C’è un duo che è balzato all’attenzione delle cronache musicali underground italiane, una coppia che ha saputo amalgamare con cura sia la produzione musicale che l’aspetto live, la sintesi audio e la rappresentazione video.

Echran coniugano l’approccio estremo di un suono che non si compromette, scevro da una melodia precisa, con atmosfere che recuperano sonorità più dark, ambiente dal quale entrambi provengono, superando i ristretti confini in cui questo genere si è incanalato e approdando a territori più moderni, frequentando estetiche glitch e ripartendo da frammenti campione trasfigurati e lasciati poi fluire.

Fabio Volpi e Davide del Col, composti tecnicamente da laptop con Ableton Live e controller Tascam da un lato, Korg MS2000 ed effetti dall’altro, si accompagnano in un viaggio composto da droni che crescono gradualmente di intensità in ogni brano, con accostamenti di colore e strutture ritmiche abilmente accoppiate con il timbro dei loro suoni.

Fatto tesoro di esperienze comuni nel mettere alla prova le moderne tecnologie per esprimere le loro sensibilità individuali, nel progetto Echran le sommano con sinergia perfetta. Davide dietro le quinte del progetto Ornament rovescia suoni ambientali, preferendo temperature che dall’ambient retrocedono fino ad uno zero Kelvin. Opere di un visionario in una macelleria postindustriale, disponibili in rete senza alcun compenso che non sia la propria disposizione d’animo ad accettarne il contenuto. Fabio si dedica parallelamente alla sua avventura in Otolab, collettivo milanese che si è distinto in ambiti di sperimentazione audiovisiva che oramai superano i ristretti confini nazionali, e all’interno di Echran suona, canta/parla in francese e si occupa anche della regia dei visual nella fase live. A nome _dies, Fabio Volpi lo si è udito nelle stanze del Padiglione di Arte Contemporanea a Milano, durante la rassegna Sincronie 2005, riproponendo allora quel basso grave che emerge oggi dal nulla in alcune tracce di Echran.

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La loro fusione ha portato recentemente all’uscita di S/t su Ebria records in coproduzione con Small Voices; la prima un etichetta che vuole dar voce a un autoproduzione che rilancia il valore della musica su quello strettamente economico sposando l’idea del no-copyright, la seconda una label che non manca di annoverare nel suo catalogo esempi di un suono industriale e\o oscuro del recente passato: Maurizio Bianchi, Nocturnal Emission, T.A.C, Z’ev.

S/t è un lavoro che è stato ben accolto dalla critica musicale cartacea e web, almeno da coloro che sono attenti a cogliere evoluzioni sonore che spiccano in una pletora di uscite ad alto intasamento della sfera sonora; è un risultato di rilievo ancor più in una fase in cui la musica elettronica allarga ulteriormente il suo spettro d’azione, mediante soprattutto la fusione del materiale esistente, l’uso di un digitale in emulazione dell’analogico, il recupero in bassa qualità del patrimonio dimenticato dell’8bit, per arrivare al glitch che guarda al passato nostalgicamente una volta superato il culto dell’errore.

In S/t gli Echran rendono sensibile la loro poetica senza intrappolare il suono all’interno di un messaggio testuale e non correndo il rischio di un cantato che aggiunga elementi estranei alla loro estetica; ricorrono infatti più che altro a un recitato, quella voce in francese dello stesso Fabio Volpi che è come un alter ego deviato, una figura rappresentativa di ogni mostro che si annida nel vicino di casa. Patologie queste, molto care ai media. Un cd dove la ripetizione dei loops non raggiunge mai la noia, forse per una continua progressione della dilatazione e la sovrapposizione di altri elementi in lento e continuo accumulo di tensione. Le immagini del progetto sono state rubate a un maestro della poesia cinematografica, quel Tarkovsky che in Stalker riesce a farti entrare in un loop che non ha termine: quella lunga sequenza di volti e l’interminabile suono delle rotaie.

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E’ prorio con Fabio Volpi che abbiamo occasione di parlare, per definire meglio la forma e la sostanza che emerge dal disco S/t, prodotto grazie al prezioso aiuto di Paolo Romano della Ebria Records, attivo non solo all’interno delle produzioni della label brianzola ma anche nell’organizzazione dell’Impro Free Minimial Core festival BaaFest che si tiene ormai da due anni alla Stecca degli Artigiani di Milano, e soprattutto vero e proprio membro aggiunto del gruppo. Un lavoro tutto italiano quinidi, ma di sano respiro internazionale…..

Mk: Parlatemi delle origini del progetto Echran. Come vi siete incontrati, quali affinità vi hanno avvicinato, quali esperienze comuni?

Fabio Volpi: Qualche anno fa suonavamo assieme in un gruppo dark, i Vidi Aquam. In seguito abbiamo proseguito separatamente con progetti singoli, personalmente con il nome _dies, e la collaborazione in Otolab, attraverso sonorità industriali e ripetitive con riferimenti abbastanza espliciti a musiche di tipo rituale e sciamanico, utilizzando come vero e proprio strumento musicale un tascam multitraccia analogico a cassetta. Davide invece, con il progetto Ornament, si è diretto su un versante molto più ambient, con droni oscuri e molto dilatati. Successivamente, ci siamo ritrovati con il bisogno comune di uscire da queste esperienze estreme, con un progetto più “leggero”, meno intransigente dal punto di vista del purismo, comunque mantenendo una certa incisività e personalità nella scelta delle sonorità.

Mk: Come è avvenuto l’incontro con la Ebria e quale importanza hanno avuto Paolo Romano e i ragazzi nella produzione del disco?

Fabio Volpi: Paolo può essere considerato il terzo componente degli Echran. Ha saputo tradurre le nostre richieste un po’ letterarie e un po’ troppo artistiche in soluzioni tecniche audio efficaci. All’inizio delle registrazioni non era ancora definito il rapporto con la Ebria per la distribuzione, è diventato effettivo grazie al crescente entusiasmo e coinvolgimento di Paolo nelle sessioni in studio.

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Mk: S/t ha avuto almeno un paio di recensioni entusiaste qui in Italia e anche a me personalmente è piaciuto molto. L’ho trovato, al di là delle parole che sono già state dette e scritte, un lavoro sorprendentemente maturo. Come vi spiegate il successo di critica riscontrato da S/t? Cosa lo può differenziare da altre produzioni italiane di settore?

Fabio Volpi: Le recensioni buone sono state anche più di un paio, ma non è solo questo a stupirmi. Ho letto delle recensioni che mi hanno molto divertito, che hanno perso la deriva, diventando dei pezzi di letteratura in sé. Resta il fatto che quelle più utili a noi, ovvero quelle più fredde e più tecniche, hanno colto delle potenzialità nella comunicazione nei brani del disco che fanno molto piacere a chi come noi si è sempre rivolto a piccole nicchie di pubblico. Per il resto, mi sono spiegato la nostra fortuna critica con il momento “storico” nel quale è uscito il cd, inflazionato da continue uscite di gruppi rock che suonano acriticamente e in piena trance nostalgica esattamente come i Clash o come i Joy Division, senza provare imbarazzo e con buoni risultati di vendite. In mezzo a tutto questo, un lavoro come il nostro, completamente fuori moda ma contemporaneo, è una boccata d’ossigeno per il recensore.

Mk: Il vostro lavoro è stato definito un’opera di fredda estetica elettronica, minimale e sintetico, alientante e ripetitivo, elegante e rumorista. Tutte caratteristiche presenti e ben amalgamate in un disco che forse vuole inviare un messaggio anche estetico più profondo o quantomeno differente. E’ una mia sensazione o l’impronta della vostra musica si muove esattamente in questa direzione?

Fabio Volpi: Una delle parole chiavi che ritorna spesso nelle nostre discussioni è malattia: ovvero la visione distorta delle cose attraverso filtri quali la paranoia, il distacco, una certa disumanizzazione come principali ossessioni. Se si vuole, la nostra estetica si allinea alle Memorie del Sottosuolo. Dostoevsky ha già detto tutto meglio di noi. Nel nostro caso questa linea, ancora una volta estremista, ha prodotto personaggi, suoni e accostamenti con una forte personalità e una riconoscibile propria identità.

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Mk: Come si divide il vostro processo di lavoro? Come lavorate in fase di creazione, editing e come vi confrontate anche dal vivo?

Fabio Volpi: Il nostro progetto si fonda su una forte dilatazione dei suoni generati o presi da loops. Da questi noi estraiamo una porzione infinitesimale, che viene reiterata all’infinito. Questo normalmente costitusce la maggior parte del lavoro.Tutti i livelli sonori successivi, sinth e voci vengono sovrapposti per assonanza o dissonanza con questa serialità di base. Per scelta, misceliamo tra loro sonorità provenienti da differenti “epoche”, come ad esempio il glich con i suoni space dei 70’s; questi si sostengono e si rinforzano a vicenda. Dal vivo cerchiamo di tenere assieme le caratteristiche analogiche e digitali dei suoni, usando sia software che sinth in carne e ossa.

Mk: Quali influenze musicali o estetiche guidano il vostro lavoro? E in questo processo, come si possono leggere le vostre esperienze parallele con Ornament e Otolab? Fabio, tu soprattutto lavori all’interno di Otolab sia sulla componente audio che su quella video del collettivo, sei tu che quindi curi l’aspetto estetico e video nei live del progetto Echran?

Fabio Volpi: Per quanto riguarda Davide, le sue influenze passano dai Deutsh Nepal, ai Kirlian Camera, sino ai Tangerine Dream. Io sono alla base influenzato dalla musica islamica, sia sacra che di intrattenimento. Dei gruppi rock-elettro, direi sicuramente Suicide, Joy Division, Pan Sonic e Coil. Come influenze generali di entrambi, direi i primi Current 93 e i Trobbing Ghristle come attitudine. Per i visual sì, la colpa è mia. Abbiamo scelto di riprendere alcuni lavori di Tarkovskj, come Stalker e Solaris e di riprodurli da una visione che accentua gli errori, volontari e non, dovuti alla compressione in digitale dei filmati. Le parti vocali vengono recitate da un personaggio sfumato e sfigurato che entra nei video. Questo dal vivo ci permette di eliminare la figura del cantante-rock-performer, a nostro parere molto lontana dai nostro modo di essere.

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Mk: In S7t un elemento affascina e risalta quasi al di sopra (o al di fuori) di tutto il lavoro: il cantato (parlato) in francese, a dare quasi un senso di inevitabilità e collisione a tutto il percorso musicale del disco. Come è nata questa idea, perchè in francese, quale è (se esiste) il messaggio comunicato?

Fabio Volpi: Anche qui colpa mia. E’ però una scelta dettata dal caso: per motivi di lavoro e studio mi sono trovato spesso in paesi francofoni, dove ho conosciuto il rap in francese, a mio giudizio molto più vero ed efficace di quello inglese. Quindi ho compreso che per i nostri suoni, l’inglese o l’italiano sarebbero stati troppo accomodanti. Per quanto riguarda il messaggio, non esiste il singolo messaggio, ma il suggerimento che ogni singolo brano, anzi ogni singolo loop, porta in sé. La riuscita del pezzo sta nel come lo si porta alla luce.


www.echran.net

www.ebriarecords.com

www.otolab.net

www.echran.net/ornament/index.htm