Visto recentemente al Netmage 2005, con una splendida replica della performance bolognese di due anni fa, Bas Van Koolwijk si conferma come una delle mente più lucide del panorama audiovisivo internazionale. Forte di una coerenza estetica invidiabile e di una grande familiarità con il non sempre chiaro concetto di integrazione audio-video, l’olandese di Utrecht è in questo periodo in tour mondiale per presentare il suo ultimo lavoro audiovisivo RGB, in compagnia del giovane compagno musicista Chris Toonk che ormai sembra aver sostituito lo storico alter ego Radboud Mens. RGB non è uno di quei lavori che suscita immediatamente movimenti di gioia ed estasi incontrollata. Al contrario RGB è un lavoro minimale sulle linee caratteristiche della produzione artistica di Bas Van Koolwijk e di tutta quella scuola che si muove attorno alle figure di Richard Chartier, Kim Cascone, Teylor Deupree e altri. RGB come suggerisce il nome stesso è quindi un’opera incentrata sulla semplice rappresentazione sonora dei 3 canali percettivi di un segnale video, il rosso, il verde e il blu. Ciascuno di questi segnali, manipolato e connesso sinergicamente da Bas Van Koolwijk, viene trasformato in un suono caratteristico che costituisce la base di una traccia audio sulla quale interviene dal vivo Chris Toonk che dell’estetica minimale in ambito audio ha fatto una analoga religione.
La performance bolognese alla fine ha diviso un po’ pubblico e critica. Da un lato coloro che (come me) hanno apprezzato la sinestesia audiovisiva e l’elemento di liveness piuttosto palese giustificato da una modulazione continua del segnale luminoso con conseguente variazione delle frequenze audio, e coloro che non hanno perdonato al piccolo olandese una stasi e un minimalismo forse troppo accentuato in un progetto algidamente perfetto.
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Ho avuto l’occasione di scambiare qualche battuta con Bas Van Koolwijk, personaggio timido e cortese, minimale anche nel suo modo di avvicinare il contatto umano (in questo mi ha ricordato molto l’amico Richard Chartier), sicuramente chiaro e preciso nell’analisi non solo del suo lavoro (diviso tra progetti di live media e installazioni audiovisive) ma nell’analisi di quella che è la scena sperimentale dell’audio-video in Europa .
Mk: Bas, mi racconti qualcosa di più sul tuo progetto RGB?
Bas Van Koolvijk: Beh, RGB è fondamentalmente un’improvvisazione, nata come parte di uno show di Umatic. Partendo da quello spunto ho invitato alcuni artisti a improvvisare su quel materiale audio e alla fine ho trovato nella musica di Chirs Toonk il supporto audio ideale. Tecnicamente l’installazione si muove su segnali analogici del canale blu, verde e rosso di un segnale video, editati opportunamente attraverso algoritmi presenti nel mio computer. L’audio quindi è un colore e il colore a suo volta è un suono. E’ sicuramente un approccio e una realizzazione molto minimale, giocata sulla sinestesia dei segnali come risultato finale
Mk: perché sei interessato a questo tipo di comunicazione visiva e sonora, cosa ti ha affascinato in questa idea?
Bas Van Koolvijk: La mia idea era cercare un progetto che mi consentisse di buttare via tutto il possibile, tutto ciò che è di troppo, che disturba, per cercare di tenere solo lo stretto necessario e vedere la bellezza dell’estetica minimale. Lavorando con artisti del suono cerco di avere lo stesso tipo di approccio, per valorizzare quella che io considero l’estetica delle cose. Non mi piace e mi risulta difficile sovrapporre livelli su livelli, rendere il tutto necessariamente complesso; modellare la semplicità per me è molto affascinante.
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Mk: Come ti senti a lavorare in collaborazione con altri musicisti o artisti?
Bas Van Koolvijk: lavorare con altri artisti ha il vantaggio di portare a una somma aritmetica nel percorso di ricerca estetica e di sinergia tra impianto video e audio. Come in questo progetto, in cui la cosa più affascinante è stata proprio quella di riuscire a svelare il suono di particolari segnali video che sono stati concepiti per rimanere dentro una macchina, che nessuno aveva mai pensato di lasciare liberi di esprimersi e di connotare con un suono preciso. E’ stato un lavoro sicuramente affascinante
Mk: Quale è la tua tecnica di lavoro, sia in studio che dal vivo?
Bas Van Koolvijk: Uso un solo software, MAX MSP e con quello coordino sia il segnale video che quello audio, sia in studio che dal vivo. Lascio comunque molto spazio all’improvvisazione, modulando i segnali e osservando ciò che accade, Quando lavoro con un altro artista, non tutto il lavoro è strettamente coordinato, anche in questo caso per lasciare libertà di espressione, di improvvisazione e per veder crescere l’affinità di performance in performance
Mk: Quindi preferisci avere tutto sempre sotto controllo o lasciare spazio al caso nei tuoi live?
Bas Van Koolvijk: Mi è capitato di non avere sempre tutto sotto controllo. Io tengo sotto controllo i video e qualcuno l’audio, ma il risultato finale dipende molto dal posto in cui si svolge la performance. Nel senso che il suono che viene dallo spazio è differente e questo è molto importante per me; è molto differente se si suona in un posto all’aperto o al chiuso, le pareti rimbalzano il suono in differenti modulazioni e il tutto può essere molto meno sotto controllo i quanto si pensi. Una performance audiovisiva deve preferibilmente avvenire in uno spazio chiuso, in un teatro o un club, perché la musica e i visual richiedono attenzione e non la si può ottenere in uno spazio aperto troppo grande e con rumori esterni troppo forti. Non va bene per il performer e nemmeno per il pubblico presente.
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Mk: Intuisco che quindi ti piace di più fare n live in una situazione più intima piuttosto che in un grande festival internazionale.
Bas Van Koolvijk: Bhe, suonare a un rande appuntamento ha il suo fascino ovviamente ricordo ancora con piacere la mia esibizione di due anni fa qui al Netmage o quella al Mutek in Canada e sicuramente sarebbe molto bello esibirsi a un festival come Transmediale per esempio. Ma nello stesso tempo, per i motivi di prima, amo molto esibirmi in piccoli posti, magari più intimi e a contatto diretto con il pubblico in sala, molto attento e coinvolto
Mk: Cosa ne pensi della situazione artistica attuale in ambito audiovisivo?
Bas Van Koolvijk: Mi piace pensare che ci sia un costante mutamento, un costante sviluppo nella proposta artistica internazionale in ambito audiovisivo, una continua ricerca e un sempre maggior contatto con il pubblico, non solo di addetti ai lavori. Nello stesso tempo, nonostante il lavoro di curatori, club, label, giornalisti, questo non sta avvenendo completamente e anche a livello artistico la proposta non è sempre buona, ai festival continuano a vedersi le stesse facce e questo ovviamente non va bene. Forse bisogna tornare di nuovo a una visione dal basso, underground come lo era dieci anni fa, oppure accadrà qualcosa con l’arrivo di nuove tecnologie, oppure servono nuovi luoghi per le performance, o, più semplicemente l’attenzione di una fetta considerevolmente maggiore di pubblico.
Il progetto Umatic del quale Bas fa parte è un progetto di net-sound-sofwtare-video-art come lui stesos ama definirlo sul suo sito. In altri termini Umatic dà a chiunque la possibilità di essere invtiato presso gli studios di Bas e compagni (Christian Toonk, Derek Holzer, Ryan Parteka e Sara Kolster) per lavorare a contatto con loro e usufruire della loro competenza e dei loro strumenti e tools. La residenza ha quindi lo scopo primario di scambio di conoscenza, soprattutto grazie alla presentazione dei lavori e delle tecniche audiovisive utilizzate dalle persone invitate a Utrecht.
Sarà di nuovo in Italia al Festival Dissonanze il prossimo maggio; sarà questa un’altra occasione per vedere uno dei maestri dell’elettronica audiovisiva mondiale all’opera.