lingua naturale.

.

Ritroviamo la stessa sensazione di disorientamento nella pagine del progetto Pulp.href, che lo stesso autore definisce «uno strumento elettronico, o qualcosa del genere». Una volta caricata la pagina (avrete bisogno di quicktime per vederla correttamente), lo schermo si suddivide in due aree: in quella superiore per ora abbiamo uno sfondo innocuo, in quella inferiore le prime sei lettere dell’alfabeto, disposte su due righe e ripetute in blocco per tutta la larghezza della pagina. La disposizione delle lettere in ogni blocco prefigura la divisione che si andrà a produrre sul nostro schermo, una volta attivati i link. E cioè sei rettangoli disposti su due file, che poi andranno a ripetersi e diventeranno nove.

A ogni blocco corrisponde un video, lo stesso per ogni lettera appartenente al blocco. Cliccando sulla (a) si attiverà il rettangolo in alto a sinistra, sulla (b) in alto al centro e così via. Dopo qualche secondo si ripeterà la prima fila di video, coprendo quasi totalmente l’area inferiore dello schermo, dove ci sono i link, e inibendo così qualsiasi azione del navigatore. L’unica libertà che Jimpunk ci lascia è quella di chiudere la finestra del browser per porre fine allo scompenso audiovisivo che ci ha generato.

.

I video utilizzati durano due, tre secondi e si ripetono all’infinito. Le immagini sono state manipolate con filtri, per offuscarle e dare l’effetto neve dei vecchi televisori. I soggetti, che si intravedono soltanto, sono i più disparati. Senza alcuna relazione tra loro, si passa dalle riprese di una battaglia canina a uno spot che ritrae una pattuglia notturna della polizia. I suoni si sovrappongono, entrando anch’essi in loop dopo pochi secondi.

Quest’opera sembra seguire quella tendenza dei new media che utilizza uno stesso schermo per programmi diversi tra loro. L’idea di poter lavorare con tante finestre aperte e autonome, nata con il computer, si sta estendendo anche alla televisione per offrire la possibilità di guardare un programma a tutto schermo, ma allo stesso tempo seguire di tanto in tanto le immagini (magari di una partita…) in un piccolo rettangolo in basso a destra. E considerata la popolarità che questa soluzione sta avendo, Pulp.href non è niente di così originale: tutto sommato un qualcosa di “già visto”.


http://www.jimpunk.com/

http://www.jimpunk.com/www.pulp.href/#