Evidentemente, qualsiasi forma d’intelligenza artificiale, qualsiasi espressione algoritmica, sia essa nata per la navigazione in spazi fisici che in luoghi mentali, è (e non può esser altro che) un’istanza della più ampia gamma di problemi relativi all’automazione dell’informazione, cioè: informatica.
L’argomento in questione esige, quindi, una certa severità d’ordine etico e morale, anche considerate le ricadute politiche e sociali che sottende. Fattostà che, a tal riguardo, le società umane hanno una storia relativamente breve e, tutto sommato, fallimentare. Ma riassumiamo, brevemente, tal storia.
La prima forma di automazione dell’informazione umana è da ricercare nella stampa, attraverso la quale si son compiute delle reali rivoluzioni sociali. Tuttavia ora le cose non stanno più così. Questa forma di comunicazione viene infatti largamente manipolata da lobbies e governi di varia natura e genere che, alla lunga, trovano il modo per estinguere o rendere poco rilevanti tutte le voci “fuori dal coro”. Un esempio chiaro, sotto i nostri occhi, è rappresentato dall’editoria dei giornali quotidiani.
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La radio, il media successivo, è sempre riuscita a conservare una sua libertà d’espressione. Tuttavia, oggi, da una parte viene controllata dalle forze politiche, religiose ed economiche e, dall’altra, essendo priva del “potere dell’immagine” perde le caratteristiche proprie dell’efficacia comunicativa e la forza d’urto necessaria per radicare all’interno di una società moderna, del terzo millennio. Di fatto, il mezzo ha considerevolmente perso di consistenza e di mediaticità.
Non a caso, la più recente televisione ha preso immediatamente il sopravvento su quest’ultima e, in larga parte, ne ha vanificato la popolarità. Certo, non sta a me descrivere in quale forma di controllo, nazionale ed internazionale, si sia intrappolata la comunicazione televisiva. Fatto è che, un po’ per sua natura il ricevente è mantenuto passivo – un po’ per via dei costi di produzione, tal mezzo ha quasi (ma in realtà totalmente) perso la capacità di rappresentare alcune classi sociali e forme di pensiero, probabilmente, tra le più importanti e significative, il vero e proprio motore dell’evoluzione umana: gli intellettuali. Insomma, stringendo, la televisione ha perso la capacità di esprimere intelligenza e creatività!
Ma entrambe, intelligenza e creatività, non sono, per definizione, nè statiche nè quiete e ricercano in continuazione una via d’uscita, una modalità espressiva attraverso la quale farsi sentire o, perlomeno, venire a contatto. L’intelligenza vera cerca una forma di coesione, di cooperazione, di collaboratività. Ed è così che arriviamo ad Internet ed ai giorni nostri.
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Oggi la rete Internet, attraverso l’e-mail ed il world wide web, ha aperto una nuova strada, nuovi canali informativi per idee “indipendenti”. Internet, tuttavia, sottostà a regole ben diverse, certamente distanti da quelle imposte dai canali televisivi e, in parte, diverse da quelle implicite nelle emissioni radiofoniche. Su Internet non sembra possibile limitare il numero degli “emittenti”. Il che è un gran vantaggio, da una parte, e un gran svantaggio, dall’altra. Difatti, se lo strumento, soggetto come tutti gli altri alle leggi di mercato, sembra garantire, in un senso, un margine sicuro per un espressione democratica del pensiero nella sua totalità, nell’altro – per un’altrettanto dura legge della comunicazione – garantendo la molteplicità, infila i suoi utenti nello snervante budello del “rumore di fondo”, dove cercare l’informazione idonea alle proprie esigenze può trasformarsi in un irrisolvibile incubo!
Tuttavia, questo problema è, in parte, risolvibile e, difatti, non molto tempo dopo la nascita del web, fanno la loro apparizione i primi motori di ricerca. Del resto, se l’uso della rete non vuole essere quello tipico delle forme d’informazione che l’hanno preceduta, dove si va in luoghi conosciuti che nel nostro caso corrispondono ai portali o ai websites che accentrano una classe d’informazioni, il search engine appare l’unico(?) mezzo per districarsi nel web e per usarlo come tale.
Ma, tecnicamente, cos’è un motore di ricerca? E, il suo significato, il suo senso d’esistere, come viene rappresentato, cognitivamente, nell’individuo e nella società?
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Tecnicamente, un motore di ricerca per il web non è altro che un database d’informazioni (ipotizzabile più o meno passivo) da interrogare attraverso un algoritmo d’intelligenza artificiale. Gli algoritmi privilegiati dai motori di ricerca vengono denominati sistemi esperti . Tali sistemi esperti sono tra le più antiche forme d’intelligenza artificiale in cui vengono create delle categorie e degl’indici di significatività per ogni sottostante variabile (nel nostro caso le parole/frase). Successivamente, questi indici vengono pesati e fatti incrociare allorché si cercano delle corrispondenze all’interno del database stesso. Tal metodologia, indubbiamente efficiente ed efficace, può contare su una certa snellezza di calcolo e, di conseguenza, consente di massimizzare il rapporto “tempi vs. risultati” pur conservando, per alcuni versi, affidabilità semantica.
Questa è la sostanza dei motori di ricerca per il web, perlomeno dei più conosciuti. A dir il vero, esistono casi d’emancipazione informatica dove i ricercatori intentano la costruzione di meccanismi d’indagine più sofisticati ma, sia per mancanza di finanziamenti appropriati, sia per l’inafferrabilità del concetto di copyright, finiscono sempre per concludersi miseramente. Di un esempio gli InfoSpiders è possibile leggere in ALife Meets Web: Lessons Learned.
Comunque sia, una volta individuata la rilevanza teorica e pratica della ricerca d’informazioni sul web, nella metà degl’anni novanta, si assiste ad un’esplosione d’investimenti economici (anche legati alla bolla speculativa della new economy) che risulta in un’altrettanto imponente proliferare di tecnologie. Nascono Yahoo!, Lycos, Excite, HotBot, AltaVista, ed altri. Poi, non molto dopo, fanno la loro apparizione i primi search engines che parassitano le altrui informazioni, attraverso la cosiddetta metaseach. Esempi ne sono MetaCrawler, Mamma ed il più recente Dogpile. Ma la cosache avrebbe spiazzato l’intero mondo della ricerca in rete, conquistando il cuore dei navigatori, era un semplice miglioramento dell’indicizzazione delle informazioni di cui il neonato Google faceva uso. Il giovane motore di ricerca sarebbe divenuto in tal modo famosissimo e anche per via della sua iniziale neutralità informativa – la sua fama è apparsa a lungo un pregio ed una dote.
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Poi, con il passar del tempo, un processo di commercializzazione avrebbe reso lo stesso sempre più prezioso fin a che Google non è entrato a far parte del NASDAQ. In quel momento, e solo in quel momento, il sentore d’aver delegato gran parte dell’ effettiva informazione di rete, di averla accentrata intorno ad un unico soggetto, dell’essersi deresponsabilizzati ed esposti ad un potenziale pericolo si fa breccia nella coscienza sociale.
Ora, che le conseguenze sono sotto gl’occhi di tutti, due sono le immediate reazioni.
La prima è di carattere costruttivo: la caccia all’alternativa informatica, ma in realtà alternativa commerciale! Un esempio eclatante, in tal senso, s’osserva nel mondo della musica con il proliferare di specifici strumenti di ricerca. Ad esempio, Music search (music.yahoo.com e audio.search.yahoo.com) di Yahoo!, GoFish ed altri.
La seconda è di carattere distruttivo: la demolizione concettuale dell’idea di efficientismo di Google. Una buona trattazione la si ritrova presso Google-Watch ma, in estrema sintesi, ciò che viene denunciato in tal contesti informativi è la mancanza di affidabilità del mezzo.
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Detto ciò, a mio avviso, la domanda da porsi, la più chiara e trasparente di tutte, diviene: è più importante preoccuparsi del monopolio Microsoft o del monopolio Google?
Lascio a voi le conclusioni. In sostanza, siamo di fronte ad un gioco di scatole cinesi in cui non si finisce mai di scoprire un contenuto nuovo all’interno di vecchi contenuti che, pertanto, si trasformano in contenitori. Dal punto di vista tecnico, mi sento di dire che le funzioni di ricerca son di gran lunga migliorabili e che i livelli d’intelligenza artificiale esprimibili, a tal fine, son di gran lunga più intelligenti. Certo, prima o poi, bisognerà anche agire sullo stato di coscienza dell’utente medio affinché comprenda che il tutto ed il subito non vanno necessariamente nella stessa direzione. Fattostà che Google provvede ad espandersi in tutte le direzioni nell’ovvio tentativo di consolidare il possedimento del mercato. E così si trasforma in Google Immagini (images.google.it), Google Desktop (desktop.google.it), Google Alert (news.google.it), Google Toolbar (toolbar.google.com) Google Cellulare (mobile.google.it) e via discorrendo.
Al momento io faccio uso del misconosciuto A9, un search engine ibrido, promosso da Amazon, che si appoggia su diversi algoritmi di ricerca che ha, perlomeno, il pregio di saper rinnovare l’interfaccia con cui vengono presentate le risposte all’utente. A9, molto semplicemente, coniuga l’aspetto testuale con quello grafico. Ora, nel cercare per cercare o nel cercare per trovare, per l’esplorazione di più significati e di diversi significanti una reale multimedialità è molto importante e, pertanto, ve lo consiglio.