Manca la distanza critica che bisognerebbe avere di fronte a qualsiasi oggetto tecnico. ( Paul Virilio)

Un sistema è un’entità la cui coerenza è preservata attraverso l’interazione fra le sue parti. Talvolta tuttavia, anche quando questa interazione è messa in crisi, non è detto che ci sia totale annichilimento del sistema. Potrebbe darsi che esso cambi soltanto finalità: ad esempio una macchina da calcolo dal funzionamento deterministico potrebbe diventare un imprevedibile motore creativo. Testare i limiti di un sistema, minarne gli ingranaggi, violarne la struttura, vuol dire indagare più a fondo nella sua intimità. E comprendendo i meccanismi che ne stanno alla base, è possibile ribaltarli, con il possibile scopo di osservare la tecnologia con occhi diversi. Così, pur demistificando la macchina, se ne espandono le possibilità.

Due opere diverse, viste recentemente, introducono all’esperienza della violazione della macchina, attraverso l’autodistruzione del sistema. Mi riferisco a Perpetual Self Dis-Infecting Machine degli 0100101110101101.org e Shockbot Corejulio dei 5voltcore. In queste due installazioni ciò che accade non ha come causa un’azione umana, per quanto inconsapevole: il computer ha come unico attore e referente se stesso. Entrambe le installazioni si presentano come macchine fisicamente aperte, quasi a voler esibire ciò che la macchina è in se stessa, ciò che accade al suo interno. Può risultare sadicamente attraente l’idea di un computer che si autodistrugge, visto che mai vorremmo veder consumato un simile scempio sui nostri apparecchi personali. Sono installazioni che producono in chi le osserva un effetto quasi catartico. Entrambe le macchine, inoltre, mettono in scena un conflitto: uno è giocato tutto sul terreno del software, l’altro mette a confronto software e hardware.

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Il primo dei due pezzi è stato esposto al DEAF04, a Rotterdam, ed è un lavoro degli 0100101110101101.ORG. Perpetual Self Dis-Infecting Machine: un computer, il cui hardware è montato fra due lastre di vetro, mostra la lotta perenne fra un virus e un antivirus. Il virus in questione è Biennale.py, altra opera degli 0100101110101101.ORG creata in occasione della Biennale di Venezia 2001, mentre il sistema antivirus è il Norton. I file inoculati sono scaricati sul desktop, il quale ne viene ingombrato, finché la macchina non li rifiuta liberandosene, e il processo ricomincia. Il computer, cioè, si autoinfetta, localizza i file infetti e li disinfetta. E’ una macchina alla quale è impossibile dare comandi: essa può solo rimanere nel ciclo infinito e senza scampo della lotta fra software del virus e software dell’antivirus, che girano simultaneamente, in perpetuo. Osservando l’hardware chiuso nel vetro, nudo, si comprende quanto un virus sia qualcosa di virtuale da un punto di vista fisico, pur essendo in grado di provocare effetti eclatanti sui media e addirittura fobie di massa.

Il secondo lavoro è Shockbot Corejulio del gruppo austriaco 5voltcore, premiato a Transmediale ’05 a Berlino. Shockbot Corejulio è un computer assemblato dagli stessi artisti, i quali hanno anche creato il software che guida un braccio meccanico: quest’ultimo distrugge il computer stesso, causando un corto circuito sia a livello software che hardware.

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Attraverso il programma il computer manda il segnale di comando al braccio robot, il quale è fisicamente collegato al computer stesso; il braccio robot è munito di una spazzola metallica che percuote la scheda grafica e la scheda madre.
Il segnale dalla scheda grafica viene visualizzato su uno schermo. Da questa interazione viene prodotta una serie di immagini, nelle quali il normale segnale del monitor viene decostruito. Durante ogni cortocircuito, lo schermo cambia, i caratteri cambiano colore e le loro forme vengono distorte. Con il progressivo danneggiamento del computer arrivano segnali di comando imperfetti, e le immagini riprodotte sullo schermo diventano sempre più frammentate.

Il compito del robot è generare un output grafico attraverso l’azione di disturbo meccanico della scheda grafica e della scheda madre. Errori e casualità portano in questo caso alla creatività, mentre la sola cosa che fa il computer è distruggere gradualmente se stesso. Il software che uccide l’hardware. Il tempo impiegato dal computer prima di rompersi varia da cinque secondi a qualche ora; dipende dall’hardware usato e da quali punte si scelgono per la tortura. il robot e il computer sono interdipendenti. Perciò, se il computer viene distrutto, il robot non riceverà segnale e perderà la sua capacità di muoversi. Assieme vanno verso la loro comune caduta.


www.0100101110101101.org/

www.5voltcore.com/