L’Artificial Life (o Alife dalla sua abbreviazione) nasce da una promettente interazione tra ricerca evoluzionista e informatica: nell’ambiente simulativo dei computer si applica un insieme di tecniche istruzioniste a processi di selezione, mutuati dal paradigma darwiniano.

Intuitivamente, la pratica della vita artificiale è quella della simulazione del comportamento di organismi ed ecosistemi reali sul computer. Attraverso questa riproduzione artificiale della vita, numerosi scienziati cercano le risposte a domande sulla natura della vita e dei processi che caratterizzano un organismo vivente e cercano di comprendere le dinamiche sottese ai processi evolutivi che hanno portato alle attuali forme di vita complesse partendo dal brodo primordiale di forme di vita unicellulari. Questa dinamica riflette un approccio informazionista all’opposto dell’intelligenza artificiale: le istruzioni di comando non sono calate dall’alto (top-down), ma sorgono dal basso (bottom-up), vale a dire che le competenze di sopravvivenza, quando sorgono, sorgono per un’adeguatezza che tali competenze dimostrano in risposta ad una pressione selettiva ambientale.

L’Alife ha avuto la sua consacrazione negli anni novanta (sebbene già negli anni cinquanta John von Neumann dimostrò come fosse possibile realizzare sistemi autoreplicanti a livello matematico).

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Tra i pionieri della simulazione evolutiva, troviamo John Holland che attorno alla metà degli anni settanta sviluppò i cosiddetti Algoritmi Genetici, programmi informatici che hanno la capacità di “evolvere”, nel senso che possono risolvere problemi che nemmeno i programmatori avevano previsto e compreso. Questa dinamica è possibile introducendo negli algoritmi un elevato numero di variabili (alcune in conflitto tra loro) e con obiettivi definiti in maniera sommaria.

La riproduzione forzata degli algoritmi e la selezione naturale dell’ambiente (i nuovi problemi) determineranno l’evoluzione, ma anche la mutazione degli algoritmi, producendo un programma più adatto alle nuove condizioni ambientali. Le buone performance saranno trasmesse subito alla prole (altre stringhe di codice), ma non si tratta di una trasmissione culturale, ma “fenotipica”: il figlio sa già da subito risolvere i nuovi problemi.

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Un altro grande passo nella direzione dell’Alife è stato compiuto da Thomas Ray con la creazione del primo ecosistema virtuale denominato Tierra. Il codice sorgente Tierra C trasforma il computer in un ambiente virtuale dove il sistema operativo funziona in modo “darwiniano”. Il computer può provocare quindi selezioni e mutazioni al codice (esso può essere paragonato a stringhe genetiche) in base al suo stato ambientale (spazio a disposizione, temperatura del processore, comunità di programmi, ecc.).

Negli anni ottanta è il biologo Christopher Langton a ufficializzare l’A-life come branca di studi, organizzando una conferenza all’Oppenheimer Study Center di Los Alamos nel New Mexico nel 1987, invitando a discutere sul tema della riproduzione artificiale della vita in ambiente informatico circa 160 studiosi provenienti dalla biologia, dalla genetica e dall’informatica.

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Nel 1996 nasce il progetto Biota.org, un’organizzazione no profit che ha come scopo l’assistenza e la promozione dello sviluppo ingegneristico di organismi cresciuti in ecosistemi sintetici di ispirazione biologica. Tra i progetti proposti, va senz’altro menzionato Darwin@home, la riproposizione, in chiave planetaria, della costruzione di un ecosistema digitale in network così come prevista dal programma Tierra di Thomas Ray e dall’ Evolving Virtual Creatures di Karl Sims.

E’ importante sottolineare come la biologia contamina l’informatica non solo a livello linguistico-metaforico (il classico esempio è il concetto di virus informatico), ma in certi campi di studi, come quello dell’Artificial-life, lo ibrida tout court , introducendo fenomeni biologici in ambienti informatici.

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Il discorso tra le due dimensioni però non è unidirezionale: sappiamo che la risposta delle simulazioni informatiche, se efficaci, non potrà che essere quella di una nuova ibridazione, ma a questo punto, in una direzione opposta: cioè di creature virtuali che riescano a contaminare la realtà biologica. E’ questo il caso delle applicazioni di simulazioni di Alife alla robotica che hanno trovato sinora limitate realizzazioni, ma ingente letteratura di scenario, spesso allarmistica.


www.econ.iastate.edu/tesfatsi/holland.GAIntro.htm

www.his.atr.jp/~ray/tierra/index.html

www.biota.org/

www.darwinathome.org

http://web.genarts.com/karl/evolved-virtual-creatures.html