TeZ è il nome d’arte di Maurizio Martinucci, musicista in origine, video artista per esigenza, media artist a 360 gradi per propensione creativa. Tez non è in Italia un nome conosciuto, ma questo come tutti quanti sappiamo non vuole dire assolutamente nulla, anzi, però è uno degli artisti elettronici più completi e poliedrici a livello internazionale.

Definire il suo lavoro è piuttosto complesso, quasi impossibile da visualizzare per tutti coloro, addetti ai lavori e non, che non comprendono a fondo quali potenzialità di crossover portino con se le nuove arti elettroniche e soprattutto quanto non sia sempre così necessario definire il livello di meta-linguaggio che esse riescono a creare con naturalezza e semplicità. Uno dei meta-artisti quindi più consapevoli in circolazione, ed è italiano, patrimonio nazionale di cui andare fieri, per non permettere più emigrazioni forzate come la sua verso Amsterdam e i canali digitali d’Olanda.

TeZ è musicista innanzitutto, lavora da anni con la musica elettronica collaborando con artisti di fama come Kim Cascone, Taylor Deupree o Scanner. Ma TeZ è anche sound artist, affascinato dalle potenzialità tecniche ed espressive del sistema 5+1, così come dell’acusmatica. TeZ è parallelamente video artista, regista sperimentale, autore di video clip, grafico; pochi sono coloro in grado di lavorare con uguale maestria sul concetto di audio così come su quello di video. TeZ è in sostanza un performer audiovisivo nel senso letterale del termine, un ricercatore consapevole delle sinestesie consentite dall’uso di questi strumenti espressivi. E fino a qui tutto normale, o quasi insomma. Peccato però che il nostro Maurizio Martinucci è anche autore di arte generativa, come produttore autonomo di codice e software in grado di generare prodotti audiovisivi in tempo reale, da fruire mediante installazioni ma anche da gestire live su un palcoscenico.

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TeZ è tutto questo e molto altro: teorico fine ed esploratore di nuovi confini sul non utilizzo dei parametri random nella generative art e sulla capacità di suoni e immagini di autogenerarsi partendo dalle proprie intrinseche virtù, prefiguratore di nuovi linguaggi espressivi grazie al suo Generative Live Cinema (GLC) , spalla video di Scanner nel progetto Blindscape presentato in anteprima mondiale alla Notte Elettronica in chiusura al Roma Europa Festival 2005, uno dei live audiovisivi più efficaci, tecnici ed emotivamente coinvolgenti che mi sia capitato di vedere negli ultimi anni. E’ stata questa quindi l’occasione di una chiacchierata rivelatrice per me (e spero per chi legge) di ciò che è lo spirito stesso di Digicult, la comprensione reale, e non solo teorica, di come un solo uomo possa attuare oggi un dialogo “meta” e “trasversale” tra arti e discipline. Il resto, per ora, è storia.

Mk: Mi puoi parlare di te, del tuo lavoro, della tua propensione artistica e di come è nata la collaborazione con Scanner?

TeZ: Io e Scanner ci conosciamo da più di quindici anni, una conoscenza nata via posta e tramite contatti comuni all’interno del gruppo di elettronica sperimentale dei Coil. Loro mi avevano passato una lista di contatti per prendere del materiale da loro prodotto e Scanner ai tempi si occupava di produrre eventi sull’arte sperimentale. In questo modo siamo quindi venuti in contatto. Mentre Scanner diventava famoso, io ho iniziato a lavorare con musica e video fino al momento in cui abbiamo iniziato a pensare come lavorare insieme su un progetto. Normalmente io lavoro sui software e sul concetto di integrazione tra musica e video, e attualmente sto lavorando su un progetto di Generative Live Cinema (GLC) con cui gestisco i miei live in tempo reale e l’integrazione audiovisiva. E’ da tre anni che mi occupo, sia teoricamente ma anche praticamente di arte generativa, a partire dal progetto di pittura digitale generativa Protoquadro che oggi ha trovato importanti finanziamenti in Olanda.

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Mk: Tu qualche anno fa hai fondato a Roma il Sub Multimedia Research Lab, me ne vuoi parlare?

TeZ: Sì, io ho fondato un laboratorio a Roma che si chiama Sub Multimedia Research Lab, in cui ho lavorato con circa 30 persone nel corso degli anni. Dal 1999 con Federico Bonelli siamo rimasti operativi come cuore del laboratorio e abbiamo deciso di lasciare l’Italia perché non trovavamo fondi per finanziare un progetto di ricerca creativa e artistica di questo tipo. Il generale noi lavoriamo su tre livelli: la scrittura di software autonomi, il lavoro sull’integrazione di suono, immagini e testo e infine la generazione in tempo reale di collegamenti tra tutti questi media digitali. Il Lab in realtà è oggi costituito da 6 persone che lavorano insieme su progetti specifici: due vivono ad Amsterdam, due a Parigi e due sono rimasti a Roma.

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Mk: Il progetto che presenterete questa sera con Scanner, Blindscape, è una prima mondiale. Mi vuoi parlare della tua vena artistica a cavallo tra audio e video e come si traduce all’interno di questo progetto?

TeZ: Blindscape è una prima mondiale, ed è anche la prima volta che ci presentiamo insieme. Negli ultimi cinque anni il mio lavoro è stato soprattutto sull’immagine e sulla composizione video, anche se il mio background è soprattutto musicale. Il fatto di dover lavorare sulle immagini è stato una necessità per dare una figura visiva ai miei live di elettronica, cosa che mi ha portato a scrivere un mio proprio software chiamato Trivid che uso ancora oggi anche se in maniera diversa. Questo è stato la base di tutti i software che ho scritto, fino ad arrivare a quello che presento stasera che si chiama appunto Generative Live Cinema (GLC), il nucleo centrale di un’idea molto precisa sulla generative arte e la sua espressione dal vivo. Lavorare con Scanner è stato curioso perché entrambi ci occupiamo di musica e immagini, abbiamo molte affinità in questo senso, anche se io ero molto più avanti da un punto di vista visivo mentre lui ovviamente da un punto di vista audio. Per cui è stato lui, all’atto pratico su Blindscape, che mi ha proposto di dare una composizione visuale ai suoi suoni di pipistrelli registrati con speciali radar. Il progetto tra noi è però completamente aperto e si sta già modificando. L’idea ulteriore è anche quella di farne un DVD, con l’idea di lavorar insieme sia sul piano visivo che su quello audio, lavorando e confrontandoci quindi su un duplice livello.

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Mk: Tu hai lavorato con Kim Cascone, Taylor Deupree, artisti legati alla ricerca musicale e del suono. Quanto ti affascina il concetto di sound art e di spazializzazione del suono?

TeZ: Come ti dicevo io sto tornando a lavorare molto sul suono, soprattutto sul concetto di spazializzazione del suono, cercando un utilizzo efficace del sistema 5+1, esplorando dei modi non canonici di utilizzo, senza in questo dimenticare il progetto di quadrifonia VillaLogicaSonora presentato in una piazza di Amsterdam e gestito mediante un joystick e un software scritto da me. Infine molto affascinante è per me il concetto di acusmatica e spazializzazione del suono, che sto seguendo grazie a dei progetti proprio con Kim Cascone

Mk: Mi spieghi come puoi integrare questo approccio artistico con il concetto di cinema generativo di cui parlavi prima? La scorsa edizione di Transemediale ha messo sul piatto un nuovo neologismo, quello di Live Cinema, ma in pochi hanno compreso cosa questo termine significa realmente e come alcuni progetti presentati potessero rientrare in questa categoria.

TeZ: Io sto lavorando molto su miei progetti di audiovisivi generativi, video e musica integrati insieme in tempo reale. Sicuramente c’è confusione nel uso di nuovi termini e il mio progetto è un po’ provocatorio in questo senso; io per primo in Olanda ho visto molte opere di cosiddetto Live Cinema e inizialmente mi sembrava un buon modo per descrivere dei progetti dal vivo presentati come fossero un prodotto cinematografico. In realtà nessuno dei progetti visti è realmente cinematico, non c’è mai un uso effettivo della narrativa al loro interno. Mi sono messo quindi a creare un mio strumento/software per ottenere dal vivo e in tempo reale una serie di effetti visivi ma anche sonori, che potesse usare quindi un elemento visivo in grado di riportare alla realtà conosciuta, allo scopo di rendere tutto il lavoro molto più completo, emozionale e quindi cinematico. Il digitale oggi è analizzato come estetica di per sé, senza sfruttare le sue vere potenzialità di significanza per associarlo a qualcosa che sta al di là del digitale stesso, che è quindi legato a qualcosa che si vede e si osserva normalmente.

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Mk: Il concetto di arte generativa come entra in questo processo? Uno dei concetti presenti in questo universo creativo è legato alla capacità di mettere mano sul codice, come vera propensione artistica, aspettando il risultato finale del lavoro compiuto da una macchina secondo parametri random, rimanendo quasi incuranti di fronte all’estetica del prodotto finito.

TeZ: Il concetto di generativo è fondamentale ma non condivido questa propensione da te descritta che riconosco essere molto presente, quasi dilagante. Generativo è sicuramente la capacità e l’arte di creare codice in grado di trasformare e generare qualcosa. Ma come lo genera? Cosa genera? Molti algoritmi sono generati su parametri random, ma io ho lavorato un anno e mezzo per creare un algoritmo che non partisse dal concetto di random, che reputo un idea che non esiste, una funzione scritta da qualcun altro per creare un numero impredicibile di eventi. Questo per me è un limite, mi interessa di più riciclare un materiale che possa determinare esso stesso l’impredicibilità di una composizione. Questo per me è generativo; l’idea semplice e se vuoi banale è quindi quella di produrre numeri impredicibili di eventi senza ricorrere a funzioni random.

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Mk: Tutto ciò quali potenzialità in più ti da come artista/performer?

TeZ: Beh, se lavori su progetto come Protoquadro, l’impredicibilità e la generazione degli eventi non è data da un codice random o da una funzione, ma è data dalla natura stessa delle foto, nel mio caso partendo dai colori delle immagini come parametro. Mi piace lavorare su un qualcosa che abbia un senso, mi piace pensare che quell’immagine possa essa stessa determinare l’ulteriore evoluzione di se stessa, secondo sentieri impredicibili ovviamente. In un contesto audiovisivo questo mi permette di lavorare sul suono e sulle immagini legati indissolubilmente tra loro; è il suono stesso che viene utilizzato come parametro per generare delle variazioni su una matrice visuale predefinita. Questo non solo lascia un risultato tecnico di assoluto connubio audiovisivo, ma permette anche di esplorare territori estetici assolutamente nuovi, ri-vitalizzando il concetto di live così vilipeso oggi nell’universo dell’arte elettronica. .


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