E’ un ragazzo nei panni di un uomo di quarant’anni quello che mi si presenta davanti e che si siede di fianco a me sulle poltrone del Plastic a Milano ieri sera. Sono passate solo poche ore da quando Lauren ha messo il suo ultimo disco sui piatti della consolle del club più stipato d’Italia (per lo meno ieri sera) e sbobinando l’intervista fatta mi rendo veramente conto di cosa guida quest’uomo che nell’arco degli ultimi vent’anni ha cavalcato una carriera artistica e professionale senza pari, diventano uno dei migliori dj del pianeta, uno dei pochissimi europei amato e rispettato dalla osannata scena techno di Detroit, un produttore illuminato, fondando una delle label indipendenti più attive e solide e qualitative nel mondo della musica elettronica come la F-Com, e da almeno un paio di album un musicista raffinato ed eclettico. L’entusiasmo e la sensibilità verso la musica di qualità, ecco le molle, i doni che possiede Laurent Garnier, merce rara in circolazione.
Ieri sera Laurent Garnier, dopo un inizio in salita, ha incendiato la scena clubbing milanese, notoriamente piuttosto esigente e schizzinosa, raccogliendo unanimi consensi in un locale pieno all’inverosimile, costringendo tutti a ballare in condizioni estreme i suoi dischi scelti con cura e mixati con la tecnica chirurgica che lo reso famoso nel mondo e che guida il pubblico in un sentiero sonoro da club senza pari. Ma Laurent Garnier è anche in tour per promuovere il suo ultimo lavoro The Cloud Making Machine, un lavoro controverso e complesso, a cavallo tra sonorità jazz elettroniche, atmosfere cinematiche, produzioni digitale stratificate e talvolta cupe e difficili. Un lavoro che ha spaccato in due pubblico e critica, come sempre accade a mio avviso per le grandi opere. Da una parte i puristi della musica elettronica sperimentale hanno storto il naso di fronte alla pseudo utopia di ricerca sonora di Laurent Garnier, dall’altra gli amanti della buona musica, senza preconcetti, hanno amato da subito the Cloud Making Machine, affascinati loro malgrado dalla complessità del lavoro, dall’originalità e dal coraggio. Tra questi mi pongo anche io e questo traspare dalla chiacchierata sui divani del Plastic, in quella quiete onirica che precede la tempesta che sarebbe arrivata da lì a poco.
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Mk: Quali sono le principali differenze tra il tuo ultimo album The Cloud Making Machine e il precedente Unreasonable Behaviour?
Laurent Garnier: Beh non ci sono grandi differenze tra questi due lavori, esso si differenziano abbastanza radicalmente dai miei primi due dischi, anche se ovviamente c’è un filo comune che li unisce dettato dal fatto che sono tutti una parte di me, della mia vita e delle mie esperienze. Il rimo album è uscito ormai dodici anni fa ed era molto club oriented perché io in quel periodo iniziavo la mia carriera di dj internazionale, il secondo è piuttosto buoi e instabile, specchio della mia vita in quel periodo, piena di insicurezze e di dubbi. Il terzo ha un mood migliore del precedente, è più aperto e solare, ricco di contaminazioni e con direzioni stilistiche molto diverse, dal soul, al jazz, all’elettronica alla musica downtempo. E questa stessa direzione multi sfaccettata è stata seguita anche in questo ultimo lavoro The Cloud Making Machine. Oggi o ho una famiglia, ho un bambino ma continuo ad ascoltare tantissima musica e subisco tantissime influenze diverse, sono più maturo e consapevole e cerco sempre di non ripetermi e di essere onesto con me stesso e con chi ascolta i miei dischi. I miei album riflettono me stesso, tutto qui
Mk: The Cloud Making Machine è sicuramente un album ricco di elettronica e d atmosfere jazz, strutturato in modo piuttosto complesso, ricco di livelli di suono sovrapposti e tracce audio ricche di sampling e di sfaccettature sonore differenti. Perché sei affascinato da questo approccio alla musica, da questo stile compositivo
Laurent Garnier: Sicuramente io spendo molto tempo nel comporre ed editare lamia musica. Molti dei brani che ho inserito in questo album prendono spunto da delle tracce audio che io avevo già preparato come musiche per dei cortometraggi. Alcune di questi brani hanno quindi richiesto poche ore di lavorazione, sono usciti molto d’istinto, altri invece hanno richiesto molte settimane di lavoro assiduo. Come ti ho detto ascolto molta musica, e tutto ciò che sento tendo a inserirlo in una singola traccia, che inevitabilmente risulterà complessa, anche difficile all’ascolto, quasi pretenziosa ma sicuramente sperimentale nel suo approccio stratificato
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Mk: In questo album hai lavorato con alcuni nomi importanti della musica jazz internazionale, come Bugge Wesseltoft e Dhafer Youssef. Come è stato lavorare con loro. Come riesci, sia in studio che dal vivo, a mixare il tuo approccio “elettronico” alla musica con il loro approccio accademico e classico?
Laurent Garnier: beh in realtà non è molto difficile, grazie a loro ovviamente, io non mi considero un musicista. In linea di massima loro vengono a casa mia, io ho già preparato lo scheletro della traccia, le chiavi sono pronte, il brano è strutturato nel suo complesso. Io dico loro “questo è il modo in cui la traccia è costruita, fatene ciò che volete, avete la massima libertà di espressione”. Alla fine mi trovo con oltre una decina di sessioni differenti e a quel punto incomincia la vera parte di editino, finita la quale, se il risultato finale piace anche ai musicisti, viene prodotto e pubblicato
Mk: E’ un trend orami molto attuale quello di mescolare elementi di elettronica con strumenti organici e avvalersi della collaborazione di musicisti classici
Laurent Garnier: Ceto, è questa è la chiave non solo della mia musica ma della musica moderna in generale. Io cerco di mescolare i genere e di ottenere qualcosa di nuovo possibilmente, questo è quello che in verità dovrebbe accadere sempre con la musica, specialmente con quella elettronica. Questo approccio alla musica è analogo a quello del jazz, anche di quello più free. Elettronica e jazz si muovono sugli stessi binari si sperimentazione, di commistione sonora per ottenere sempre qualcosa di nuovo. Ascolta Miles Davis, Herbie Hancock, c’è tutto lì dentro in termini di sperimentazione.
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Mk: Nonstante un lavoro da musicista come The cloud Making Machine, tu rimane fortemente legato alle tue radici dance e techno e il tuo ruolo di dj oggi non è assolutamente intaccato a livello internazionale. La scorsa primavera hai prodotto un disco con Carl Craig, Tres Oriented, quindi t chiedo quale è il feeling oggi di Laurent Garnier con la dance music, con la techno e club culture. Cosa è cambiato rispetto a quindici anni fa?
Laurent Garnier: La cosa principale che è cambiata è che la gente è più aperta mentalmente all’ascolto anche nei club di musica differente e meticcia. La dance music non è morta come molti credono, soprattutto se suonata da dj in grado di variare, rimescolare i generi, di tenere sempre alto il mood del club nel quale si trovano a suonare. Certo, chi arriva tradizionalmente dalla musica house o techno oggi si trova in difficoltà, perché se è fortemente legato a un solo genere rischia orai di risultare noioso. Quanti di loro sono scomparsi dalla circolazione Il momento al contrario oggi è molto eccitante, proprio perché le persone sono pronte ad ascoltare stile e generi molto differenti
Mk: Cosa ne pensi dell’aspetto visivo legato alla musica elettronica. Non solo n ambito sperimentale intendo ma anche nei contesti club così come nel design dei prodotti discografici
Laurent Garnier: Penso sinceramente che la chiave oggi sia la commistione diretta della musica con i visual, soprattutto in un contesto live o di club. Il nostro mondo è pieno e ricco di stimoli visivi differenti e anche il design è importante in un album di musica elettronica, non solo nella strutturazione e nell’architettura di un brano ma anche nel contesto in cui si suona così come nel packaging del prodotto finale. Nello stesso tempo bisogna stare attenti alla crescita esponenziale di questo trend, che porta all’attenzione molte persone che non sempre fanno un corretto uso della tecnologia che hanno a disposizione.
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Mk: L’aspetto visuale è molto valorizzato nel tuo ultimo lavoro. Cosa ti ha ispirato, cosa racconta l’immaginario di The cLoud making Machine?
Laurent Garnier: Io vivo a Parigi direttamente di fronte a una fabbrica che è proprio quella che è stata fotografata e ricreata nel design dell’album. Vivo quindi in un ambiente tendenzialmente ricco di inquinamento e quindi è rappresentativo dell’ambiente in cui vivo. The cloud making machine è quindi il suo esatto contrario, come raccontano gli anziani è la macchina che serve a ricaricare il cielo di nuove, contro l’inquinamento, per la sua e la nostra sopravvivenza. E’ un utopia, un modo per inviare in cielo i nostri desideri e i nostri sogni. Da questo lavoro è stato tratto un clip e anche per esso ho lavorato in un modo inconsueto ma che riflette il mood dell’intero lavoro. Non è stato creato un clip per una traccia specifica, anche perché non avrei saputo scegliere un breno piuttosto che un altro. Ciò che è stato fatto è stato mixare la musica dell’intero album in un’unica traccia di 5 minuti e su quella creare un unico filmato, un unico videoclip
Mk: Riguardo alla tua etichetta la F-Com. Come si pone oggi la tua label rispetto alle altre label sperimentali europee. Quali sono le strategie presenti e future?
Laurent Garnier: La F-Com sono convinto stia seguendo un processo analogo a quello di molte altre label europee nonostante le ovvie differenze stilistiche e produttive. In un mondo in cui moltissimi ragazzi tendono a consumare musica invece che ascoltarla realmente, siamo perfettamente consapevoli di cosa dobbiamo produrre per loro, cosa sono pronti ad ascoltare comprando un disco dalla F-Com piuttosto che da un’altra etichetta. Noi pensiamo che la sola via per una label indipendente sia quella di diventare ancora più estrema di quello che probabilmente già è, lavorare molto sui suoni, sull’aspetto visuale e fotografico, sempre a astretto contatto con i musicisti. L’obbiettivo è quello di creare dei piccoli oggetti d’arte, questo può fare veramente la differenza oggi tra un album e l’altro, oltre alla musica ovviamente.
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Mk: Cosa ne pensi in questo senso della tendenza di alcune label (penso alla Scape o alla Shitkatapult) di iniziare a produrre Dvd?
Laurent Garnier: Il Dvd è bellissimo ma penso che oggi per una label sia una vera perdita di soldi, essendo molto costoso non solo per chi lo produce ma anche per chi lo compra. So che la tendenza del momento sia quella di produrre Dvd e non dico che sia sbagliato, a me piacciono moltissimo ma bisogna tenere conto innanzitutto che molti video sono oggi scaricabili in rete via peer to peer. E domani sarà questo un fenomeno sempre più presente. Inoltre non sono così convinto dell’efficacia di riportare delle esibizioni live o i corrispondenti vsual su un supporto come il Dvd, rimane ancora piuttosto freddo, non riesce a ricreare l’atmosfera di un live o di una visione reale.
Mk: Laurent Garnier come si sente oggi, un musicista, un dj o un producer?
Laurent Garnier: Io sono fondamentalmente un attore, sono l’attore della musica elettronica di oggi. Alla fine ciò che mi piace di più , ciò che mi rende vivo e mi diverte mettere dischi, fare il dj. Non mi piace moltissimo stare in studio, ore e ore da solo, ho bisogno del contatto e del confronto con la gente. Certo gli album sono importanti, è importante per me produrre buona musica nonostante le critiche che arrivano sempre da tutte le parti. Quando morirò ciò che rimarrà di me saranno i miei dischi, è ciò che mi regala l’immortalità, e ci tengo quindi a produrre buona musica. Ma le emozioni che i regala un djset ben riuscito si ricordano a lungo. Nella mia carriera ho avuto la fortuna di vivere centinaia di momenti come questo, questa è la vera magia del mio lavoro.