Dal 4 Febbraio al 15 Maggio la Fundación La Caixa di Madrid in Spagna ospita gli ultimi lavori del videoartista – performer americano Bill Viola, lavori che ha voluto raggruppare sotto un’unica denominazione: Le Passioni. Vedremo quindi opere elettroniche video-musicali come L’incrocio del 1996, Sei teste del 2000, Montagna silenziosa del 2001, Emersione e Quintet del 2002, esplorando l’alimentazione e la complessità delle emozioni umane stordendo visivamente e afferrando psicologicamente la nostra anima. Parlare di questa mostra è come entrare in contatto psicologico e fisico con il nostro conscio e il nostro inconscio, è come essere al centro del mondo videoartistico, è un’emozione per me come estimatore dell’artista da quando per la mia tesi ho scoperto che la videoarte è pittura, scultura, suono, performance, trasfigurazione ed empatia plurisensoriale ma soprattutto una grande conquista per esprimere a 360 gradi tutto quello che l’essere umano è in grado di concepire.

Facciamo un passo indietro nella storia. Ritornando all’evoluzione della videoarte, negli anni settanta Viola ha mosso i suoi primi passi accanto a personaggi ancora oggi sulla scena internazionale come Paik, Fabrizio Plessi, Joseph Beuys, Gilbert & George, Bruce Nauman, Vito Acconci, Dennis Oppenheim, Peter Campus, Richard Serra, Marina Abramovic, John Baldessari, Richard Foreman, William Wegman. E’ l’inizio della rivoluzione tecnologica; vengono creati i primi microprocessori della Intel (1971), la Sony mette sul mercato le prime videocamere portatili (1972), la prima telecamera a colori portatile (1974), nasce la Microsoft (1975). La diffusione di strumentazione adatta alla libera realizzazione dei video favorisce questa arte, dalla facilità e alla economicità dei mezzi tecnicamente disponibili, e dall’altra parte dai centri che nasceranno in diverse parti del mondo. Fra questi centri va ricordato l’ italiano Art/Tapes/22 di Firenze, diretto da Maria Gloria Bicocchi, dove lavorò dal ’74 al ’76 proprio Bill Viola. Gli Stati Uniti furono come sempre all’avanguardia, grazie alla struttura delle fondazioni e all’apertura mentale delle direzioni dei grandi musei come il MOMA (Museum Of Modern Art) di New York e di Gallerie.

Negli anni ottanta e novanta la platea di artisti che faranno ricorso alla videoarte si amplia, entrano in gioco i nuovi arrivi come Pipilotti Rist, Studio Azzurro, Gary Hill, Mary-Jo La Fontaine, Piero Gilardi, Doug Aitken, Shirin Neshat, Cecilia Condit, Douglas Gordon, Matthew Barney, Sam Taylor-Wood, Woody Vasulka, Laurie Anderson, Mona Hatoum, Grazia Toderi, Vanessa Beecroft, Gillian Wearing, William Kentridge, Louise Forshaw, Jaki Irvine, Nan Hoover, Bruna Esposito, Tracey Emin, Elaine Foster, Georgina Starr, Jun Nguyen-Hatsushiba, Eva Marisaldi, artisti legati alla musica come Chris Cunningham e Spike Jonze, e artisti totali come Peter Greenaway e Derek Jarman che hanno coniugato più di altri cinema, letteratura, teatro, danza e musica. L’elenco potrebbe ancora proseguire ma penso che il vostro interesse abbia un limite, ma non credo…Eccoci a lui.


Bill Viola per più di 30 anni ha generato i videotape, le video installazioni architettoniche, gli ambienti sani, prestazioni elettroniche di musica e gli impianti per la televisione che hanno trasmesso anche le radio. Le video installazioni di Viola sono ambienti totali che avvolgono la visione nell’immagine e suonano impiegando le tecnologie avanzate e si distinguono per la loro semplicità e precisione. Nato a New York nel 1951 Viola si è sempre interessato della musica, dall’infanzia al liceo dove suonava in un complesso rock fino a scoprire quella elettronica ed arrivando ad usare il video come strumento espressivo. Laureato in Arti Visive all’Università di Syracuse comincia a realizzare le prime installazioni e i primi videotape mai scostandosi dalla musica come legame elettronico con il video: quello che gli interessa non è l’immagine ma il segnale, è l’idea che qualcosa sia già in “funzione” prima di cominciare, come l’universo o la video camera. Nei suoi lavori si evidenziano continue meditazioni sull’essere umano, sulla nascita e sulla morte, sul filo del rasoio tra il vivere e l’incominciare ad escludersi, tra il sogno e la veglia, tra emozioni contemporanee prese in prestito dalla storia dell’arte.

Molto religioso si immerge nel pensiero dei mistici, dello Zen e del Buddismo creando opere empaticamente destabilizzanti e con chiari riferimenti alla religione cristiana dove il fruitore deve entrare in contatto con questo ambiente sublime e spiritualmente interattivo. La materializzazione della memoria, la dilatazione del tempo, l’attitudine a trattare il suono come materia plastica e le immagini come onde sonore. Viola comunque fa vivere anche il silenzio, la spettacolarizzazione delle sue opere mescolata con l’emotività umana, la percezione passionale dell’individuo umano mescolata con la religiosità elettronica; fa rivivere i mostri generati dal nostro inconscio mescolati con i segni di quella realtà frammentaria che vengono rimossi dalla nostra attenzione. Tutto questo è dentro la sua arte. In The Passing nel 1991 c’è una concentrazione sulla meditazione estrema della nascita e della morte; l’atmosfera è notturna e onirica, improvvise ombre e spiragli di luce; un discorso visivo tra acquatico e terrestre, tra movimento e fissità. 


A volte le sue immagini possono anche scorrere fuori dai monitor; in
Passage del 1987 proietta le immagini della festa di compleanno di un bambino su di una parete alla quale si accede attraverso un corridoio stretto e lungo sei metri. Il video dura sei ore e mezza con immagini giocate con grandi primi piani, il tutto per evidenziare lo scorrere del tempo e dell’età in analogia con l’avanzamento dello spettatore nel tunnel. Il Trittico di Nantes del 1992 è forse l’opera più rappresentativa e sconvolgente di Viola. Tre grandi schermi sui quali scorrono in rallentamento le scene di un parto da un lato, una donna anziana sul punto di morte dall’altra ed al centro una figura di un uomo che fluttua nell’acqua. La metafora è quella del passaggio dalla vita alla morte, una sospensione drammatica e oggettiva fra il di qua e l’aldilà.

Siamo alla mostra. Durante un soggiorno di studio al Getty Research Institute, Viola aveva lavorato sul tema dell’espressione delle passioni, che era stato codificato nel XVII secolo da Charles Le Brun e ripreso poi nel XIX secolo, su base scientifico-sperimentale, da Duchenne de Boulogne e da Darwin. Qui oltre che usando le risorse da studioso del Getty, si è trovato attirato dalle gallerie del museo ed ha passato molte ore da solo controllando specialmente le relative pitture devozionali dell’arte rinascimentale e medioevale. Il risultato è la sua serie corrente, Le passioni, l’argomento di questa mostra e una trasformazione nel suo essere. È una serie che ha cominciato negli anni passati e continua a fare, finora ci sono 20 parti (varie di cui già sono state acquistate dai musei importanti) di cui il tema è l’espressione delle emozioni archetipe. Le immagini sullo schermo di questi lavori sembrano immobili, ma, dopo qualche secondo, esse cominciano quasi impercettibilmente ad animarsi. Lo spettatore si rende allora conto che, in realtà, esse sono sempre state in movimento e che soltanto l’estremo rallentamento della proiezione, dilatando il momento temporale, le fa sembrare immobili: è come se, entrando nelle sale di un museo dove erano esposte le tele di antichi maestri, queste comiciassero per miracolo a muoversi. Nel fare gli impianti delle Passioni, Viola ha insistito su molti fili di influenza, la quale è stata occasionalmente diretta, prendendo come relativo punto di partenza la pittura.

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Lo spettatore vedendo questa mostra si rende conto con sorpresa che a catturare la sua attenzione non è soltanto l’animazione di immagini che era abituato a considerare immobili. Si tratta, piuttosto, di una trasformazione che concerne la loro stessa natura. Quando, alla fine, il tema iconografico è stato ricomposto e le immagini sembrano arrestarsi, esse si sono in realtà caricate di tempo fin quasi a scoppiare e proprio questa saturazione imprime loro una sorta di tremito, che costituisce la loro essenza particolare. Ogni istante, ogni immagine anticipa virtualmente il suo svolgimento futuro e ricorda i suoi gesti precedenti. Se si dovesse definire in una formula la prestazione specifica dei video di Viola, si potrebbe dire che essi non inseriscono le immagini nel tempo, ma il tempo nelle immagini e a noi non resta che comprenderle.

Emergenza
del 2002 è ispirato alla Pietà di Masolino, ibrida la deposizione e la resurrezione di Cristo. Nei primi minuti il rallenti evidenzia la disperazione delle piangenti che però si cercano con lo sguardo manifestando timidamente speranza e creando attesa; poi Cristo emerge da una tomba che sembra anche un battistero, la quale straborda di acqua, elemento al cui uso sia letterale che simbolico Viola non rinuncia. Un Cristo bianco di morte ma anche di alterità spirituale, nonchè di sensualità; la deposizione da parte delle due donne indica una timida sessualità, grazie ai contatti, sfioramenti, carezze. Viola conferma la forte connotazione pittorica della sua tavolozza elettronica. Una sorta di messa in scena dentro una scenografia registica ben ordinata e particolareggiata, dove il quadro diventa plurisensoriale.

Il saluto del 1995 è basato su una pittura dell’artista Jacopo Pontormo La Visitazione del sedicesimo secolo, con relativo uso degli attori e del movimento lento ad aprirsi verso l’esterno. L’incontro è quello di tre donne, ripreso ad alta velocità e proiettato con estremo rallentamento che anima l’istante immobile del quadro, espande il tempo dell’immagine rivelando così il prima e il dopo catturando lo sguardo in una nuova percezione piena di sfumature. L’incrocio del 1996 è un’installazione su grande scala del suono e del video che usa i simboli elementari di acqua e di fuoco come forze di trasformazione, con paralleli all’abbandono e alla trasformazione del Noi che sperimenta le emozioni più profonde.

Il Quintet del 2002, che era il primo lavoro delle passioni, è stato commissionato dalla galleria nazionale di Londra ed è stato ispirato dalla relativa pittura di Bosch, “Cristo con le spine”. È la prima parte nell’esposizione. Per questo lavoro, come negli altri in serie, Viola ha usato gli attori, una nuova esperienza per lui. Quintet è esibito in una stanza scurita ed è visualizzato sull’ultimo sviluppo nel video playback: uno schermo flat-panel digitale, che produce un’immagine straordinariamente luminosa e tagliente ed è utilizzato molto efficacemente in questo caso per simulare il colore esagerato e l’illuminazione drammatica di umore della pittura di Bosch. Questa opera evoca la composizione della pittura senza riprodurla o appropriarla a esso. Gli attori e la fine dell’essere umano vista insieme, sembrano subire le onde delle emozioni intense ed opprimenti. Un uomo piangente è al centro dell’immagine. Le espressioni di soddisfazione, di disappunto e di speranza transitori sono sulle facce dei caratteri circostanti. Non c’è pubblicazione o storia, appena un video non tagliato proiettato per 15 minuti.

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“Lo stato umano sta soffrendo” Viola ha detto chiaramente, e questa esposizione mette in luce le sensibilità estreme, nel movimento lento esagerato, senza l’uso del suono, come esperienza interna specifica. L’ uso della macchina fotografica slow-motion ad alta definizione, che è stata destinata per generare gli effetti speciali negli annunci pubblicitari, fornisce un senso del romanzo per rappresentare la faccia umana nella transizione, con ogni sfumatura del gesto facciale che è reso visibile in dettaglio. Questa disposizione è ad alta definizione, con i colori che digitalmente sono stati intensificati: il tempo è sospeso mentre le immagini si evolvono prima di loro.

Cinque angeli per il millennio del 2001 riempie una grande galleria di video proiezioni di un uomo che si immerge nell’acqua e che galleggia. ccompagnato da un paesaggio misterioso ed espansivo con il suono, i cinque angeli sono spettacolarmente visivi.