Cornelia Sollfrank, la celebre net.artista e cyberfemminista, ha recentemente pubblicato un libro dal titolo “net.art generator” edito dalla Verlag fuer moderne Kunst Nuernberg. Cornelia Sollfrank vive ad Amburgo, in Germania, ed è lettrice presso l’Università di Oldenburg. Nel suo lavoro sono centrali il concetto di networking attraverso cui è possibile ridefinire progressivamente l’idea di opera d’arte e artista e le tematiche di genere, viste come un elemento di disordine costruttivo e ironico, atte a smascherare i legami di potere e le chiusure della nostra società mediatica (anche fra coloro che si dichiarano aperti e all’avanguardia).
Celebri sono i pranks che l’artista ha realizzato con eleganza e ironia nel corso degli anni. Il suo progetto del 1997, Female Extension, è stato un hack della prima competition di net.art promossa da un museo, la Galerie der Gegenwart (Galleria di Arte Contemporanea) dell’Hamburger Kunsthalle. L’evento, sponsorizzato da Philips e dal magazine tedesco Der Spiegel e dall’edizione online Spiegelonline, prese il nome di “Extension”, intendendo la cosa come un’estensione del museo in uno spazio virtuale. Si specificava, nella Call for Contributions, che la competizione sarebbe stata incentrata su lavori artistici di Netart e non di Art on the Net, dando quindi peso alla componente processuale del termine. In contraddizione però con quanto richiesto dal bando, il museo sosteneva che i lavori inviati dagli artisti sarebbero dovuti essere uploadati nel server del museo, uccidendo quindi la componente di reticolare e impermanente che ogni lavoro di net.art, l’arte di fare rete, dovrebbe avere.
![]() |
.
Si ritornava quindi alle vecchie categorie di opera e autore. In questo paradosso, si situa l’azione più celebre di Cornelia Sollfrank, che in effetti dimostra chiaramente al museo le potenzialità del nuovo medium, hackerando la loro stessa competizione. Con l’aiuto di gran parte della comunità della net.art, Cornelia Sollfrank riesce a creare 300 artiste fittizie (tutte donne), dotandole di account email, indirizzo e numero di telefono e iscrivendole così al concorso. Sarebbe stato ovviamente impossibile creare 300 opere di net.art in così poco tempo, di conseguenza la Sollfrank ha fatto uso di un programma, il net.art generator. Questo, immagazinando materiale in HTML registrato attarverso un motore di ricerca, ricombinava i dati automaticamante, dando vita a lavori di net art. La giuria, dimostrandosi entusiasta per il sorprendente numero di donne iscritte alla competizione, ha annunciato il fatto alla stampa e ha regolarmente giudicato tutti i 300 lavori inviati dalla Sollfrank, senza rendersi conto che erano progetti apparentemente senza senso.
In realtà il vero senso dell’operazione stava nel dimostrare la componente processuale della net.art e l’elemento di reticolarità che la contraddistingue, che ha permesso alla Sollfrank di dare vita a un lavoro realmente comunitario, svelando limiti e pregi del mezzo. Invece la giuria non si è accorta di nulla e, anche se partecipando in forma di 300 donne-clone, l’artista non ha ricevuto il premio, che invece è andato a un uomo. Solo alla fine Cornelia Sollfrank ha svelato il suo hack attarverso un comunicato stampa.
![]() |
.
Il libro “net.art generator” ripercorre questa azione e molte altre, come l’intervento presso il Congress internazionale del Chaos Computer Club nel 1999, in cui l’artista ha mostrato il video-fake di Clara S0pht (www.obn.org/hackers/claint.htm). Il libro include anche testi e intervisti di teorici e attivisti della scena hacker, insieme alla biografia dell’artista e alla descrizione (e immagini) dei suoi lavori, che hanno animato per dieci anni la scena cyberfemminista. A questo proposito, consigliamo una visita al sito di Old Boys Network www.obn.org, gruppo di cyberfemministe di cui la Sollfrank è una della fondatrici e che annovera importanti festival unici nel settore (il primo, First Cyberfeminist International, nel 1997 a Rotterdam).