Skoltz_kolgen è un duo canadese composto da Dominique T. Skoltz e Herman W. Kolgen. Si tratta di uno dei casi, non infrequenti, di artisti new media che condividono vita artistica e vita affettiva. In Italia sono conosciuti prevalentemente per i loro perfetti ed efficaci live e progetti audio-video, anche se la loro attività si estende alle produzioni audio, ai film sperimentali, alla grafica. La loro consapevolezza estetica, fredda senza essere glaciale, e la loro lucidità nella costruzione dei progetti li fa emergere come una delle realtà più importanti nel panorama globale delle performance audiovisive. I loro universi super-cool si articolano tra vita cellulare, high-design immateriale e poetica dei flussi. Come ricorderà chi ha letto l’intervista ai Rechenzentrum nel numero scorso ( (Digimag09/nov05 “Nuovo centro di elaborazione dati”), la condivisione del loro metodo “on stage” non è unanime (e crea alcune perplessità anche in chi scrive). Allo stesso tempo, l’impatto e l’immersività (per una volta lo possiamo dire: la bellezza) di quello che fanno è fuori discussione. Così come non si discute il fatto che i loro standard qualitativi siano molto al di sopra di quelli della maggior parte delle performance sperimentali elettroniche in circolazione. Ho parlato con loro di questo e di altro, scoprendo che ogni loro nuovo progetto è diverso da quello precedente, sia per quello che riguarda il concetto di liveness, sia per molti altri aspetti. Innanzitutto, a differenza di quello che appare superficialmente, gli Skoltz_Kolgen, grazie alla loro predisposizione di scrittura dei propri software, sono in grado di lavorare pariteticamente sia sul livello della generazione random di input audio e video interlacciati tra loro, sia su una componente live molto più ampia di quel che appare a chi conosce il solo lavoro Fluux:/Terminal che poi li ha resi famosi a livello internazionale. Un ottimo esempio di new media artist quindi che operano a un vero livello metatra le arti elettroniche, capaci quindi di lavorare sui software così come sull’arte generativa, sulle performance audiovisive così come sul delicato rapporto etico ed estetico tra codici e linguaggi virtuali e ambienti biologici naturali.
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Bertram Niessen: La composizione visuale dei vostri lavori è decisamente complessa. Al di là di molteplici influenze (dai glitches alla fotografia, passando per l’architettura e la biologia) si può individuare sempre un’impronta riconoscibile. Come descrivete le vostre scelte estetiche?
Skoltz_kolgen: Una delle cose che ci hanno ispirato sono i micro-fenomeni, le microevoluzioni o le microtrasformazioni dei sistemi. La loro organizzazione interna, le loro regole, le loro contaminazioni, le loro lente permutazioni, le loro distruzioni o morfogenesi. E per noi questi sistemi possono essere organici o puramente sintetici. In Fluux:/Terminal, per esempio, abbiamo creato delle strutture wireframe che si muovono da sole; è il suono che può influenzare la loro normale evoluzione nel tempo. L’audio, in questo caso, è l’agente stimolatore/perturbatore. Per Epiderm, abbiamo creato un ambiente virtuale che ha dei riferimenti biologici reali; l’audio, in questo caso, è l’originatore di cellule e sistemi particellari. Per Ovskii tutto è virtuale, pure matrici al computer in bianco e nero. I pixel si muovono con la dinamica dell’audio e costruiscono pattern o forme sinaptiche.
Nella nostra musica creiamo strumenti software che possono lavorare a livelli micro-estremi nel suono. Con questi tipi di interfacce possiamo lavorare quindi con le microstrutture delle forme d’onda per poter creare permutazioni e riorganizzazioni delle loro strutture. Sviluppiamo anche degli script e dei randomizzatori che possono iniettare informazioni, randomizzazioni appunto o decisioni precise nel suono; è possibile infatti controllare ogni aspetto dell’audio oppure al contempo mettere in atto alcune regole e lasciare all’interfaccia il compito di scolpire il suono.
Per quanto riguarda l’aspetto estetico invece, il nostro obbiettivo è quello di eliminare la distanza tra il sintetico e l’organico; la fusione tra questi due aspetti è molto importante per noi. Siamo sempre alla ricerca di un modo per combinare i sistemi, per controllare cioè (con il suono, i codici, i dati) la struttura del nostro micro-sistema virtuale in combinazione con sistemi tipicamente organici.
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Bertram Niessen: Molti degli artisti che lavorano con le performance audiovisive danno molta importanza alla componente liveness; altri si concentrano maggiormente sulla costruzione di ambienti, considerando la liveness secondaria. Cosa ne pensate? Quanta componente “dal vivo” c’è nel vostro lavoro?
Skoltz_kolgen: Dipende molto dalla natura del progetto e dai suoi obiettivi. Per alcuni il primo scopo della performance è quello di condividere un ambiente particolare e uno stato emozionale con precisione e in una direzione specifica. Per altri progetti, come Askaa, la randomness è il motore creativo della performance/installazioni anche se ci interessa sempre mettere in atto alcune regole ferree e precisi parametri estetici. Ci piace in altre parole che ogni progetto abbia la sua struttura. Per Ovskii, è difficile avere un controllo perfetto della matrice, così nelle situazioni live può succedere qualsiasi cosa…e questo fa parte del progetto.
Un altro elemento sicuramente importante è che in fondo noi siamo un po’ schiavi della lentezza dei nostri computer; e dobbiamo confrontarci con questo limite, soprattutto dal vivo. Per alcuni progetti, come Epiderm, è difficile avere il controllo completo di tutte le cellule genetiche dal vivo. Ma tutto cambia rapidamente al giorno d’oggi, per cui nel prossimo futuro potremo arrivare a fare tutto dal vivo.
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Bertram Niessen: quanto è importante la programmazione degli strumenti che utilizzate? Potete descriverne alcuni?
Skoltz_kolgen: La maggior parte dei nostri progetti ha bisogno di lavorare sullo sviluppo di tecnologie; non ci importa molto dei limiti dei software disponibili. Così, se un progetto ha bisogno di qualcosa di particolare che non esiste, lo creiamo. Da questo punto di vista, abbiamo alcuni amici che ci aiutano se le nostre conoscenze non sono abbastanza profonde. Ma la maggior parte delle volte sviluppiamo le nostre interfacce da soli.
Per Ovskii, il nostro primo progetto live, tutto è in real time. Abbiamo creato un tool che si chiama Loefrek per disegnare i pixel in una matrice in bianco e nero. Loefrek ha due diverse interfacce. La prima crea dei suoni granulari in tempo reale, la seconda è un traduttore di audio in video. Il suono crea delle ripercussioni visuali sulla matrice XY, ed è possibile modificare o modulare il risultato attraverso alcuni parametri di deformazione. A questo punto, abbiamo un visual che è la combinazione delle dinamiche dell’audio sommate alle nostre decisioni estetiche. Questo nuovo visual ci influenza, come un feedback, e stimola il modo in cui costruiamo dei suoni completamente nuovi con la prima interfaccia di Loefrek. E’ una sorta di continuum tra l’audio e il video, che si influenzano a vicenda. E’ un tool molto flessibile.
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Bertram Niessen: La stretta relazione tra audio e video è un elemento che colpisce molto nelle vostre performance. Concepite la sinestesia audiovisiva come un dialogo tra l’audio e il video, come una lotta, o come una descrizione?
Skoltz_kolgen: Tutti i nostri lavori (performance, installazioni, film) contengono l’idea della relazione tra il suono e l’immagine. Quando guardiamo un animazione cerchiamo sempre di sentire un possibile suono correlato, e viceversa. Collegando il suono all’immagine sentiamo di costruire un dialogo naturale e l’interesezione di elementi ci consente di proporre sempre nuove idee ed emozioni; solo attraverso questo amalgama di medium la nostra espressione è polarizzata e diretta. Ma se in Flüux;/ Terminal ci sono alcune connessioni tra suono e immagine che sono molto forti e l’impatto sul pubblico è molto intenso dal punto di vista fisico e cerebrale, in Silent room al contrario questa relazione è interpretata in un modo più metaforico; abbiamo deciso di evitare la narrazione a partire dai personaggi e ci siamo affidati alla musica.
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Bertram Niessen: Ci potete dire in conclusione qualcosa del vostro metodo di lavoro? Come viene concepito e realizzato un progetto?
Skoltz_kolgen: All’inizio, per ogni progetto, ci confrontiamo in un brainstorming sul concept principale, fino a quando il focus non diventa chiaro ed eccita entrambi. A questo punto, discutiamo su come questo specifico lavoro sia diverso dai suoi predecessori: qual è il legame, la continuità, di cosa abbiamo bisogno per andare avanti nel concept. Sembra costrittivo, ma in realtà è un procesos che avviene in modo naturale, durante la colazione, quando facciamo una passeggiata, quando beviamo del buon vino (o uno spritz). La nostra vita è una miscela e il confine tra vita e creatività è sempre molto labile e sottile. Con questo ritmo e con queste dinamiche tutti i nostri progetti vanno avanti, in una specie di continuum.